I recuperi fondamentali: “Silent Hill Revelation 3D” di un tizio.

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Non mi ricordo se il titolo era “Silent Hill Revelation 3D” o “Silent Hill: Revelation 3D”. Non mi farete mica cercare su google? C’era una volta il primo film di silent hill che la gente se l’è pure andato a vedere, anche se era un fanservice, mica un film di per sé. Oh, intendiamoci: io conosco bene la saga di silent hill e sono uno di quei fan che s’è fatto fare il servizietto in sala. Ho amato silent hill videogioco perchè c’era Akira Yamaoka che mentre giocavi batteva tubi di ferro su altri tubi di ferro (DZOOONNNNN, DZOOOOONNNN) o strimpellava fili in acciaio per la pesca delle balene (ZZZZIIIIIN, ZZZZZZIIIINNNNNNN) ed è stato illuminante per tutti quelli che, come me, aspiravano a lavorare in fonderia e ancora non lo sapevano.

“mamma, papà: un giorno lavorerò in fonderia.”

“sei un cretino.”

Ma qual è lo scopo di parlare di un film che è ovviamente una merda e non meriterebbe manco un graffito sulla caverna più nascosta nel buco del culo del mondo? E’ la questione del filmfanservice. Silent hill revelation 3D è un fanservice, come lo era il primo. Gli harry potter sono perlopiù fanservice prolissi e ipocriti nella loro dimensione “di formazione”, tanto che a conti fatti era il solo chris columbus che sapeva un pochino ciò che stava facendo. Watchmen è 90% fanservice e 10% merda riscritta, ma anche quel 90% non è che profumi. La versione di barney è un fanservice. Lo capisci perchè prende 7.2 su IMDB e dentro c’è atom egoyan che fa un cammeo. Esistono tanti tipi di fanservice, però. C’è il filone indie con le playlist e sicuramente ad un certo punto parte un elliott smith a caso o una cover acustica di qualche rocker che s’è sparato nel cervello quando altra gente ha cominciato a dedicargli covers acustiche nei concerti. C’è il fanservice onesto, quello che tu regista applichi per fare comunella con altri segaioli quanto te e non è sempre male, perchè almeno è sincero e spesso è relegato solo a qualche dettaglio o sequenza. Ma certo diventa irritante. E poi c’è il fanservice piegato a 90° con le brache calate e il lubrificante già spalmato. Il confine può essere sottile a volte, ma non è difficile identificare quest’ultima tipologia: è il film che lascia un senso d’inutilità DURANTE la visione; è il film che toglie qualsiasi scopo alla figura del regista, ma esalta tutto il resto della produzione; è il film che dura cinquanta minuti di più perchè se ti beccano che hai tagliato un dialogo fondamentale del romanzo/fumetto/videogioco (e attenzione: tutti i dialoghi sono fondamentali, eccheccazzo!)  ti tolgono due punticini su IMDB e aprono i topic “se c’avesse messo quel dialogo sarebbe stato meglio”; è il film che informa, ma non rielabora, non reinterpreta, non assimila ed integra lo spunto iniziale; è il film che umilia la scrittura; è il film che umilia il cinema; è il film che c’ha una scena (una sola) girata come l’avresti  girata tu dopo che ti sei letto quel capitolo del libro e allora per fortuna hai qualcosa di buono da dire al/la moroso/a fan sfegatato/a che sta amando tantissimo la trasposizione perfetta e così non sarai costretto a danneggiare il french kissing che avverrà di lì a poco.

“t’è piaciuto il film?”

“quella scena là della pistola e/o del sesso dolente era P-R-E-C-I-S-A a come l’avevo immaginata. P-R-E-C-I-S-A.”

SLURP, SLINGU, SLURP

A discolpa di silent hill revelation 3D c’è da dire che non ha nemmeno la scena P-R-E-C-I-S-A.

Il download illegale della settimana – Gummo OST

1998_gummo_soundtrack

 

Gummo (1997) è uno di quei film che ridefiniscono fin dalle fondamenta il concetto di “a bella posa”, tanto programmaticamente sgradevole da suscitare tenerezza: provinciali cattivi, menomati e mentalmente bacati che vanno in giro a fare cose turche, fastidiose e comunque prive del benchè minimo significato. Non c’è trama. A un certo punto spunta fuori anche qualche gatto morto (vero). Prendete ottantasette minuti e buttateli al vento: l’effetto è quello. Il regista (si fa per dire) di questa roba è l’allora poco più che ventenne Harmony Korine, skater problematico, degno sodale alla corte di Larry Clark (sue le sceneggiature di gran parte dei misfatti del vecchio pervertito), videomaker a tempo perso nonché, ehm, idolo di Asia Argento quando ancora se la faceva con Kirk Hammett (e andava in giro a spiattellarlo ai quattro venti). Che il ragazzo fosse un po’ disadattato, realmente e al di là dei ributtanti script “controversi” sfornati su richiesta per il pessimo Clark, lo si capisce dalla colonna sonora che ha imbastito per questo suo primo exploit dietro la macchina da presa. Korine è convinto, forse a ragione, che tutti i ragazzini della suburra americana siano minorati mentali e in quanto tali si sfondino di dischi metal e video degli Abruptum dalla mattina alla sera; poco male, se tanto serve a mettere insieme una delle compilation più improponibili di sempre della storia del cinema passato, presente e futuro. Brani di Sleep, Eyehategod, Spazz, Brujeria, Bethlehem, Nifelheim, Mystifier, i temibilissimi Namanax di Bill Yurkiewicz e James Plotkin (capaci di condensare in un unico album, il magistrale Audiotronic, tutto quel che i Sunn cercano affannosamente di raggiungere da che esistono), Absu, Bathory e perfino Burzum (prima, e ad oggi unica apparizione del Conte in una qualsivoglia soundtrack), oltre a un malatissimo e fastidiosissimo intro a base di voce filtrata (probabilmente di uno degli spastici protagonisti del film) che declama terrificanti frasette nonsense in una sorta di lascivo e perverso yodeling da far ghiacciare il sangue nelle vene. Va a finire che la colonna sonora è di parecchie tacche superiore al film stesso. Di più: è ancora oggi la colonna sonora più eccitante che potessimo anche solo provare a immaginare. Pubblicata in CD nel 1998 e immediatamente finita fuori catalogo (se ne trova qualche esosissima copia usata su ebay di tanto in tanto), ha come unico difetto l’omissione di brani di Brighter Death Now, Buddy Holly e Roy Orbison, oltre che di un secondo pezzo di Burzum – la ragione probabile è che già così si sforavano abbondantemente i 78 minuti (durata massima consentita dal formato). Korine dimostrerà di saperci fare con il successivo Julien Donkey Boy (1999), girato aderendo alle regole del Dogma, ancora decisamente programmatico e gratuito ma allo stesso tempo non privo di un certo spettrale magnetismo (c’è anche Werner Herzog nella parte di un dispotico padre di famiglia – l’avreste mai detto? – completamente andato di cervello), oltre che intriso di sincero dolore e partecipe senso dell’umana pietà.