“Qualcuno in questa stanza ha pestato una merda”

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Una volta al liceo tornavamo dalla gita, e a un certo punto dentro il pullman s’è iniziata a sentir puzza di merda di cane. Era una situazione di merda, perchè eravamo già in autostrada per il rientro e fermarsi non era cosa naturale, e in effetti non si capiva manco da dove venisse. L’ipotesi, in ogni caso, era che qualcuno avesse pestato una merda fresca e fosse salito senza accorgersene. Insomma, tutti si sono guardati sotto le scarpe e hanno detto “ io non sono”. Una sola persona aveva detto una bugia, o non aveva guardato attentamente: sta di fatto che c’era voluta mezz’ora abbondante per trovare da dove venisse la puzza e costringere il coglionazzo/bugiardo a pulire le scarpe in qualche maniera e metterle in un posto che non puzzasse.

Questi giorni l’avete letto un milione di volte: “quando Carlo Conti fu nominato direttore artistico di Radio Rai, sapevamo tutti che sarebbe arrivato questo momento”. Carlo Pastore parla dell’imminente chiusura di Babylon il 24 luglio, che finisce la stagione qualche giorno dopo. È del 31 il messaggio di ringraziamento su Facebook. Un paio di giorni dopo Dagospia butta fuori un flash secondo cui Carlo Conti ha “silurato” Lillo e Greg, un’istituzione del palinsesto da più di dieci anni, e sta spostando Caterpillar a un orario meno trafficato. L’indiscrezione è confermata da Lillo stesso, che La chiusura di MU, dopo qualche indiscrezione, viene confermata da Matteo Bordone, che è anche il primo a parlare -senza mezzi termini- di incompatibilità tra la sua trasmissione e la rivoluzione promessa da Conti.

Passo indietro: la nomina di Carlo Conti a “direttore artistico” di Radio Rai (una carica creata sostanzialmente ad personam) è annunciata il 9 giugno. L’idea di tutti è che la radio pubblica è destinata a subire la stessa metamorfosi che era toccata al Sanremo di Fabio Fazio una volta subentrato Conti. Le intenzioni di Conti vengono esplicitate da lui stesso in un’intervista ad Avvenire che esce venti giorni dopo: “La vera sfida è ricollocarla un po’ un po’, riconquistare la generazione dei quaranta-cinquantenni abituati ad ascoltare la radio privata e che si sono allontanati dalla Rai. Negli anni le private si sono rafforzate, sono diventate sempre più professionali, i grandi network lavorano benissimo e hanno una fortissima identità”. Meno chiacchiere, più musica, più disimpegno, una politica diversa per le selezioni. I modelli non dichiarati sono le RTL 102,5 del caso, una sorta di spauracchio della FM di qualità. Da questa parte tira un articolo (insolitamente leggibile) scritto da Michele Monina e pubblicato il 14 giugno su Linkiesta, in cui il giornalista legge la nomina del presentatore toscano come l’ennesimo passo verso la creazione di un’oligarchia de facto del pop italiano, manovrata da boss machiavellici come Maria de Filippi, Salzano di Friends&Partners o Lorenzo Suraci di Rtl 102.5 (grandi amici o partner in crime di Conti da tempi lontani). Da una parte sembra un’interpretazione un pelo forzata: è vero che questa gente bosseggia un sacco in giro, fa comunella e tende ad espandersi in maniera aggressiva e saturare i canali major con gli artisti che hanno sotto contratto, ma dall’altra parte, nonostante i numerosi avvistamenti, nessuno crede davvero all’esistenza di Bianca Atzei.

Il giorno successivo, dopo la conferma di Lillo, si scatena un pandemonio sui social e Radio2 smentisce la chiusura di 610 la sera stessa, parlando di “una nuova versione del programma”. La petizione su Change per tenere aperto Babylon, lanciata il giorno prima, sta sui 1500 firmatari, e sono usciti articoli tipo questo che denunciano provincialismo e arretramento culturale dietro la chiusura del programma di Pastore.

