L’agendina dei concerti Bologna e dintorni – 17-23 settembre 2012

mercoledì l’appuntamento con la Storia.

 

Morrissey voleva impiccare il dj perché i pezzi che metteva su non gli dicevano niente a proposito della sua vita; ma Morrissey non conosceva Tesco Vee, il più molesto sgradevole urticante pezzo di merda sulla faccia della Terra, instancabile provocatore e generatore di travasi di bile da far sembrare Seth Putnam uno scolaretto, GG Allin un raffinato gentleman e il Gaber di Io se fossi Dio un chierichetto che si è appena cagato addosso. I Meatmen erano il gruppo che faceva arrossire gli scaricatori di porto e incazzare anche il più dissociato dei punk con la cresta, e lo sono ancora. Imperdibili mercoledì 19 all’Atlantide se avete anche solo un lontano interesse per la musica (Qui il flyer). Giovedì Enrico Der Maurer Gabrielli al festival Ipercorpo a Forlì (Qui il programma), oppure Carla Bozulich al Neon Caffé a Rimini (dalle 21, ingresso gratuito); venerdì a spinellare con gli OM al Boulevard di Misano Adriatico (dalle 21, ingresso quindici euro), oppure prima giornata del September to Dismember (cinque euro), che prosegue sabato con un cartellone da paura: Agathocles, Extreme Noise Terror e i marcissimi Black Temple Below i concerti da non perdere per nessuna ragione. Promesse da mantenere: la vostra rubrica preferita è di nuovo sul pezzo. Insulti, pacchi-bomba, minacce di morte eccetera al solito indirizzo: lagendinadeiconcerti(at)gmail(dot)com




Nessuno tocchi Trucebaldazzi

 

youtube party? ma vaff...

 

Asylums with doors open wide
Where people could pay to see inside
For entertainment they watch his body twist
Behind his eyes he says ”I still exist”

This is the way, step inside.
This is the way, step inside.
This is the way, step inside.
This is the way, step inside.
(Joy Division, Atrocity exhibition)

 
e insomma sabato in città ci sarà questo fantomatico “youtube party”, che vanta come attrattive principali l’ultimo live di Spitty Cash (…) e la presenza di Trucebaldazzi in veste di “ospite speciale”. Nessun’altra informazione al riguardo a parte il prezzo dell’ingresso, già decisamente molesto e irridente di suo (4.99 euro), l’evento (…) è stato pubblicizzato con una serie di video “virali” tra cui spicca l’ormai famosa/infame intervista a Trucebaldazzi. Sorprendentemente, un’ondata di sano sdegno si è immediatamente levata verso tale improbabile “party” che in realtà assume sempre più i contorni di un freak show in piena regola (all’ultimo minuto hanno annunciato pure la partecipazione di Beppe Maniglia): il video è stato sommerso di commenti il cui tono generale potrebbe venire facilmente riassunto in “vergognatevi, merde” al punto da obbligare gli organizzatori dapprima a fornire una sorta di disclaimer traballante e posticcio come fondamenta di cartapesta messe assieme con lo sputo – questa è una serata YOUTUBE. Ciò significa che a partecipare ci saranno i protagonisti di youtube (cioè chi ha più cliccaggi ) – poi a battere frettolosamente in ritirata (il berlusconesco messaggio che segue è di poche ore fa: Ora per colpa di qualcuno lo staff non si assumerà più la briga di leggere i commenti dal canale perchè si leggono troppe stronzate.
Verranno lasciati tutti i commenti, ma non verranno nemmeno letti dallo staff..fate di sto canale quello che vi pare insomma). Resta il fatto che la serata ci sarà (come è giusto che sia: se c’è stato qualche testa di cazzo che l’ha messa in piedi ed esistono teste di cazzo pronte ad andarci, pensare a una qualsiasi forma di censura preventiva è da teste di cazzo al quadrato a prescindere) e rischia pure di diventare il nuovo mai più senza però perverso dei prossimi mesi. Il problema non è certo Beppe Maniglia nè tantomeno quel mentecatto di Spitty Cash (che è da anni che scassa il cazzo con la storia del “concerto d’addio” che poi, ohimè, non è mai tale); il problema è come lo fai e Perché pensi sia giusto farlo, e spiace dirlo ma in mano a questi animali è assai difficile che la cosa si risolva in altro che non sia schiaffare Trucebaldazzi in mezzo alla bolgia in balia di stronzi di ogni genere. Era già successo che il King venisse biecamente sfruttato da mostri senza scrupoli a mo’ di specchietto per allodole per curiosi e/o sadici in incognito, e gli esiti manco a dirlo sono stati disastrosi; in una cornice come può essere un party dedicato ai protagonisti di youtube (ovvero gli autori dei video più cliccati, ovvero dissociati borderline e fenomeni da baraccone tipo Gemma del Sud o Giuseppe Simone), gli effetti possono diventare perfino devastanti. Inserito in questo contesto Trucebaldazzi diventa poco meno dello zimbello scemo da massacrare di umiliazioni e insulti da parte della stessa risma di gente che si eccitava con l’uomo elefante nei circhi, toccandogli le verruche; che ride e gode guardando i down sbrodoloni da Maria de Filippi; che, in altri tempi, si fermava davanti alla scimmietta ballerina che chiedeva l’elemosina. Che bello se di una serata come questa nessuno, mai, avesse sentito l’esigenza.

