Perdere sempre // Il black metal come proprietà di quelli alla moda, e il fatto che quelli alla moda hanno ragione (trattato sul fatto che facevamo il Bene pensando di fare il Male)

burzum

 

Once upon a time as black metal ruled
The blood was hot. The hearts were strong.
The future seems to be ours

But nothing more remained, because black metal died.
Gone the days of pure underground, of spirit, pain and fire.
So listen to your heart, what black metal means to you.

You’re weak, destroy yourself. You’re from old days, remember his corpse.
So I summon the old warriors. That we shall begin
To kill the false and hate one to satisfy our hate.

Because

My soul is possessed by black fucking metal

(Nargaroth)

È dura iniziare un pezzo sul black metal con le lacrime agli occhi e il cuore a pezzi, ma sapete che c’è, c’è che io ieri mi chiedevo se Papa Francesco fosse un buon papa oppure l’Anticristo, e oggi è arrivata la risposta, chiaramente la seconda (come dimostra il gabbiano inviato ieri a far scempio delle false colombe inviate dal falso profeta), e tutto questo mi fa sentire più vuoto che mai.

Non è un controsenso? Sono seicento anni almeno (ok, è dal 1995 o 1996 al massimo) che ce ne andiamo in giro dicendo che Venga l’Anticristo di qua, Adveniat Infernus di là, e oggi che questo è finalmente successo, ci ritroviamo in un mondo che sostanzialmente lo adora, e la nostra missione black metal di smascheramento dei falsi idoli ci impone invece di disprezzarlo, di disprezzare l’Anticristo capite, e quindi di porci dalla parte del Bene.

Dalla parte del Bene, capito, noi, proprio noi bestemmiatori infami, noi profanatori di luoghi di culto o più spesso di tazze del cesso aziendali immacolate la mattina al nostro arrivo, e già alle nove e mezza consegnate al maelstorm più devastante; noi parlatori al contrario, veditori di film dell’orrore ma di quelli perversi non le cazzatelle death tipo LA CASA, frequentatori mentali delle desolazioni nordiche mentre abitiamo tipo alla BUFALOTTA;

(No, questa cosa dovete vederla. Non c’è niente di più demotivante di essere in un luogo desolato, ma desolato in modo del tutto opposto a quanto può esserlo un bosco norvegese, tipo non so, una fermata dell’autobus nei pressi del Gemelli, o l’ingresso della metro Cornelia, o uno qualunque di quei posti gialli di Roma; essere in uno di questi luoghi, dicevo, tipo a luglio, e indossare una maglietta anche solo dei Cradle of Filth, il tuo animo adolescente pieno di quei boschi e quei demoni e quell’ONORE, quello stesso ONORE calpestato da ogni sguardo di romano coi capelli bianchi lunghi che passa e non ti dice, ma tu lo senti, A SATANA, MA VAFFANCULO, quell’ONORE travolto e ucciso da ogni taxi sulla cui fiancata il guidatore malvivente ha scritto MASSIMINO TASSISTICA COPERATIVA per ricordarti che sei a Roma, Roma, sempre ROMA di MERDA, e qui le chiese so’ di marmo, ed è più facile che siano loro a bruciare te, un giorno)

Insomma, questo fatto che siamo dalla parte del Bene, così, all’improvviso. Papa e altre cazzate a parte, intendo. Prendete questo fatto del black metal hipster. In questo mondo senza più ideali né dei, nemmeno quelli sbagliati, ormai non fa più né caldo né freddo a nessuno, ma c’è stato un tempo e un luogo puro, una Asgard in cui abbiamo vissuto,  in cui ascoltare i Take That o i Nirvana o i Guns n’Roses o i Darkthrone era indice di una scelta di vita ben precisa; andava a forgiare tutto ciò che rendeva te quello che eri, e i settori erano chiusi l’un l’altro da paratie stagne, che pochi infrangevano, e se lo facevano stavano attenti a non farlo notare. Prendete me, per esempio. Io ero il tipo Nirvana, cioè avevo deciso di stare da quella parte. Pensavo già, in realtà, che Back for Good fosse il più straordinario pezzo pop dai tempi di Lennon/McCartney, ma lo negavo a me stesso fingendo ironia; comprai i due Use Your Illusion aspettandomi che il commesso mi desse del pezzo di merda, cosa che grossomodo fece quello di Hellnation quando comprai la ristampa di Burzum/Aske assieme a qualcosa tipo boh, i Mr. T Experience. E oggi Hellnation vende tipo le magliette co Mario Brega o il Chinotto, e tutto è vano, e tutto è finito, e tutto –

