Ben Seretan, Bandcamp, gli m-blog, la musica rubata, i giornalisti italiani

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Ho ascoltato il debutto di questo Ben Seretan e ho pensato a te. non so se sia un bene.” La mail è datata 19 novembre e me l’ha scritta Chiara. “Perché ha pensato a me?”, mi chiedo. Cerco il disco di Ben Seretan, lo trovo su Bandcamp e la copertina è la foto di un ciccione con la barba lunga e gli occhi da cucciolo. “Ah, ecco”, penso. La prima traccia è un bel pezzettone tra krautrock e noise tipo Teen Age Riot o qualcosa di simile. Una dozzina di giorni dopo il disco di Ben Seretan è disco del mese nel numero di Rumore con Mark Kozelek in copertina (a proposito di Mark Kozelek, c’è un articolo uscito per Prismo in cui viene affrontata la questione della misoginia e delle sbroccate, nel quale vengo anche citato come esempio di persona insensibile alla questione di genere nella critica rock italiana, lunga storia). La persona che firma la recensione è Andrea Pomini.

Pomini è una mezza leggenda del punk/DIY in Italia da vent’anni e passa. Fondatore di Abbestia, una delle fanze italiane per antonomasia, membro di Fichissimi, Encore Fou e Disco Drive, proprietario di un’etichetta chiamata Love Boat. Da anni è uno dei nomi di riferimento della redazione di Rumore. Ha ascoltato il disco su Nodata, colpito dalla foto di copertina, e ne è rimasto stregato. Il mese successivo pubblica un’intervista a Seretan.

Nodata è uno dei più famosi m-blog della storia. Mette in download illegale i dischi che escono appoggiandosi a piattaforme di file sharing; è una specie di monumento dell’internet musicale, quello che procede un po’ più lento degli altri internet e tende a creare forme di dipendenza che hanno solo raramente a che fare con un bisogno culturale (da cui fortunatamente, o no, sono uscito qualche anno fa). Nodata e i blog come Nodata (newalbumreleases e simili) servono fondamentalmente a due cose: informare le persone su cosa esce e fare ascoltare alle persone cosa esce. Gli artisti e le etichette hanno messo più volte il veto a questo genere di pirateria selvaggia user-generated, ma questa roba succede comunque. Lo stesso Pomini, qualche mese dopo, ritorna sulla vicenda. Cita il caso di Seretan in un post sul suo blog, assieme a Sufjan Stevens, nel cercare di definire per la milionesima volta i vantaggi dell’economia del far girare, accanto a quella del pagar soldi. A questo punto della storia il disco di Seretan, stampato in 250 copie su vinile più download, è andato sold-out: non si sa come abbia fatto a finire su Nodata, ma probabilmente senza Nodata non l’avrebbe ascoltato nessuno.

Sono un po’ vecchio per credere al lato romantico della musica, ma un po’ ci credo comunque. È pazzesco il modo in cui questa cosa giri da computer a computer come un virus, andando ad intrufolarsi dappertutto finché non trova il suo pubblico ideale. Volenti o nolenti, parlando di indierock contemporaneo il disco di Ben Seretan ha i numeri per competere in serie A: melodie fascinose, chitarre affilate, eclettismo per nulla a cazzo, una visione d’insieme impressionante (anzi, Chiara, grazie mille). Non sono così bravo con le analisi di mercato, e non so dire se la condivisione brutale faccia bene o male ai dischi e se sia o meno responsabile della fine della musica o della sua resurrezione o di che cos’altro. Forse guardiamo a questa cosa da un punto di vista sbagliato. Forse non è così importante che la tua musica arrivi a milioni di ascoltatori, ma quando la tua musica arriva a una sola persona e le cambia la vita, ecco, forse quella è una cosa che vale tutti i soldi che abbiamo buttato nei dischi e nei concerti.

E forse c’è ancora un po’ di speranza per questa cosa. Il 10 luglio, alla vigilia di un tour tra Italia e Svizzera che durerà due settimane, il disco di Ben Seretan esce anche in CD. Lo stampa Andrea Pomini.