RIFONDAZIONE INDIE ROCK

E insomma capita che il significato della parola indie ormai sia vacante. Siamo passati in mezzo a un lustro di fraintendimenti e situazioni ambigue, abbiamo continuato a fare come se niente fosse, a un certo punto qualcuno ha detto “sì però ai miei tempi non si usava” e siamo passati oltre, insomma. In qualche modo va fatto. Nel frattempo nel mondo fuori è successo che i gruppi portabandiera di quello che una volta non si sapeva come chiamare e quindi tanto valeva chiamarlo indie, insomma, loro stanno bollendo uno dietro l’altro e la gente guarda tutto con sospetto e senza partecipazione, le sensazioni pop dell’ultimo minuto nascono con l’odio del pubblico già stagionato e tutto è diventato hipster, scenester, ovviamente post, e adesso magari è un po’ maximal e un po’ no. Tutto quello che c’era fino a qualche anno fa, quelle robe stile i pezzettini tirati con la cassa dritta dei Modest Mouse e il dj anoressico con la maglietta a righe orizzontali che limona con la tipa che ti piace mentre la suona, sembra roba che andava durante la guerra fredda. O forse no, ma visto che la parola indie ormai fa schifo a tutti e non la usa più nessuno tanto vale che ce la riprendiamo e ricominciamo ad usarla per descrivere la musica che ci piace senza la paranoia d’esser fraintesi.

Venerdì sera il Bronson di Ravenna ha messo insieme una serata di indie rock normale. Abbiamo dato una mano anche noialtri. L’abbiamo chiamata RIFONDAZIONE INDIE ROCK. C’è solo gente che ci piace:

Raein

Gazebo Penguins

Distanti

A scelta nell’ordine. Poi se qualcuno rimane mettiamo su anche qualche disco, tutta roba che rompe il culo.

Adesso vedrai che tira fuori il Mamba (un pezzo sui Distanti che parla di quanto cazzo son vecchio)

Tra me e i Distanti c’è qualcosa (credo) come dieci anni di differenza. Quando avevo l’età dei Distanti il mondo e la musica erano abbastanza simili a quelli che ci sono oggi, ma gli occhi per leggere l’uno e l’altra erano molto diversi. Almeno credo, insomma. Quando avevo l’età dei Distanti, i gruppi non si riunivano su base settimanale. C’era la reunion del partito comunista (performing La svolta di Salerno in its entirety), questo sì, ma i gruppi si dividevano più o meno tra vivi e non. Leggevi una rivista di musica, tendenzialmente al posto di webzine e blog, e non t’incazzavi poi molto se in ogni pezzo su un disco con la chitarra alta c’era scritto urgenza o vetriolo o generazionale, e non t’incazzavi nemmeno se leggevi Sonic Youth o My Bloody Valentine tutte le volte che il chitarrista usava una distorsione. Qualche volta si leggeva ancora nuovi Nirvana, qualche volta lo si scriveva pure, anche se NOI eravamo già avanti o convinti di esserlo, o forse no, non ho davvero un’opinione su questa cosa ma forse un po’ sì e forse questa opinione mi definisce come persona e mi squalifica come critico, se uno vuole usare questa parola, ecco.

Voglio dire, credo di aver capito i Distanti. Non sono il loro più grande fan, tutt’altro. Di tutto il gruppo di band del quale volenti o nolenti (noi o loro) si trovano dentro, intendo i vari Gazebo Penguins, FBYC, forlivesi assortiti, DoNas o L’Amo o Verme o Dummo o Riviera e tutti gli altri, sono quelli che mi piacciono meno. è che io e i Distanti abbiamo ascoltato probabilmente gli stessi dischi ma in diversi periodi, e quindi in un modo diverso e con orecchie che non s’assomigliano neanche un po’ e che quanto più si voglion somigliare tanto più è difficile, insomma. Per me c’era stato un periodo in cui certe cose sembravano nuove, eccitanti e fatte da persone che suonavano quella roba lì perchè avevano ascoltato tutto sommato poche cose e avevano deciso che era comunque il caso di dare una loro versione e insomma, era sempre tutto più o meno inedito e giovane e qualcuno aveva l’urgenza il vetriolo e la generazione, e qualcun altro aveva sonic youth o mbv e tutto il resto insomma. I Distanti li hanno tutti e due perchè in qualche modo gli tocca, partono da un mondo del quale hanno un’opinione precisa e documentata e abbastanza strumenti per decodificarlo (o strumenti diversi, poco conta insomma, mi sembrano più lucidi di quanto lo ero io alla loro età) e tutto quello che possono fare è lavorare di sottrazione e aggiungere qualche elemento vintage tipo fare un disco con le CANZONI e poi boh, vedere un po’ cosa succede. Il disco lungo precedente è stato preso come una cosa che forse non era, a metà tra il punk rock dei nostri tempi e il ritorno dell’emo quello sai no, quello prima che ci facessero l’esproprio della parola emo eccetera. O forse era proprio quello, ma alla luce di un nuovo mini uscito tipo OGGI per To Lose La Track, che ormai è l’unica etichetta rimasta, sembrava semplicemente il primo passo per diventare quello che i Distanti giustamente meritano di diventare. Vale a dire qualcosa i Marlene Kuntz di chi ha gli anni che avevo io quando ascoltavo i Marlene Kuntz. Rock, sicuramente, non punk. Italiano, molto italiano. Molto cosciente di quello che è. Forse persino con quella specie di puzza sotto il naso che avevano loro. E certo, io i Marlene li ho sempre -sostanzialmente- cagati poco, ma sempre meglio i Marlene che tutti gli altri. E i Distanti sono già meglio di quanto i Marlene sono mai stati. Lo streaming:

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(a Forlì con i Crash of Rhinos ci son loro)