(è tutto un po’ paradossale se si pensa che la prima comparsa di Carlo Pastore (a quei tempi ex-vj di MTV e fresca guest-star di X-Factor, in altre parole un volto televisivo giovane e hip) nel palinsesto di Radio2, mentre venivano cancellati programmi come Dispenser, venne accolta da molti commentatori con la stessa sfiducia e lo stesso malumore, e generò una piccola ondata di scandalo e insulti, a cui all’epoca credo di aver partecipato anch’io -insulti che, va detto, Pastore è riuscito a infilare elegantemente su per il culo dei detrattori, realizzando un programma di ottima qualità che s’è permesso di ospitare gente figa, incrociare bene lo spirito del tempo e non fare addormentare la gente)

La chiusura di Mu sembra essere la goccia. Esempio perfetto una nota pubblicata da Christian Raimo su Facebook il 3 agosto: “Il motivo è semplice: erano due trasmissioni molte ben fatte (…) portavano in radio quello che non ti aspetti. Erano, nel senso migliore, servizio pubblico.

Conti, l’ha detto e sostenuto, vuole che la radio assomigli di più a quella specie di sottofondo bimbiominkiesco che sono Rtl e Rds, hit del momento e cazzeggio continuamente interrotto, il grado zero della stimolazione neurale.“ Al di là del tono sprezzante, è un’idea condivisa da molti commentatori, soprattutto a caldo: c’è un’altra Italia, popolata di bimbominkia che ascoltano RTL, che Radio2 era riuscita a tenere miracolosamente lontana dall’airplay -e magari aveva anche portato qualcuno ad un ascolto consapevole. La nomina di Conti ha messo in chiaro che da qui in poi il bacino dei bimbominkia non può più essere ignorato, e anzi deve essere blandito, financo incluso nel processo produttivo. Un articolo di Andrea Coccia (stesso giorno) su Linkiesta sposa la stessa tesi disfattista, in relazione alla chiusura di 610 (che in realtà a giudicare dalle ultime notizie sembra più un reboot in qualche altra fascia, lo stesso che a quanto pare sta accadendo a Caterpillar). L’articolo di Coccia cita un editoriale di Grasso, che può essere considerato la fonte letteraria di maggior rilievo a supporto della tesi secondo cui Carlo Conti è il più fastidioso e incapace presentatore della TV odierna.

Il 3 agosto, insomma, è un tiro al piccione. Sono idee che hanno sempre pascolato per i cervelli della classe intellettuale italiana, in modo abbastanza bipartisan -un po’ Lenin, un po’ Bertrand Russell, un po’ Boris stagione 3. Soprattutto l’ultima è suggestire nel descrivere lo scenario: un network in cui lo spettro de la qualità ha imperversato per anni d’improvviso viene isolato e messo in mano a colui che più di tutti, in questo paese, negli anni recenti ha incarnato LA LOCURA. E poi c’è tutto il discorso sull’isolare le persone capaci per premiare l’incapacità. Il mindset della classe intellettuale contemporanea è particolarmente incline ad accogliere idee del genere: sono le stesse alla base delle tesi che nel 2016 si permettono senza problemi di questionare il suffragio universale: la percezione di una catastrofe politico/sociale imminente ed invisibile alla gente, che richiede necessaria la repentina estromissione del popolino dalla produzione intellettuale e l’affidamento delle sorti del paese ad un’elite di educatori. Ricorda tutto un po’ il monologo di Fabio Fazio all’inizio di Sanremo 2014, che parlava in qualche modo de “la bellezza” come atto politico e forma di eroismo -mentre un paio di operai minacciavano di buttarsi dal tetto dell’Ariston e Ligabue massacrava Creuza De Ma’ (non a caso Fazio a Sanremo venne sostituito da Carlo Conti). Quando il ragionamento è arrivato a questi termini, in ogni caso, tocca iniziare a pensare di aver pisciato fuori dal vaso.

