Nel 1995, in occasione dell’uscita del singolo S.N.T.F. dei Diabolos Rising, ennesimo parto della mente malata di Magus Wampyr Daoloth, i degni compari della Osmose varano la sublabel Kron-H, divisione inizialmente specializzata in “experimental and techno“. E effettivamente gli esordi tengono fede al proposito, con una tripletta da far tremare i polsi: al già citato S.N.T.F. seguono Blood, Vampirism & Sadism, temibile concept-album sadomaso dei Diabolos Rising (stampato in sciccosissimo vinile giallo e accompagnato da una VHS con l’intero album “sceneggiato”), l’indescrivibile Šlágry, sigillo conclusivo dei Master’s Hammer su cui è assai probabile ritorneremo, e l’EP The Very Best of Pain dei Raism, che altri non erano che i Diabolos Rising sotto mentite spoglie dediti a un industrial metal talmente basilare e deviato che al confronto Johnny Violent diventa un fine stilnovista. Il drastico cambio di direzione e intenti avviene appena due anni più tardi, nell’aprile 1997, quando viene pubblicato il micidiale On Speed dei Rocking Dildos, fun-band del boss della Osmose, Hervè Herbault, e degli Impaled Nazarene sotto mentite spoglie: il disco è una vigorosissima mazzata sui denti di crasso, ottuso, sessista e politicamente scorretto hardcore punk tra Motorhead, Exploited, Discharge e gli stessi Impaled Nazarene dell’allora recente Latex Cult. Il disco diventa immediatamente il vero (non dichiarato) manifesto stilistico della Kron-H, che da allora e nel giro di pochi mesi licenzia una serie di album (e di gruppi) uno più lercio, ignorante e manifestamente sgradevole dell’altro: a cominciare da Fuck The World dei Driller Killer, crust punk mongoloide con una delle copertine più ributtanti di sempre (un disegnino del pianeta Terra con un’enorme vagina in mezzo), e continuando con Everyday Slaughter degli inossidabili Disfear (attivi e in forma smagliante ancora oggi), Uglier and More Disgusting dei Dellamorte (il titolo valga come recensione), Horny Hit Parade, secondo e – finora – ultimo atto dei Rocking Dildos, e The Downhill Blues dei Loudpipes. Noti più che altro per avere in formazione il batterista di Unanimated e Face Down, Peter Stjärnvind, i Loudpipes potevano vantare all’attivo il solo mini Drunk Forever (come dire: nomen omen…!) del 1994, ristampa dell’omonimo demotape, oltre a un secondo demo del ’95 che però non è mai stato pubblicato (bisogna credergli sulla parola). The Downhill Blues è un assalto ininterrotto tra crust, hardcore, punk e speed metal da far spettinare anche il più lurido, alcolizzato e impresentabile degli squatter, un disco che avrebbe restituito il sorriso a Steve Ignorant come a ‘Cal’ Morris piuttosto che GG Allin (ma senza le delizie da grand gourmet dei coprofagi); mezzora scarsa di sangue sudore e vomito da abuso di superalcolici, musica di cuore che parla alla gente con un cuore. Di lì a poco Stjärnvind entrerà a far parte degli Entombed, e dei Loudpipes non si saprà più nulla. Bellissimo quanto misconosciuto, The Downhill Blues è solo una delle perle dimenticate della Kron-h, che tempo un altro paio di uscite (Violence Is a Girl’s Best Friend dei caramellosi punkettini The Unkinds, certo l’uscita più accessibile dell’intero catalogo, e i follow-up di Raism, Driller Killer e Dellamorte) e cesserà definitivamente le pubblicazioni (anche se il marchio ufficialmente esiste ancora). Erano gli anni d’oro della Osmose, un’altra epoca. Ma parte di questo tesoro non è andato perso: voi procuratevi illegalmente The Downhill Blues, e dopo il 14 agosto seguite questo link: potrete ordinare il cd direttamente all’etichetta al costo di un euro e mezzo.