SWANS @ Locomotiv (Bologna, 4/12/2010)

 
Non si pretenda mai, da nessun essere umano, di garantire alcunchè: dopo tredici anni Micheal Gira resuscita Swans.”
(Paolo Bertoni)

THIS IS NOT A REUNION. It’s not some dumb-ass nostalgia act. It is not repeating the past. After 5 Angels Of Light albums, I needed a way to move FORWARD, in a new direction, and it just so happens that revivifying the idea of Swans is allowing me to do that.”
(Michael Gira fornisce la sua giustificazione non richiesta)

Decoroso.”
(Reje, a proposito di My Father Will Guide Me ecc. ecc. ecc.)

 

In effetti non si può dire altrimenti del ritorno di Michael Gira alla ragione sociale Swans: il disco è un buon disco che si inserisce agevolmente nel percorso tracciato dal draconiano Gira nei lustri successivi allo split con Jarboe, unico cambio di rotta il ripristino di chitarre acuminate e bordate massimaliste al posto della chitarrina e delle orchestrazioni, comunque il mood alla base resta il medesimo; un disco che hai già metabolizzato al primo ascolto, calligrafico ma (miracolosamente) non opportunistico, blandamente oppressivo e vagamente ispirato, addirittura rassicurante nella sua prevedibile funzionalità da classico minore. Dal vivo è un’altra storia. Dal vivo non è cambiato niente, dici Swans ed è di nuovo ridefinizione radicale di concetti come sopraffazione, prevaricazione e umiliazione applicati alla musica. Brani dilatati sformati trasfigurati che diventano veri e propri strumenti di tortura adoperati scientemente per brutalizzare gli spettatori, sfinirli, prostrarli, annichilirli fino alla sottomissione totale e alla resa incondizionata; evidentemente con gli Angels of Light e i solo show il pubblico non soffriva abbastanza (in effetti ricordo un concerto del ’99, era il tour di New Mother, decisamente tranquillo e perfino piacevole; poi non l’ho più visto live fino ad oggi). Ecco quindi che con i nuovi Swans Michael Gira torna a essere quel che è sempre stato e a fare quel che ha sempre fatto: un sadico sensibile che trae forza vitale dal disagio del suo uditorio, un vampiro emozionale che si nutre esclusivamente di vibrazioni negative, inculcando come un cancro maligno nella mente e nel corpo di chiunque gli stia intorno il suo malessere personale (che poi è il malessere di per sé stesso, la cosmica malvagità dell’universo o come lo vogliate chiamare)  allo stesso modo in cui si marchiano i vitelli, violentemente, irreversibilmente e senza troppe cerimonie.
In questo Gira trova nel Locomotiv il locale ideale per veicolare il suo transfert malsano. Nella bella intervista pubblicata su Blow Up di dicembre aveva dichiarato: Ho scelto in diverse occasioni di spegnere i condizionatori del locale in modo che l’aria sia asfissiante e parte del pubblico per questo sembri al limite dell’essere presa dal panico. Mi piace l’idea che si crei un’atmosfera che sia simile al trovarsi in una delle capanne sudatorie che erano in uso nelle comunità indiane. Detto, fatto: il Locomotiv post-insonorizzazione è a tutti gli effetti un forno crematorio legalizzato, un budello ermeticamente sigillato dove non tira un filo d’aria e il tasso di umidità è superiore alla media pomeridiana di Singapore nel pieno della stagione delle piogge. Risultato: i vestiti zuppi, il fiato cortissimo e l’aria irrespirabile già al