Il giorno 3 inizio a scrivere un articolo che parla più o meno di questa cosa, e di altre che non ho letto in giro. Lo consegno alla redazione di un sito con cui collaboro la sera del 4, dopo essermi accordato sulle direttive. La pubblicazione è fissata per il 5 dopo pranzo.

Passo la mattina a lavorare ed è solo a tarda ora di pranzo che leggo la nota pubblicata su Facebook da Carlo Conti. Nella quale il direttore artistico di Radio 2 si scarica di dosso la responsabilità sui cambi di palinsesto (il compito del direttore artistico di RadioRai non è comandare o imporre o eliminare ma suggerire e coordinare lavorando con i singoli direttori di rete, i soli che hanno la responsabilità editoriale“), si lamenta della scarsa accuratezza delle notizie pubblicate (“basta una telefonata ai diretti interessati per sapere come stanno veramente le cose”) e smentisce categoricamente la cancellazione dei programmi. “Per la cronaca sia Mu che babylon sono regolarmente in palinsesto su radio2“, dice esplicitamente.

Continuo a guardare il post sul telefonino con una faccia da scemo. Sulle prime penso a una gag, ma la pagina è verificata. Scrivo al tizio del sito e gli dico di bloccare l’articolo. Chiedo a qualche amico che ne sa più di me, ma nessuno mi sa dire che cosa stia succedendo. Dopo qualche minuto è chiaro che chiunque a parte i direttissimi interessati (che non conosco personalmente) brancola nel buio più totale. Il mio articolo in ogni caso è morto e sepolto, e per diverse ore non riesco a far altro che aggirarmi bestemmiando all’interno del mio palazzo mentale in cerca da qualcuno da uccidere a colpi di roncola per questa cosa.

Ancora adesso non si sa niente di preciso. Lillo, Pastore e Bordone hanno confermato le epurazioni senza mezzi termini, così come Conti le ha negate. Ora sia Pastore che Bordone hanno confermato il contrordine e la messa in onda dei programmi -implicito lo smarrimento tra le righe di entrambi, sembra nessuno abbia capito bene cosa sia successo. Le ipotesi plausibili sono tante, ma nessuna convince fino in fondo. La prima è che ci sia stato effettivamente un malinteso, tra i direttori di rete e lo staff dei programmi, ma in realtà nel caso sarebbero come minimo tre malintesi uguali (cioè sia lo staff di 610 che quello di Babylon e Mu hanno capito, erroneamente, di essere stati purgati). La seconda è che Carlo Conti, o chi per lui, si sia spaventato a sentire la giungla di insulti e articoli a commento delle chiusure e sia tornato sui suoi passi; ma nel caso avrebbe potuto semplicemente farlo senza dare dei bugiardi ai conduttori dei programmi e costringerli, magari, a sbugiardarlo. La terza ipotesi è che ci sia stata qualche manfrina da parte della rete, e i conduttori dei programmi abbiano denunciato delle chiusure per generare indignazione pubblica e usarla come leverage, ma almeno per Bordone mi sembra altamente improbabile. Dovendo scegliere, direi che si tratta di una cosa a metà tra la 1 e la 2: può esserci stata un’intenzione di chiudere i programmi, può esserci stato un malinteso, il modo in cui tutto è stato ricicciato fa un po’ schifo e qualcuno è destinato a far la figura del coglione.

Come dicevo all’inizio: sei chiuso in un pullman, si sente puzza di merda, è colpa di uno dei presenti. Invece di farsi avanti, continua una polemichetta. Fa molto piacere che Mu e Babylon rimangano aperti, ovviamente: sono bellissimi programmi. Ma in una prospettiva temporale di lungo periodo è probabile che ricorderemo tutta la faccenda come la più ridicola polemica mai messa in piedi in seno a Radio Rai: da qui in poi nessuno guadagna niente a rincarare la dose. E ovviamente, alla fine di tutto, sembra proprio che i più grandi coglioni in tutta questa faccenda siamo noi. Che abbiamo letto/scritto/sottoscritto, che ci siamo indignati e che abbiamo augurato ogni male possibile al primo direttore artistico della storia senza alcun potere decisionale.
(Ovvio, la merda l’avevo pestata io.)

