Neill Blomkamp, l’onesto

un uomo può sognare...
un uomo può sognare…

Il cinema di fantascienza migliore non è necessariamente quello distopico, cupo, senza speranza di cui spesso i grandi appassionati lamentano la mancanza. No, il cinema di fantascienza migliore è quello delle idee. Spesso sono intuzioni semplici, adattabili ai nostri modi di vita, a determinate urgenze che vengono elaborate in qualcosa che ti fa (di)sperare di poter vedere un giorno quella determinata tecnologia o evoluzione sociale. Insomma, quello che intendo è che nel primo episodio di Futurama, Fry è un fattorino frustrato che per sbaglio (poi in realtà non è per sbaglio, Futurama c’ha una trama che Lost si caca nelle brache) finisce in un futuro remoto e dopo aver inquadrato i punti salienti di questo nuovo mondo senza limiti, diventa, ben contento, un fattorino spaziale. Questa è fantascienza delle migliori, anche se purtroppo la fantascienza morì nel 2005, The Island, Michael Bay.

Elysium invece è il corrispettivo sci-fi del PD: popolato da facce quasi tutte scarsamente carismatiche, snocciola un plot finto-progressista/ultra-conservatore (i proletari buoni che vivono sulla Terra sognano di arrivare lassù, sulla stazione orbitante-paradiso dove tutti sono ricchi e felici e malvagi a vari livelli), fa litigare un po’ la sua anima spettacolare con quella umanistica e alla fine della fiera propone l’ObamaCare per tutti. Non è che ce l’ho con Neill Blomkamp, intendiamoci. E’ un perfettamente comprensibile abbaglio dei nostri tempi e District 9 era un film con delle idee più buone di Elysium, ma non certo il miracolo che può redimerci da The Island. Neill conosce la materia, i film fondamentali, che cosa omaggiare e che cosa evitare e ci aggiunge un po’ di cuore, modello Cuaron, e un po’ di azione riciclata ed efficace. Va a finire che Elysium, come il PD, è un decente prodotto per famiglie tanto che sui titoli di coda hai capito perfettamente buoni e cattivi, giusto e sbagliato, ma, ecco, non è che sai bene cosa farci.

Il lato maturo è dato da un po’ di trucezze sparse tra una poesia da ordinaria amministrazione, una specie di “best of” delle idee poetiche da farci un flashback che si può adattare solo a caratteri terribilmente standard. Più che una distopia possibile, quella di Elysium sembra una fiaba pensata per accontentare un po’ tutti. Come spesso accade (Io sono Leggenda, Io, Robot, Cargo e in misura minore Prometheus), il difetto maggiore sta in quanto è derivativo e poco ispirato lo sviluppo del soggetto: perchè puoi anche fare un remake (e quindi riproporre una storia vista mille volte), ma è come tratti le figure di contorno, come curi e leghi tra di loro i dettagli, su quali temi ti focalizzi che vanno a decretare la necessità o meno di un’opera di questo genere. Il motivo, ad esempio, per cui La cosa di John Carpenter è superiore all’originale di Hawks-Nyby. Alla fine della proiezione di Elysium, quello della poltrona dietro la vostra dichiarerà sicuramente all’amico a fianco che “bè era onesto, dai!”. Fateci caso.

A Venezia qualche giorno fa hanno proiettato la versione restaurata di Sorcerer, “la miglior versione possibile” a detta di Billy Friedkin su Facebook. Sorcerer, che in italiano è diventato Il salario della paura, è sempre stato un capolavoro, ma tra i film migliori di Friedkin è quello il cui nome viene pronunciato più sottovoce, non si sa perchè. Forse perchè Vite vendute che l’ha ispirato è un altro capolavoro, forse perchè nel film ci sono dei grossi camion che trasportano dinamite e 4 ceffi devono guidarli con cautela per non farla esplodere. Cioè la trama più bella del mondo. Sorcerer non è un film di fantascienza, ma è un film di genere, è una metafora ed è colmo di idee, tecniche, visive, concettuali. In un lungo prologo caratterizza 4 personaggi, altrettante culture e un’intera epoca con pennellate che più decise e azzeccate non si può (un omicidio, un attentato, una rapina, una caduta dall’Olimpo), poi in un quarto d’ora ti fa capire dove andrà a parare e la restante ora di film stai aggrappato alla poltrona. Finisce la proiezione e Friedkin sta piangendo, un po’ perchè i giganteschi attori protagonisti sono morti quasi tutti, un po’ perchè, dai, la platea veneziana non vedrà niente di meglio e lo sa e gli dispiace. Il giudizio un po’ sbrigativo che vola in sala tra quelli che l’hanno rivisto è che “questo era davvero un cinema onesto”, che è l’aggettivo giusto, ma, sarò presuntuoso, non credo che venga adoperato pensando davvero a tutte le sue accezioni (quando non con punte sottilmente negative). E Sorcerer si merita di sviluppare cosa significa “il cinema onesto”:

-è un cinema che sa essere quello che il suo genere e il suo soggetto richiedono

-è un cinema che approfondisce il necessario, e non un grammo di più, per non perdere il filo

-è un cinema che ti accompagna, ma non ti indottrina

-è un cinema che non ti ricatta

Posto che, dopo District 9, credo nella buona fede del regista sudafricano e nelle ingerenze delle super produzioni, Elysium s’incarta un po’ su tutti e quattro i punti e Neill Blomkamp ha l’entusiasmo del fan, la sapienza del nerd, ma di sicuro non è ancora un fattorino spaziale.