secondo pezzo dell’artista di spalla, un cinghialesco James Blackshaw davvero emozionante e comunicativo quanto tristemente fuori contesto – almeno a giudicare dalle reazioni del berciante e molestissimo pubblico, disattento e infastidito come non mai. Per movimentare ulteriormente la situazione, tutti i fari rimarranno costantemente accesi e puntati sul pubblico per l’intera durata dell’esibizione (è per questo che non trovate foto a corredo dell’articolo), aumentando in maniera considerevole la temperatura interna del locale, già insensata di per sé; sono a quanto pare le condizioni climatiche necessarie per un live degli Swans versione 2010. Un lungo drone montante precede l’ingresso in scena dei musicisti, per primo il segaligno Phil Puleo (batteria e xilofono), poi il pelosissimo Thor Harris (neanderthaliano percussionista già negli Angels of Light), quindi il rotondo Chris Pravdica (basso, da subito intento a rinforzare il drone previa massicce iniezioni di ulteriore feedback spaccabudella), l’elegante Christoph Hahn (slide guitar, peraltro molto meno incartapecorito di quanto mostra l’ingannevole ritratto nel booklet del disco), l’allampanato Norman ‘Pertica’ Westberg (chitarra, occhi pallati e tatuaggi orribili) e, da ultimo, il bucolico Michael Gira, camicia da mandriano e portamento solenne da sacerdote pazzo. Parte una gragnuola di riff sopra il drone di cui sopra, che si allunga e cresce e tira e manda in paranoia i centri neuronali; Gira è impossessato, misura il palco con passo febbrile, incassa la testa tra le spalle e scalcia l’aria come un cowboy deforme, è uno spettacolo ipnotico e perturbante al tempo stesso, è l’essenza stessa del dolore. Il suono cresce e si espande come miele caldo misto ad acido corrosivo, la gabbia toracica si squaglia come in un quadro di Francis Bacon, le tempie pulsano come prossime all’esplosione, i vestiti che indossiamo aderiscono al corpo come una seconda pelle. Perdo la cognizione del tempo, di colpo riacquisto un barlume di lucidità quando mi rendo conto con orrore che mi viene da vomitare e da cagarmi addosso simultaneamente, guardo l’orologio e scopro che è passata un’ora; porto alla bocca la bottiglia d’acqua che tenevo in borsa, il liquido è caldo come piscio rimasto a macerare al sole. I Crawled (per l’appunto), e Christoph Hahn a momenti si soffoca da solo per un sorso di cocacola ingurgitato male; sembra che il mondo intero stia sudando peggio che in una fonderia a ferragosto, Gira a petto nudo ci scruta come fossimo tanti piccoli scarafaggi indegni anche di finire schiacciati. Il bis arriva come la liberazione dopo un mese in cella di isolamento, la morsa si allenta, è come iniziare a riemergere dalle profondità degli abissi; in due ore e un quarto hanno suonato nove pezzi. Ho bisogno di ossigeno più di ogni altra cosa al mondo e potrei srotolare un delirio su quanto si esca mondati di parte della merda che abbiamo dentro dopo un’esperienza del genere ma sono troppo provato e debilitato e profondamente esausto e a questo punto mi accorgo che non ho più nemmeno le parole per dirne.
Scaletta:
1. No Words/No Thoughts
2. Your Property
3. Sex, God, Sex
4. Jim
5. ??? (questa non sono riuscito a identificarla)
6. I Crawled
7. ??? (anche questa buio totale, se ne sapete qualcosa fatevi vivi)
8. Eden Prison
9. Little Mouth (bis)

