La volta che ho visto gli Slowdive a Padova e la gente ci stava più dentro di me

HTC ONE M7 purple tint camera issue
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Un paio di mesi fa o qualcosa del genere ci avevano raccontato di come quello degli Slowdive fosse stato uno dei live migliori del Primavera (insieme ai Cloud Nothings, sdoganati ufficialmente ma io resisto). Poi un promoter ha fatto il numero e li ha fissati come asso di coppe alla preview del Radar Festival, parcheggio nord dello Stadio Euganeo in cui il Padova potrà godersi la Serie D il prossimo anno e ho dovuto andarci per forza, perchè è come quando nella tua città di campagna arriva Buttiglione a fare campagna elettorale e vai a vedere se esiste davvero: in questa proporzione gli Slowdive sono la città di campagna vivente, sospesa da qualche parte tra il primo funerale che io riesca a ricordare e forse una mezza tetta toccata, mentre io sono Buttiglione perchè sono fuori luogo lì, non c’entro quasi un cazzo ma le cose le capisci solo quando vai a vederle. Era il primo dei tre concerti grossi che vedrò sicuramente quest’anno e di cui ho i biglietti, gli altri due sono i National di cui non ho mai ascoltato un pezzo in vita mia e Lady Gaga, che dei tre è quello che aspetto con più fotta solo perchè casca d’Inverno.
Nel pantheon dei ricordi e dischi consumati non li metterei mai gli Slowdive, per me poco più di una parentesi interessante ma non seminale, un percorso simile a quello dei Portishead e mi è venuto in mente perchè li hanno passati in auto mentre parcheggiavo: periodo storico quasi simile, stesso numero di dischi, scena diversa, stesso cultismo all’uscita, poi il distacco, poi un disco debole a testa, poi ragionata rivalutazione postuma con reunion o disco. Mai sopravvalutati comunque, nessuno dei due.
Ad aprire c’era la Pesaro che si guarda le scarpe: Brothers In Law (yawn), Be Forest (yawn però ci stavano bene), Soviet Soviet (loro sono a posto), uno spritz al Campari in caraffa e un sacco di roba equosolidale, compresa una tizia sedutasi a farsi fare le treccine nello stand apposito e che probabilmente rimarrà là fino all’inizio della preparazione del Padova prima della partita col Sud Tirolo, non credo ce l’abbia fatta a finire in tempo per gli Slowdive: etnomisticismo e genialità, farsi fare le treccine con Crazy For You in sottofondo is the new spada di eroina coi Velvet Underground.
Si stava bene comunque e la cosa che faceva stare bene era che non c’era nessun alito di nostalgia, nessuno voleva sentir nominare la nostalgia, c’era solo un gruppo che è stato molto grande in una certa nicchia spaziotemporale e in certe camerette in differita di almeno 10 anni, con gente dal singalong facile sui pezzi del gruppo credo meno cantabile della storia. Persino coi Black Dice sarebbe più semplice. Non metterò l’accento da ciccione metallaro quale sono sui gozzilioni di individui con quella maglietta là che si fa presto ad immaginare perchè ne ho fissati un paio negli occhi come Crocodile Dundee e mi sono sembrati abbastanza innocui, compreso un tizio coi capelli alla Robert Smith, ma me li aspettavo come mi aspetto la bandiera coi mori sardi in qualunque assembramento con più di 100 persone.
I pezzi grossi li hanno fatti tutti (Catch The Breeze, Machine Gun, When The Sun Hits, Souvlaki, Allison) poi gli altri per me sono un po’ tutti uguali e non c’ho fatto più caso, la Goswell sembra la tizia di The IT Crowd.
Il Radar Festival inizia e finisce la prossima settimana, ci sono i PLAID e gli IN ZAIRE lo stesso giorno tipo che quasi quasi siamo a livelli concerto della vita.
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