Morrissey suona a Cesena tra venti giorni (o no)

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AAA UPDATE: dopo che il pezzo è andato in stampa, nel senso di “pubblica”, la data di Morrissey è tornata online su Ticketone. Biglietti disponibili tra qualche giorno, se non se lo rimangia. Lascio comunque il pezzo online, una specie di monito a me stesso di aspettare 5 giorni prima di parlare di qualsiasi cosa. 

Ieri, per circa venti minuti, s’è scoperto che Morrissey avrebbe suonato a Cesena fra tre settimane. Ticketone aveva pubblicato la notizia e stava per iniziare la prevendita (teatro Carisport, 8 ottobre). Qualche mio amico FB l’ha condivisa e c’era già un botto di elettricità nell’aria. Un sito aveva anche ripreso la notizia da Ticketone, poi s’è persa ogni traccia della cosa e ora un botto di gente si sta chiedendo 1 cosa cazzo è successo e 2 se a dispetto dei tira e molla Morrissey suonerà effettivamente a Cesena. E pare di sì.

Morrissey era il cantante degli Smiths. Erano anche un buon gruppo, e c’è un botto di gente –anche amici miei, anche amici miei che ne sanno di musica molto più di me- che pensa siano mai stati il miglior gruppo pop di sempre. Qualcuno si spinge a dire che alcuni dischi di Morrissey rivaleggiano in qualità con quelli degli Smiths. Per me no, ma se lo dicono loro io mi fido ciecamente. Qualcun altro ricorda con un certo dispiacere una doppia data di Morrissey al Velvet di Rimini, nel luglio del 2009, annullata tipo il giorno stesso (e mai più recuperata). Boh, magari è davvero il miglior cantante della storia e vale la pena di sopportare queste stronzate (che succedono su base tipo semestrale) e i prezzi dei biglietti.

Rimane confermatissima anche la data al Teatro Augusteo di Napoli il 7 ottobre. Se avete già in mano il biglietto, tuttavia, cercherei di contattare lo staff di Morrissey ed accertarvi del fatto che sappia che il Teatro Augusteo di Napoli sta a Napoli e non da qualche parte in Romania come sta scritto nella pagina ufficiale dell’artista.

(voglio dire, Romania, Romagna, TUTTE COINCIDENZE? Secondo me stanno cercando di fissare una data a Cesena perchè Google Maps gliela dà vicina a Timisoara)

(questa cosa di Napoli in Romania magari non fatela sapere a Matteo Salvini)

LAMPI PER MACACHI (un’anteprima)

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Molti pezzi di Paolo Conte isolano e amplificano a livelli spesso insostenibili il peso brutale, mostruoso, osceno, dell’esistenza quando di colpo perde di senso; all’improvviso una ruota nell’ingranaggio si inceppa, gli argini si rompono, la certezza che qualcosa è cambiato monta lentamente, poi tutto in una volta, nella canicola o nel buio gelido di stanze vuote, vicoli deserti, strade laterali di periferie senza nome; non-luoghi universali senza tempo né scopo, a ognuno il suo. Lampi Per Macachi restituisce inalterato il profondissimo senso di spaesamento che investe con ferocia assassina ogni fibra dell’essere quando si trova a contestare il senso stesso dell’esistenza, riprendere in mano i fili diventa un’impresa titanica, il più delle volte infruttuosa; l’istante preciso in cui le catene dell’autocontrollo si sgretolano, spesso innescato da un dettaglio irrilevante: un’aranciata in estate, un paracarro, un gelato, una conversazione casuale con una sconosciuta. Da quel momento in poi tutto si sfalda: ogni parola, ogni gesto, ogni contesto si svuota di significato, ogni situazione diventa la replica di una replica di cose già successe, senza la spinta, senza lo scatto di volontà all’origine. Pura meccanica. Il processo è irreversibile: di colpo e per sempre il quadro generale collassa, il panorama annichilisce, annienta nel nuovo ordine che sta nell’occhio di chi guarda con occhi nuovi. È tutto un complesso di cose che fa sì che io mi fermi qui. Questione di prospettive. Le strade diventano labirinti in cui perdersi non è più un’opzione, ogni possibile percorso è già noto, qualunque sia la traiettoria arriva sempre il punto in cui la strada si interrompe davanti a un muro. E allora ci si trascina per inerzia, perché è così che va, se no che si fa. Il tempo una costante impossibile da quantificare, i rapporti umani una farsa da teatro dell’assurdo; chi trova l’equilibrio per crederci ancora un marziano, uno sprovveduto o un eroe. C’è chi riesce a continuare a raccontarsela, c’è anche chi non arriva mai a vedere, per questo nemmeno si pone il problema.

