La rubrica pop di Bastonate che a questo giro la chiamiamo MORTI DI FAMA: Rihanna – Unapologetic (Def Jam)

Unapologetic è il settimo album di Rihanna ed il primo ad uscire postumo, ossia dopo la sua morte per overdose in uno squallido appartamento a Camden qualche mese fa. Se vogliamo dirla tutta, Rihanna non è morta ma praticamente è come se lo fosse: sta alzando talmente tanto l’asticella (è partita da popstar più o meno casta ed è arrivata dove è arrivata, arriverà dove arriverà) che per chiudere il cerchio manca solo la morte per droga, oppure un sex-tape, oppure un cambio di sesso, oppure un disco prodotto da Sandro Codazzi (dai Rihanna, fallo! – sia nel senso di voce del verbo fare che di organo riproduttivo maschile).

Comunque, ogni anno a metà novembre esce un disco nuovo di Rihanna ed a questo punto mi chiedo dove troverà il tempo per lavorare a brani nuovi essendo vita natural durante in tour e/o sulle pagine dei siti di gossip et similia. Francamente non lo so (sì che lo so: non scrive lei i brani, assolda produttori affermati e ghost-writer affamati, ha dietro di lei un team che pianifica qualsiasi sua mossa – anche eventuali morti per droga, sex-tape, cambi di sesso, dischi prodotti da Sandro Codazzi) eppure a cadenza annuale il disco esce sul mercato ed è un grande successo nonostante il download selvaggio o forse proprio grazie al download selvaggio. Comunque, questo Unapologetic suona tutto fuorché eccessivamente mainstream (sempre che il concetto di mainstream sia rimasto lo stesso dopo che nell’ultima puntata di X-Factor Simona Ace Ventura ha citato con cognizione di causa i termini “electro-house” e “dubstep”) e per la prima volta pare concepito più per essere un vero e proprio album da ascoltare per intero che una collezione-di-singoli-con-svariati-riempitivi-da-skippare-senza-pietà come erano i precedenti sei dischi (che non ho mai ascoltato in vita mia ma che fingo di aver ascoltato a fondo perché su Ondarock ho letto che i sei precedenti dischi erano così dunque è vero). Dentro Unapologetic c’è tutto: la tipa che a quella festa di Capodanno finì all’ospedale dopo aver spompinato decine di ragazzi ingerendo l’equivalente di una lattina da 33cl di sperma (storia inventata), la stessa tipa che andava in giro in sella ad un Booster pitturato con colori parecchio fluo (storia vera) eche nel ’96 ci vendette la ganja albanese allucinogena all’ammoniaca (storia verissima), due mie amiche che agli autoscontri fanno a botte per futili motivi e noi le incitiamo a darci dentro invece di sedare la zuffa (storia verissima²), il dramma di Eminem ridotto a fare i featuring nei dischi di Rihanna dopo aver avuto il mondo in mano per un paio di anni (segue classica risata di scherno di Nelson dei Simpson), Jump che forse campiona gli House Of Pain o forse no (francamente non riesco a capirlo, magari campiona pure i Van Halen ed io non ci arrivo perché non sono un tipo sveglio – per la cronaca: campiona Pony, l’ho letto su Ondarock dunque è vero) ma pare un pezzo scritto da Skrillex in botta da ammorbidente Vernel, Loveeeeeee Song che pare un pezzo scritto da James Blake in botta da ammorbidente Vernel, Chris Brown con indosso il suo chiodo crust che in Nobody’s Business duetta con la sua ex Rihanna (Chris Brown ultimamente si fa davvero fotografare con un chiodo simil-crust, ma almeno oltre al nero c’é anche il giallo fluo dunque Chris Brown pare un idiota totale che prova a fare il crust), Gabriele Cirilli che imita Nikka Costa a Tale e Quale Show un venerdì sera su Raiuno (momento televisivo definitivo: Cirilli quando lo ha fatto era truccato che pareva Ozzy Osbourne negli anni ottanta ed la sua voce era all’elio grazie ad un autotune che pareva uscito da questo disco di Rihanna), un David Guetta più marchettaro che mai nell’insignificante Right Now, l’apice drammatico del disco costituito da Love Without Tragedy/Mother Mary (questa gliel’avrà scritta Billy Corgan, talmente alla frutta che tempo qualche mese e verrà fuori che fa davvero il ghost-writer per popstar di successo), il beat estremo che ti taglia le vene del singolo Diamonds che non è poi che sia così radiofonico nel senso più commerciale del termine eppure le radio lo passano a manetta ed allora forse qualcosa negli ultimi anni deve essere per forza cambiato – grazie al download selvaggio che ha aperto la mente della gente allargandone i gusti ed il tasso di sopportazione di cose kitsch e/o musicalmente poco digeribili o ben più probabilmente perché la gente non ascolta più la musica davvero ma ascolta solo il nome, il personaggio, la moda, il mito, l’abbigliamento, l’atteggiamento, la posa (ed a questo punto ha davvero senso Simona Ace Ventura giurata in un programma musicale che cita con cognizione di causa i termini “electro-house” e “dubstep”, anzi la figura di Simona Ace Ventura andrebbe elevata al rango di Lester Bangs italiana per un sacco di buoni motivi che non sto qui ad elencare – fondamentalmente uno: la sua amicizia con Flavio Briatore e Daniela Santanché).