 

 

N.B.: non ricordo da dove ho preso la foto più sopra. Tempo fa ho fatto una ricerca su google immagini inserendo come chiave “michael gira”, ho trovato quella, mi è piaciuta e l’ho salvata ma non ricordo nient’altro. Forse stava sul flickr di qualcuno. In ogni caso, chi volesse reclamarne la proprietà è più che benvenuto.

R.I.P.

La ‘speranza’ di cui parlate è una trappola, è una brutta parola, non si deve usare. La speranza è una trappola inventata dai padroni. La speranza è quella di quelli che ti dicono che Dio… ‘state buoni, state zitti, pregate, che avrete il vostro riscatto, la vostra ricompensa nell’aldilà, perciò adesso state buoni, ci sarà l’aldilà’. Così dice quello: ‘state buoni, tornate a casa. Sì, siete dei precari, ma tanto tra due o tre mesi vi ri-assumiamo ancora, vi daremo il posto, eccetera; sì, sì, state buoni’, vanno a casa e stanno tutti buoni. ‘Abbiate speranza’: MAI avere la speranza. La speranza è una trappola. È una cosa infame, inventata da chi comanda.
(Mario Monicelli, marzo 2010)

 

Nel giro di appena 24 ore dalla notizia della morte di Leslie Nielsen (e ad ancora meno da quella di Irvin Kershner) apprendiamo che Mario Monicelli si è ucciso lanciandosi dal quinto piano dell’ospedale San Giovanni di Roma. Aveva 95 anni e credevamo che ci avrebbe seppellito a tutti quanti.

DISCONE: The Third Eye Foundation – The Dark (Ici d’Ailleurs)

 
Continuo a non capire come mai Matt Elliott abbia voluto rispolverare l’antica ragione sociale Third Eye Foundation, dal momento che poco o nulla è cambiato rispetto alla più recente fase nel segno delle ‘Songs‘: la materia sonora di The Dark è infatti praticamente la stessa di prima, strati su strati di dolentissime note di chitarra piano violini tzigani il tutto poi riprocessato elettronicamente e mandato in loop sopra un coro di “oooh oooh” fantasmatici da qualche parte lontano nella nebbia, giusto con qualche spippolamento in più di manopole sul campionatore (ad opera dell’amico Manyfingers e di un tizio francese che si fa chiamare “Cappellaio Matto“). L’unica vera differenza è che questa volta non ci sono più i testi, sostituiti da lamenti senza parole che racchiudono in sè tutta la rabbia e l’impotenza e la frustrazione e la disperazione del mondo; ma il mood da guerra armata, da resistenza silenziosa, da ingiustizie incassate e soprusi mandati giù con la sola forza della speranza in un riscatto che tarda a manifestarsi, quel mood è lo stesso di sempre. Ogni suono, ogni movimento, ogni passaggio di un album letteralmente commovente per ispirazione e rigore non è altro che la resa in musica del furore dei vinti, dello sdegno dei milioni di umiliati ogni giorno dai maiali che ci circondano. Fin troppo emblematici in questo senso i titoli: Anhedonia (termine psichiatrico che descrive l’incapacità del paziente a provare piacere), Pareidolia (da wikipedia, la tendenza istintiva e automatica a trovare forme familiari in immagini disordinate; questo è il secondo risultato che compare digitando “pareidolia” su Google Immagini), fino alla conclusiva If You Treat Us All Like Terrorists We Will Become Terrorists, che se ci pensate bene è l’esatta condizione in cui viviamo attualmente. The Dark è probabilmente il disco “politico” tout-court del decennio, secondo solo a Omega di Robert Hood, pilastro assoluto di radicalità e visceralità morale pressochè impossibile da eguagliare; emblematico che in entrambi i dischi non venga pronunciata una sola parola.