– sì, finiscono così i miei paragrafi, in nulla: forse in nulla è finito anche il black metal, scelta di vita diventata adesso raffinato strumento di erudizione musicale per hipster del cazzo che urlano come Gaahl non ha mai saputo fare, in dischi potenti e affilati che però piacciono ai ragazzi carini e vengono ammessi in società

(Immagino un contesto orrendo tipo la festa di This is the End, con tipo i Deafheaven che arrivano e sono tutti inseriti in questa squallida imitazione di gruppo di amici, che include attori di film per ragazzi, Rihanna, sceneggiatori e cantanti black metal, e tutti assieme, senza più classi, scambiano le chiacchiere intelligenti di chi appartiene all’indistinto numero dei genericamente fichi)

o peggio, all’Università, perché giuro che un giorno mi sono imbattuto in un sito che ospitava la lecture del coglione dei Liturgy in un posto tipo boh, la facoltà di filosofia di Princeton.

La domanda è: vaffanculo?! E la risposta: vaffanculo!

Vaffanculo ai Deafheaven che partecipano come se niente fosse a una compilation di San Valentino con una canzone d’amore cantata a cappella (no, non metto link, e se vorreste ce ne fosse uno, morirete per goetia stanotte stessa); vaffanculo ai Woods of Desolation e alle loro chitarre shoegaze intellettuali; vaffanculo ai Wolves in the Throne Room e alla loro comune hippy del cazzo   – lo sapete, no, che vivono tutti allegri tutti insieme in una casetta nel bosco come fossero quel coglione di Thoreau?; vaffanculo alla classifica dei dischi metal pubblicata su Pitchfork, vaffanculo al design dei dischi dei Liars, vaffanculo a Thurston Moore del cazzo; vaffanculo, in fin dei conti, al fatto che i barbari ben vestiti che si sono appropriati della nostra musica rozza e brutale l’hanno resa in fin dei conti di nuovo vitale, togliendocela per sempre, questo è vero, ma dandogli una credibilità che si era persa, forse, una ventina d’anni fa.

Ora, un’altra domanda è: c’era bisogno di tutto questo? Chi di noi vuole discutere di “black metal trascendente” con bei ragazzi che ascoltano al tempo stesso gli Arcade Fire e Justin Timberlake senza vederci niente di male? E se anche qualcuno di noi ne avesse voglia, quanti avrebbero davvero accesso a una conversazione di questo tipo?

Reietti della terra, ecco un’altra sconfitta per tutti voi. Forse la farina del diavolo va davvero sempre in crusca, perché noi volevamo  mettergli davvero paura, ma le ragazzine l’anno scorso hanno avuto davvero i Mayhem nella line up del Primavera. Ritiriamoci nelle foreste, amici misantropi, torniamo nelle nostre oscurità, dove non splende la falsa luce di tutto quello che non è mai stato concesso a noi, noi nemici, noi avversari, adoratori di Satana, ultimi baluardi di tutto ciò che è puro.

Addio vecchio 2013, ciao 2014! Il libro dei fatti 2013: dischi, persone, golosità, stronze, chiesa di † SHAYTAN †

#IOSTOCONSATANA
#IOSTOCONSATANA

Firenze mare/Ridin on a wet night. Il 2013 è l’anno in cui sono diventato padre. È inoltre l’anno in cui ho perso un caro amico, e indossato per la prima volta i vestiti che avevo voglia di indossare, senza sentirmi giudicato. Tutte queste cose rendono il mio punto di vista avveduto e corretto, e a tutte queste cose sono ispirate le considerazioni di fine anno che ho condiviso con gli altri tizi di Bastonate (ho mandato una mail trenta secondi fa a FF dicendo che avrei pubblicato questo pezzo, senza specificarne il contenuto, e poi facendo gli auguri di buon anno), e che ho sviluppato partendo dalla frase

Il depressive black fuso col funeral doom

Che ho letto su Wikipedia oggi pomeriggio.  Considerazioni sull’anno appena trascorso.

 Evento morte-male dell’anno: probabilmente c’è stato di peggio, è vero, ma un po’ per pigrizia, un po’ per sincera indignazione, io voto per la stronza che ha scritto che è ok far male ai gattini per sperimentare le stronze medicine che l’avrebbero salvata, come se le vite umane valessero più di quelle animali, come se quella vita in particolare fosse rilevante, in qualche senso. Ok, ho detto qualcosa di pesante, ho detto che la vita umana non ha valore: ma a parte che

Il depressive black fuso col funeral doom

c’è anche da dire che io sono cattolico, e inoltre ho letto 143 libri dal 1993 a oggi, e quindi certe cose posso permettermi di dirle; voi, che cazz’è, siete comunisti e disprezzate tutto, vi mandate i gattini via facebook tutto il giorno, e d’improvviso vi sentite le lacrime agli occhi per una vita, una vita salvata, e soprattutto vi sentite pronti a prendere parte a un dibattito il cui senso profondo non è altro che

