Uno dei modi più efficaci di comprendere la musica pesa degli ultimi anni è di ripercorrere la carriera dei canadesi Cancer Bats. Il problema è che non ha moltissimo senso farlo perché i Cancer Bats sono un gruppo noiosissimo. Cioè i dischi per due o tre pezzi tengono pure botta, sono roba diciamo così cattiva, ma non rimangono in testa e non hanno quel che si dice una personalità debordante, con tutto che qualcuno ne parla come del più grandioso gruppo live che possa capitare di vedere di questi tempi. E questa è abbastanza una parabola, intendo: non è così necessario spingersi oltre e cercare di diventare i Pantera (o almeno i Turmoil) della propria epoca. A maggior ragione se quello che cerchi di diventare è musicalmente (grossomodo) identico a te. Così i Cancer Bats sono una specie di enciclopedia della musica estrema che dovrebbe piacermi e invece no, cioè questo non-meglio-precisato incrocio tra Soilent Green e cloni dei Discharge a caso, del quale non si può dire male perché vuoi sputare sopra a qualcuno che mena. Le solite paturnie del vecchietto che ai suoi tempi la musica era migliore: fossero usciti su qualche etichetta metal di seconda levatura verso il ’97 li avrebbero tutti tacciati di scarsa personalità e relegati ad un angolino sperduto della mente completamente precluso ai posteri (il fatto che questa cosa continui a succedere 15 anni dopo con la musica sostanzialmente identica e con i gruppi un po’ più in primo piano non depone molto a favore del metal, diciamo così).
La domanda naturalmente è: visto che tutto sommato è la stessa storia di gruppo qualunque e già al primo giro era così poco interessante, insomma, a che pro tirar fuori un pezzo sui Cancer Bats? Buona domanda. Comunque nel 2011 il gruppo si è imbarcato in una delle imprese più brutalmente dannose della storia, vale a dire un tour in cui giravano sotto il nome Bat Sabbath con una scaletta di sole cover del gruppo di Tony Iommi. Ancora una volta: a che pro? Ancora una volta: buona domanda. Sull’onda di quella entusiasmante esperienza oggi esce un EP di cover che mima la copertina del terzo disco dei Sabbath e snocciola versioni che avremmo a malapena accettato da un gruppo di amici nostri in terza liceo, giusto un pelo più prodotte. Avremmo simpaticamente stroncato il gruppo concedendogli il silenzio e l’ignore che merita (la cosiddetta manovra Polaroid), ma ci dà tutto il diritto di piazzare l’ennesimo mattone sulle cover: quali sono le vostre cover preferite dei Sabbath? Bella domanda, ancora una volta. Ancora una volta, delle vostre preferite in realtà non mi frega assolutamente un cazzo. Eccovi quindi le OTTO cover dei Black Sabbath più belle di sempre secondo il sottoscritto, includendo solo quelle che mi vengono in mente in questo momento.
THE REPLACEMENTS – IRON MAN
Indiscutibilmente la più bella cover di sempre, a dispetto di quello che potrei aver scritto di qualsiasi altra cover. La trovate spulciando la sezione bootleg del vostro client per scaricare musica illegale preferito: i Mats si presentano al CBGB’s ubriachi fradici e suonano un set di cover tra cui appunto Iron Man: il riffone di Iommi più o meno uguale all’originale e via di armonica a bocca e urla sguaiate senza senso. Tra i pezzi più malati (spiace usare questo termine ma è quello esatto: malati, cancerosi, infetti) della storia della musica.
PANTERA – ELECTRIC FUNERAL
I Pantera sono tendenzialmente l’unico gruppo metal che può permettersi una cover dei Sabbath senza svaccarla: hanno diverse versione tutte bellissime, menzione speciale per la Planet Caravan in coda a Far Beyond Driven, ma il colpo di genio è una versione calligrafica di Electric Funeral uscita nel secondo volume di Nativity in Black. Nativity in Black è il cover album dei Sabbath per antonomasia: l’intellighenzia dell’heavy metal di metà anni novanta (primo volume) e dei primissimi anni duemila (secondo) si impegna in versioni creative di pezzi del gruppo. Naturalmente nella maggior parte dei casi si tratta di vere e proprie atrocità, dovute anche al bisogno di includere gruppi crossover a bizzeffe sull’onda dell’Ozzfest. Nondimeno, la versione dei Pantera sceglie la fedeltà assoluta e mette Phil Anselmo a duellare (e se non fosse una bestemmia mi verrebbe da dire stravincere) con Ozzy Osbourne in casa di quest’ultimo. Che poi la più grande cover band dei Sabbath mai esistita sono i Down, quindi insomma.
TODAY IS THE DAY – SABBATH BLOODY SABBATH
Piazzata a tradimento in fondo a Temple of the Morning Star ed assolutamente in tono con il resto del programma del disco. Vi ricordate quando Steve Austin era un figo?
BRUTAL TRUTH – CORNUCOPIA
CONVERGE – SNOWBLIND
Roviniamoci: il miglior cover album dei Black Sabbath è uno split Brutal Truth – Converge uscito su HydraHead nei primissimi anni duemila –non ho voglia di controllare. Svetta la versione di Cornucopia dei Brutal Truth, ovviamente, inclusa anche nel live di addio Goodbye Cruel World.
PEARL JAM – IRON MAN
Scherzo. Però nel live a Seattle che conclude il tour di Binaural, qualche mese dopo il disastro di Roskilde, Eddie Vedder sale da solo sul palco per un bis e suona (scazzando, tra l’altro) il riff di Iron Man. Momenti di musica assoluta.
KYUSS – INTO THE VOID
Già che li citavano tutti come influenza principale, i Kyuss fanno uscire una cover di Into the Void quando già come gruppo non esistono più (il finto split Kyuss/Queens of the Stone Age uscito su Man’s Ruin quando Josh Homme ancora non aveva capito bene cosa volesse fare da grande), e fissano un nuovo livello di eccellenza e personalità nell’affrontare la materia. Quanto sono noioso quando non ho niente da dire.
WILLIAM SHATNER – IRON MAN
Non avrei mai cagato il suo Seeking Major Tom se non fosse per la recensione apparsa qui, ma è comunque uno dei flussi di coscienza più brutalmente gratuiti ed insensati della storia del rock. La cover di Iron Man è puro Trucebaldazzi antelitteram: base identica all’originale e l’Uomo a berciare in primo piano. Roba che i Fuckemos ci fanno la figura dei Pink Floyd.