Badilate di cultura: The Ward

 
L’ultimo film di John Carpenter che ho visto al cinema è stato Vampires. Domenica pomeriggio, ottobre 1998, la scuola era ricominciata da poco. Lo davano al Fulgor, simpatico cinemino ubicato in una laterale di via Indipendenza sempre buia e umida estate e inverno, a fianco un albergo diurno abbandonato da horror coi matti, chiuso da quando ho memoria; forse anche per questo la sala era un grande ritrovo di dissociati, alienati e balordi più o meno autistici di ogni tipo. Anche quel giorno ce n’era uno: a cinque poltrone di distanza, occhiali, mezza età, pancione da scorpacciata di psicofarmaci, non la finiva mai di parlare al vuoto commentando ad alta voce i passaggi pregnanti, ogni tanto sparando battutine credo improvvisate sul momento, roba da fare impallidire Neil Hamburger e fornire materiale di studio per decenni a Vittorino Andreoli. Il mio amico Alessandro e io facevamo una fatica del diavolo a rimanere seri e silenziosi; non volevamo esplodere a ridere per non urtare la sua sensibilità, ma dentro avevamo l’inferno. Quando James Woods e il prete entrano nel covo del Maestro (una vecchia prigione disabitata), e il prete dice a James Woods che da ragazzino era campione di calcio all’oratorio (o qualcosa del genere), il borderline è sbottato con un’agghiacciante “FACCIAMO GOAL COL VAMPIRO”, agitando le manine e accompagnando la boutade (di cui andava probabilmente molto fiero) con un risolino stridulo da far accapponare la spina dorsale a un gorilla sotto steroidi. Io quella frase (e la risatina che è seguita) non me la dimenticherò mai finchè campo. All’uscita faceva fresco ed era già buio; le giornate si erano accorciate di quel po’ e avrebbero continuato a farlo, presto ogni ricordo dell’estate da poco trascorsa sarebbe sparito del tutto, schiacciato dal freddo e dalla brina e dai cieli sempre cupi e dalle lunghe mattine a scaldare il banco, a far finta di ascoltare fastidiosi ronzii che entrano da un orecchio ed escono dall’altro. Ma intanto Vampires mi aveva dato materiale in abbondanza per nutrire la mia fantasia per molti mesi a venire, forse per anni. (Continua a leggere)

un anno dopo

Daniel Johnston si rilassa dopo una dura giornata di lavoro

 
La cosa migliore a cui Mark Linkous abbia messo mano non sono i Dancing Hoods o i dischi a nome Sparklehorse o le occasionali collaborazioni con questo e con quello, né tantomeno l’album ‘fantasma’ Dark Night of the Soul assieme a Dangermouse, sciccoso giochetto situazionista per mandare in paranoia downloaders folli e scienziati della comunicazione particolarmente eccitabili, la cui bellezza e pregnanza è inversamente proporzionale a quanto se ne è parlato.  No, la cosa migliore a cui Mark Linkous abbia messo mano è Fear Yourself, il disco che nel 2003 ha sdoganato definitivamente Daniel Johnston alle platee festivaliere di tutto il mondo e di cui Linkous è stato produttore, arrangiatore, factotum e, diciamolo, mente principale dietro all’intero progetto, tanto che del suo autore alla fine conserva giusto qualche linea di chitarra o piano (entrambi strimpellati alla meno peggio) e naturalmente i testi, tutti declamati sussurrati piagnucolati o strepitati sguaiatamente con quella mostruosa vocina da bambino vecchio; il resto, musica e arrangiamenti e stuolo maniacale di strumentazione obliqua e bizzarra (un esercito di steel guitar fiati archi tastiere synth analogici mellotron organi e organetti praticamente infinito) è tutta farina del sacco di Linkous, e parla di una delle menti più geniali di sempre per quanto drammaticamente fuori dal tempo, uno che i Flaming Lips possono soltanto guardare da lontano sperando di poter arrivare un giorno a comprenderne parte della grandezza, uno che se fosse vissuto negli anni di Phil Spector, di Todd Rundgren, di Isaac Hayes, probabilmente sarebbe riuscito a metterli tutti quanti in ombra con il suo smisurato talento in sala d’incisione e un gusto per le soluzioni più storte e imprevedibili che non trova paragoni (men che meno oggi, quando in un’ora di studio di registrazione ci si è già bruciati tutto il budget). Ma non è soltanto una questione di perizia tecnica e fantasia deviata ad aver fatto scattare la magia. In un modo strano e incomprensibile a chiunque fuorché ai diretti interessati infatti Johnston e Linkous si completano a vicenda: il primo trovando nel secondo il partner ideale per veicolare le sue inesauste tirate di amore impossibile e ingovernabile, lanciate contro il mondo finalmente con un costrutto e un apparato stilistico che le rendano canzoni prima ancora che pietosi sfoghi inascoltati; il secondo trovando nel primo un senso e uno scopo per mettere ordine nella Babele di suoni e visioni dentro la propria testa, disciplinare il tutto e metterlo al servizio di qualcun altro che si riconosce simile nella sua alterità e per questo degno di rispetto assoluto. Il risultato sono dodici canzoni tra le più belle e vive e commoventi vi possa mai capitare di ascoltare, un disco capace di ridurre il cuore a brandelli a chi un cuore ce l’ha e non ha paura di farlo funzionare. Un capolavoro irripetibile e irripetuto che ieri, oggi, domani, dopodomani e per sempre è tra quelle cose che riempiono la vita e la rendono degna di essere vissuta.