Il depressive black fuso col funeral doom,

o forse sì, c’è dell’altro, ed è il disperato bisogno di esistere in questo bacato mondo social che fa twittare per essere viral anche nel peggiore dei momenti. Esco fuori dalla metafora (perché non la capite; sempre che io abbia fatto una metafora, perché non ne sono certo) e dalla scrittura creativa di alto livello (perché non la meritate; a proposito, ho lasciato per ora a metà Doctor Sleep di Stephen King, se no stavamo a 144) e dichiaro che il punto non è neanche prendere una posizione – la questione è ovviamente controversa, piena di contraddizioni, amo le mucchine ma a mio figlio do gli omogeneizzati e altre banalità -, ma soltanto esprimere disprezzo e valanghe di merda per una sciocca provocazione. La RICERCA. Ma annate affanculo.

(Il depressive black fuso col funeral doom)

Insulto dell’anno: “cane fascista” detto al povero FF/kekko per aver scritto che il Criber è “brutto e stupido come suo padre” (cioè come il Faber). TROLOL dell’anno: l’avevo scritto io.

Genere musicale morte-male dell’anno: non so se è propriamente “dell’anno”, ma sto faticando a venire a patti con questa storia che il black metal sta diventando pian piano un genere per ragazze, prendi i Liturgy, prendi i Deafheaven che spopolano nelle classifiche di fine anno e osano addirittura una copertina rosa, con la parola “SOLE” dentro. La cosa che mi turba non è tanto il fatto in sé – la moda prima o poi si porta via tutto -, quanto il fatto che, così facendo, il black metal ne beneficia grandemente, così come il post-rock, così come lo shoegaze, tutti generi morti e senza speranza da dieci anni almeno, che adesso messi tutti insieme tutto sommato fanno dei bei dischi. Lo so, i veri duri non lo ammetteranno mai, black metal ist krieg ecc., e pure a me piacciono le bottone tranvatone tipo i grandiosi Black Faith che – lo ricordo, perché ai più giustamente è sfuggito, mi hanno sfanculato su queste pagine perché volevo scriverne bene (avevano ragione loro: io sono un cazzone coi chinos che abbina i colori, e bestemmiare la Madonna non mi renderà una persona migliore) -, ma in fin dei conti, questa è grande musica, nonostante i tagli di capelli, nonostante

Il depressive black fuso col funeral doom.

Altri dischi dell’anno (tutti grossomodo ascoltati tra Santo Stefano e oggi): il disco dei Lumbar, dummone così dummone che non credevo nemmeno esistesse più; Castevet, una cafonata black/hardcore; Power Trip, un’altra cafonata; direi anche The Underground Resistance dei Darkthrone; e basta, perché tutte queste cose hard-metal le sto dicendo per essere bastonatamente rispettabile, mentre la verità è che amo e adoro, sono pazzo di Muchacho di Phosphorescent, un cazzone hipster che dovrei detestare e invece amo perché, con quest’album, ha abbandonato il pallido country-folk che faceva prima, producendo un capolavoro di synth-stupid pop vendittiano, un album di ballate patetiche e strappalacrime, Ride On/Right On è la sua Comunista al sole e una canzone toccante come Song for Zula non la sentivamo dai tempi di Miraggi. Poi per quell’aria Bret Easton Ellis non mi dispiace neanche l’album di Sky Ferreira, ma non l’ho veramente sentito; e quello di Kanye West, e Lorde, e Josh Ritter, e Vanessa Paradis, e il Criber e Samuele Bersani e

Il depressive black fuso col funeral doom.

Altre categorie:

attività-morte/tristezza dell’anno: l’editoria, soprattutto in Italia, soprattutto dopo l’affermarsi della categoria “prodotto culturale”

momento-mentecatto dell’anno: l’ideazione e la messa in atto (#psicanalisi) di Masterpiece

E, per un momento di benessere e serenità:

canzone dell’anno: Kathleen di Josh Ritter nella particolare versione suonata da me con una vecchia chitarra classica scordata, che il mio figlietto di sette mesi sembra amare molto <3

PS – No, scherzavo, Bersani non mi piace, Bersani è una mignottopalla come poche altre cose. L’ho sentito da Fazio poco fa. Che palle, ancora con gli antidepressivi, ancora con la psicanalisi. Per il 2014,  non chiedo che poche cose, la fine dei social, la fine de quelli che vanno dallo psicologo e poi dopo un po’ stanno meglio e allora vanno in botta di psicanalisi e vivono tutto psicanalicamente, psicanalizzando tutto, innamorandosi di se stessi. Chiedo cose da nulla, insomma. Magari un tour dei Lumbar.