I cover album sono un esercizio pericoloso; le intenzioni spesso indecifrabili, l’esito imprevedibile. Alcuni sono passabili, altri carini, altri drammaticamente fuori fuoco, altri ancora semplicemente imbarazzanti. Qualcuno ha senso: succede che in qualche modo riesca a catturare l’essenza degli originali trasfigurandoli in tutt’altra bestia, qualcosa di nuovo e violentemente familiare al tempo stesso. Quando succede, a volte il risultato è migliore del prototipo. Qui succede.

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I dischi dell’anno escono sempre troppo tardi per le classifiche e troppo presto per quelle dell’anno successivo. Lampi per macachi è un disco di cover di Paolo Conte, realizzato da Giovanni Succi assieme a Glauco Salvo e Mattia Boscolo, registrato da Mattia Coletti. Uscirà in vinile per Wallace il 12 dicembre. Vi offriamo un’anteprima, uhm, esclusiva: Uomo Camion. Il resto del disco è tutto così bello ma diverso. (FF)

cose che escono raramente: IL NUOVO ALBUM DEGLI SHELLAC

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Girava una storia, suppongo falsa, secondo la quale Patti Smith a un certo punto era sull’orlo del suicidio e ha rinunciato per non perdersi il prossimo disco degli Stones. Suppongo che negli anni settanta questa cosa avesse un senso, non lo so. Io sono nato e cresciuto nell’epoca del sovraccarico di informazioni, qualcuno ci ha scritto dei trattati, qualcuno proietta delle news a caso sul maxischermo suonando nei palazzetti, qualcun altro se ne sbatte bellamente il cazzo e di solito vince le conversazioni, perché il mondo è in mano ai disillusi, alle merde, ai professionisti dei selfi su instagram e agli autori di serie TV inglesi autoconclusive. Per quelli che hanno trovato nella musica una ragione di vita, un altro branco di poveracci, la crisi artistica degli Stones è stata superata agevolmente da un calendario sempre più fitto e scriteriato in cui gruppi che nel quadro generale hanno poca o nessuna importanza suscitano sentimenti violentissimi ed una fotta scriteriata. Esce il nuovo disco dei Supersuckers: EHI! cristo! I fottuti SUPERSUCKERS!! Qual è la STREET DATE? È già uscito il LEAK? Abbiamo un ADVANCE? Così, insomma, per 24 minuti la notizia dell’ultimo disco dei Supersuckers diventa il motivo per cui andiamo avanti. Poi magari dobbiamo lavorare e nel pomeriggio è già uscito fuori un nuovo singolo di tendenza, e cose così. Tutto sommato è lo stesso processo alla base della tossicodipendenza: il tossicodipendente tende a dare botte di coca con una frequenza sempre maggiore e ad ogni nuova botta il picco è sempre più basso, fino a che diventa una routine e poi insomma, bla bla bla. Due giorni fa ero in uno stato di euforia terminale per l’arrivo di un nuovo singolo di ANNA, che sarebbe Anna Tatangelo ma ora si fa chiamare solo ANNA in parte perché il cognome sa un po’ di sfiga (non sto giudicando nessuno, sia chiaro, io di cognome faccio Farabegoli) e in parte forse per essere presa per una che esce da un talent. Dicevo, il nuovo singolo di ANNA è scritto da Kekko dei Modà ed è un tipico pezzo Modà, quindi diciamo Canzona pop italiana ultra-tirata meets casse frigide, in attesa di una svolta Airys già promessa un po’ ai tempi di Occhio per Occhio. (la fregatura rispetto a Syria/Airys è che ANNA è un palindromo) (e la svolta Airys non è ancora rientrata del tutto, pensavamo fosse un calesse e invece Syria ha casse anche nel suo ultimo singolo) (bruttino, diocristo Syria, pompa in quelle cazzo di casse). Due o tre virtuosismi vocali e via andare. A volte l’attesa febbrile per il nuovo singolo di un artista può durare anche meno di così, tipo da quando Pop Topoi annuncia l’esistenza di un singolo a un minuto e mezzo dopo che Pop Topoi ha postato il video del singolo stesso.