Esattamente 365 giorni fa Mark Linkous si uccide sparandosi un colpo al cuore con la pistola di un amico. Aveva già tentato di farla finita nel 1996 durante un tour coi Radiohead.

 

 

L’agendina dei concerti Bologna e dintorni – 21-27 febbraio 2011

sapere cose.

Comunque stasera a parte Gianluca Grignani che sbasa al Teatro delle Celebrazioni e tali All Time Low all’Estragon (dalle 21, venti euro) in giro non c’è niente e si può restare in casa a guardare la pioggia cadere. Mercoledì MeryXM prosegue in grande stile con un omaggio a William Burroughs con annesso concerto sviaggioso (gratis, dalle 20); contemporaneamente, al Sant’Andrea degli amplificatori Luciano Maggiore e Francesco ‘Fuzz’ Brasini srotolano le loro distese di drones per la gioia del nostro telencefalo (o di quel che ne resta). Dalle 21.30. Giovedì Father Murphy in jam confidenziale a orario aperitivo, luogo ancora da verificare (ulteriori dettagli nei commenti appena scopro qualcosa); poi per ora niente. In compenso venerdì ce n’è per tutti i gusti: i reduci della vecchia guardia saranno tutti al Sottotetto a vedere i Crying Steel (cinque euro più altri cinque di tessera), mentre per gli amanti del metallaccio ridondante imperdibili i Rhapsody (che dopo i buffi con Joey DeMaio – con annessi strascichi mafiosi che per ora non è dato conoscere – si fanno chiamare Rhapsody of Fire) all’Estragon (meno imperdibile il prezzo: trenta euro); per mods e skins rissaioli la prima serata dello Skull & Bones Festival al Crash!, ma l’appuntamento da non mancare è con quel monumento alla TECHNO con la T la E la C la H la N e la O maiuscole che si chiama Jeff Mills, al Kindergarten con il suo arsenale di giradischi e 909 in fiamme (e, pare, un sound system nuovo di zecca per l’occasione) in una serata che se siete vivi ha tutti i crismi dell’evento. Il prezzo per vedere la leggenda in azione è di venti euro; i venti euro meglio spesi da… boh, non trovo nemmeno le parole per tentare un paragone comunque eufemistico. Devozione.
Non bastasse, sabato altra badilata di roba: Scott Kelly al Nuovo Lazzaretto (la colonna sonora ideale se avete deciso di farla finita ma vi manca il coraggio per l’ultimo step; è la terza volta in un anno che me lo sparo e non ne avrei mai abbastanza), centesimo concerto dei Crazy Crazy World of Mr. Rubik al Locomotiv (dalle 21.30, cinque euro più tessera AICS, gli acidi non sono necessari basta il caldo soffocante), seconda serata dello Skull & Bones al Crash! (particolarmente interessante per la presenza degli inossidabili Last Resort), Morkobot al TPO e mega-jam del futuro all’XM24. Domenica credo che avrò un leggero mal di testa.

MATTONI issue #15: MAX ESSA

 
Probabilmente Panorama Suite è la feel good song definitiva. Di sicuro è una di quelle che durano di più: venti minuti e ventiquattro secondi di pura beatitudine, non un calo di tensione, tutto a dir poco celestiale, e quando spegni lo stereo il ricordo di tanta magnificenza continua a cullarti per ore e ore (giorni). Lo stesso effetto dell’eroina, ma senza strascichi spiacevoli tipo perdita di peso, connotati alterati o essere costretto a scippare le vecchie sull’autobus per rimediare la prossima dose: stai bene e basta. La sua struttura circolare è ideale per innescare loop ripetuti e potenzialmente infiniti, e il bello è che non annoia mai.
Presente Jamie Foxx in Collateral, la scena della cartolina? Io vado sempre in vacanza. Decine di volte al giorno. Nel mio posto preferito: un’isola delle Maldive. È il mio piccolo luogo di fuga privato: nei momenti pesanti mi prendo 5 minuti di svago… e vado lì. Mi aiuta a non pensare a nient’altro. Ecco, Panorama Suite è quell’isola. Qualunque sia la vostra musica preferita, qualunque sia la vostra concezione di “stare bene”, Panorama Suite la incarna e la sublima dando vita a un estatico e irraccontabile luogo della mente da dove si vorrebbe non uscire mai più. Oltre alla versione fisica in 12″ per Is It Balearic? per ora sta anche sul soundcloud di Max Essa (polistrumentista autodidatta, dj e produttore con trascorsi di tutto rispetto nella scena inglese della stagione d’oro dei rave molesti Castlemorton-style, a sentire quel che fa ora non lo diresti mai) di modo che tutti possano goderne ancora e ancora. Che gli dei benedicano quest’uomo.

[soundcloud width=”100%” height=”81″ params=”” url=”http://api.soundcloud.com/tracks/4688462″] Panorama Suite by Max Essa

STREAMO – il disco dell’anno scorso.

la più bella foto che ho mai visto in un sito (ribadisco).

Un po’ di cose le scrissi qui, mi va solo di aggiungere che Catch My Shoe è il disco che ho ascoltato di più e con più piacere nel 2010. Funziona in ogni contesto e spacca il culo a tutte le musiche del mondo di qualsiasi genere, volume, epoca e grado di indipendenza. Non stanca mai.

La storia di oggi, che poi in realtà è una storia di 21 giorni fa, è che il disco è in streaming su soundcloud, e se l’embed funziona lo potete ascoltare qui sotto. O in alternativa qui.

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(via @Vitaminic)