Vento d’estate, io vado al mare voi che fate? Non mi aspettate, mi sono perso. Non ci capisco più nulla e chiudo qui l’alato ragionamento su Unapologetic, non prima di aver detto che a Rihanna piace sperimentare, cambiare pelle ed evolversi (Wikipedia scrive così mentre Ondarock no, ma la prendo per buona lo stesso) e che Unapologetic è davvero un buon disco. Pop di qualità, di quel pop che lo ascolti volentieri come ideale pausa di riflessione tra un ascolto impegnato e l’altro (scrivendo “ascolto impegnato” paio Assante e Castaldo, ma frega un cazzo) e che nel contempo interroghi il tuo ed arrivi ad una drammatica quanto spiazzante conclusione: roba del genere cinque anni fa non se la sarebbe cagata nessuno al di fuori di Christian Zingales mentre ora pare addirittura avanguardia durissima & purissima che per un qualche miracolo gira nelle televisioni e nelle radio di regime. Quando esce una versione solamente strumentale di questo Unapologetic? La voce di Rihanna spesso e volentieri è molto fastidiosa, basterebbe anche solo un bootleg strumentale per migliorare lo stato delle cose e permettere anche ai più snob di giudicare senza preconcetti il reale valore artistico di un’opera del genere nel 2012.

“Che cazzo c’hai da guardare, eh??? Ti spacco il culo!”

L’agendina dei concerti Bologna e dintorni – 15-21 novembre

roba da ricchi

Il Bologna Jazz Festival 2010 è entrato nel vivo: per tutta la settimana si potranno sentire i più grandi negri eroinomani rimasti in vita a prezzi da seconda ipoteca sulla casa in locali molto chic. Visitate lo stilosissimo sito ufficiale per tutte le informazioni. Passando a roba accessibile anche a chi deve continuamente vedersela con il rosso a fine mese (e con tutto il resto che divora l’anima), questa sera l’unica valida alternativa a Saviano sono i Brown Wing Overdrive al Clandestino (Faenza, dalle 21.30), ovvero la sonorizzazione di quel che accade dentro la testa dopo aver ingurgitato un’importante quantità di cartoni intrisi di LSD, e senza dover nemmeno cacciare i soldi per i trip: è gratis.
Martedì ci si può far spappolare i timpani al Nuovo Lazzaretto con i pachidermici Black Breath (di spalla i malmostosi Grindine + guest, dalle 21.30, il prezzo lo ignoro ma sarà sui cinque euro), oppure massacrare di legnate qualche bulletto della bassa all’Estragon a un festivalino metalcore dove l’unico gruppo degno sono i Comeback Kid (gli altri sono Parkway Drive, Bleeding Through, War from a Harlot’s Mouth, We Came as Romans e tali Emmure, si inizia alle 19 e l’ingresso costa ventotto euro); c’è anche Sonny Rollins da qualche parte, ma solo leggerne il prezzo costa due euro al secondo quindi lasciamo stare.
Mercoledì 17 si potrà ammirare l’acconciatura nazi-frocesca del cantante dei The Drums; loro suonano al Covo, dalle 22, quindici euro. In piazza Scaravilli invece, gratis dalle 20.30, suona il gruppo del lurido clerk che non crede tu conosca Mark Lanegan se hai un aspetto ordinario. Brutta bestia, l’invidia. All’XM24 come ogni mercoledì c’è la serata MeryXM (gratis dalle 21, e i gruppi non sono male), infine, per chi ha ancora voglia di legnare un energumeno a caso, al Nuovo Lazzaretto planano gli olandesi The New Morality (dalle 22, vedi Black Breath per il prezzo): calci in faccia e mazzate da baseball sulla schiena assicurate in quantità industriali per tutti.
Giovedì è la serata da non perdere per chi ama la musica: Napalm Death, Immolation, Macabre e i nostri beniamini Waking the Cadaver al Sottotetto (inizio ore 20 tassativo, ventotto euro con tessera 2010 gratuita). Se siete a corto di grana e non avete voglia di scarpinare ci sono gli ZEUS! al Farm: sempre di legnate sui denti si tratta.
Venerdì 19 al Bronson gli Shrinebuilder recuperano la data annullata lo scorso aprile per le polveri del vulcano Eyjafjallajökull, e l’attesa non è stata vana dal momento che stavolta ci sono anche i Karma to Burn di spalla. Quindici euro, inizio intorno alle 21.30 e Bastonate dj-set prima, durante e dopo i concerti: annullate tutti gli impegni e venite a bere con Wino e a drogarvi con noi. Sabato ancora in Romagna con l’imbarazzo della scelta: ancora al Bronson per Massimo Volume + Bachi da Pietra (21.30, tredici euro) o al Boulevard di Misano Adriatico per gli Ataraxia (di cui per ora ignoro orari e prezzi)? Quel che è certo è che la data di Ross the Boss + Scott Columbus al Rock Planet è stata ANNULLATA (un vero peccato: poteva essere l’unica occasione per scoprire il vero motivo per cui Columbus non fa più parte dei Manowar, ammesso che la cosa interessi a qualcuno a parte il sottoscritto). Gran finale domenica di nuovo a Bologna per l’unica data italiana dei Burning Love (di spalla LaserGeyser, Cusack, Green River Killer e Chambers, dalle 21.30 prezzo vedi sopra). Ci sono anche gli OvO gratis in tour del decennale da qualche parte; dovevano suonare al Locomotiv, chissà dove li dirottano stavolta. (m.c.)