Nell’ordine generale delle cose, dicevo, non è così importante l’uscita di un disco. Gli Shellac (of North America), gruppo composto da Steve Albini, Todd Trainer e Bob Weston, lavorano da anni ad un successore di Excellent Italian Greyhound: sappiamo diverse cose del disco da tempo. La prima è che si chiamerà Dude Incredible, la seconda è che contiene nove pezzi, la terza è che è stato registrato nei ritagli di tempo. tutto come al solito.

Quando uscì Excellent Italian Greyhound fu un piccolo evento, oppure no. Si sapeva che sarebbe uscito, che era un disco degli Shellac, tutto come al solito. Conteneva musica buona, più o meno come tutta la musica contenuta nei dischi degli Shellac, che non avrebbe cambiato il mondo e non avrebbe –in fondo- nemmeno rivendicato chissà quale fierezza ideologica. Gli Shellac esistono in un universo cognitivo parallelo nel quale è tutto tranquillo e rilassato. I dischi escono quando sono pronti. Il gruppo non va in tour per promuoverli, né fa uscire dischi per trovare la scusa di andare in tour. I concerti sono fatti più o meno sempre delle stesse gag e delle stesse scalette. I concerti impegnano il gruppo per qualche settimana l’anno, sono gestiti in prima persona allo scopo di creare meno stress possibile, e via di questo passo. Per gli spettatori indie europei è una sicurezza sapere che comprando un biglietto per il Primavera si avrà l’occasione di assistere ad un concerto degli Shellac, per dire.

(intervallo: un video a caso in cui Steve Albini dice solo cose giuste. se non l’avete mai visto lasciatevi cambiare l’esistenza, oppure insomma, un ripassino male non fa)


Le cose che non si sapevano e che da ieri si sanno sono la copertina del disco, quella sopra, e la data d’uscita, 16 settembre. Questa la notizia di ieri. Poi s’è saputa la data di uscita del nuovo dei Goat, il quale pur se più brutto e meno esaltante nel lungo periodo sarà senz’altro più determinante per capire quale sorte toccherà alla musica popolare di frangia avanguardistica, e quindi la fotta è già divisa in due. E devo pure sbrigarmi a spingere il tasto pubblica che altrimenti succede qualcos’altro. Per certi versi il fatto che l’uscita del nuovo disco degli Shellac of North America sia solo un altro giorno nel calendario è la vittoria più grande di una battaglia per la normalità della musica che gli Shellac portano avanti con fierezza e dedizione. Bastonate esiste da cinque anni, cioè non ho mai avuto il privilegio di annunciare su queste pagine l’uscita del nuovo disco del mio gruppo preferito. Eccoci qua.