Aggiornamenti anche dalla Romagna, a ‘sto giro. Stasera c’è DDMMYYY al Bronson di Ravenna a ingresso gratis.  Domani sera al Sidro di Savignano c’è una serata di Luigi Bertaccini sugli AC/DC, in attesa di tali The Situations il giorno successivo  (garage-pop neozelandese + articoli). Lo stesso giorno, cioè mercoledì sera, al Diagonal c’è un gruppo locale di indietronica pesa che si chiama M+A e di cui mi sono innamorato pesantemente a vederli venerdì sera di spalla ai Port Royal.  Giovedì sera a naso sarebbe la sera del Clandestino, invece questi tali Emanuel and the Fear (postpunk-cassa) suonano il mercoledì e ci lasciano il giovedì libero per vedere Annozero o quel che l’è. Il venerdì vi ha già intimato m.c. di venire tutti quanti al Bronson, ma lo diamo per scontato, GIUSTO? Mandateci una mail con le richieste dei vs pezzi macilenti preferiti.  Il sabato tutti in fuckin’ ferie dalle nostre, chè i Cat Claws sono in città.

 

Il download illegale della settimana – Oscillations

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Tripla segnalazione che speriamo serva almeno in parte a compensare gli appuntamenti del download illegale della settimana mancati durante la pausa estiva. Oscillations, serie comprendente i due volumi pubblicati tra il 1996 e il 1998, è tappa fondamentale all’interno della sterminata discografia di Bill Laswell: si tratta di due tra i lavori più interessanti e meno ripetitivi dell’uomo, due dischi che ridefiniranno in toto la concezione stessa di drum’n’bass e che tuttora suonano mostruosamente attuali e pieni di intuizioni e ‘sorprese’ ancora da scoprire. Determinato ad ampliare il proprio raggio d’azione allontanandosi dall’ambient dub marcio, ristagnante e maligno di cui è e resta maestro indiscusso (ma senza mai perdere di vista la componente inquietante che lo contraddistingue), quanto dai parossismi funk da eroinomane intrisi di deliri da guitar hero (spesso spinti oltre la soglia della sopportazione con i suoi Praxis), Laswell imbastisce un serratissimo programma che non concede tregua e non ammette cali di tensione; forte di una pluridecorata esperienza di produttore e ingegnere del suono (importante quasi quanto quella di musicista: nel corso degli anni ha prodotto, con risultati alterni va detto, ma con un tocco sempre e comunque riconoscibile, dischi di Motorhead, Ramones, Iggy Pop, Ryuichi Sakamoto, Daevid Allen, oltre a quasi tutti i dischi a cui egli stesso ha preso parte e, più di recente, il micidiale ebreo reggae Matisyahu, inaspettato fenomeno multimilionario), plasma una gamma di suoni che stabiliranno gli standard su cui generazioni di beatmakers dovranno, da allora in poi, obbligatoriamente confrontarsi. Nel 1997 esce un eccellente remix album del primo capitolo e, nel 2003, una ristampa – titolata, con un pizzico di autoreferenzialità, Final Oscillations – che ripresenta integralmente Oscillations 1 e 2 e parte del remix album con tracklist rimaneggiata (mancano i contributi di Endemic Void, Bisk e Soul Static Sound ma è stata aggiunta una traccia di Spectre non presente nell’edizione originale). Che poi lo stesso Laswell (artista dalla prolificità quasi zappiana ma anche, va detto, spesso prolisso fino all’esasperazione) abbia poi trascinato fino a far perdere la pazienza la sua personale commistione tra bassi ipersaturi e suggestioni orientaleggianti è altro discorso; resta il fatto che, fosse anche solo per ribadire la superiorità assoluta rispetto alle miriadi di gregari che hanno tentato invano di plagiarne lo stile (e considerando inoltre la difficile reperibilità dei tre programmi, tutti fuori stampa da anni), Final Oscillations è ristampa graditissima.