true believers: MARIAH CAREY (più o meno)

fonte http://www.rnbjunk.com/

Non è proprio un post nuovo, nel momento in cui lo scrivo sono passate le cento battute che servono per arrivare qui, ma penso che insomma non andremo molto oltre e boh. La settimana scorsa ero in giro a comprare dolci dolci regali di natale* e dopo circa un’ora e mezzo avevo compilato una lista dei dieci principali motivi per cui il natale dà fastidio. La quale a sua volta era una specie di paravento per potere seppellire da qualche parte l’unico male a cui pensavo in quel momento, vale a dire Mariah Carey, incredibile ex-diva ed involontario genio del male (leggevo in giro che è tipo matta da legare) la cui esistenza ha perso senso in qualsiasi altro periodo dell’anno. Avete mai letto quella lista che girava su internet qualche anno fa? Dico la lista delle cose richieste da Mariah una volta arrivata in un qualsiasi hotel: divieto di interpellarla direttamente (pare che Mariah passi giorni e giorni in silenzio per non rovinare la voce), stanze invase di umidificatori e pupazzi di Hello Kitty, qualcuno che dica “sei bellissima oggi” a pochi minuti dal risveglio e svariate altre paturnie. Tutto questo naturalmente non entra nel clima natalizio, infestato a man bassa dalla gestione Tommy Mottola. La cosa si è ingigantita nella mia mente durante le feste fino a far coincidere l’inizio della mia deriva ateo-sostenibile da operetta e del mio odio feroce per il natale (grossomodo) con il momento in cui Mariah si impone come principale chanteuse della nascita di Cristo, che per me non ha una data vera e propria ma è come se l’avesse. Nel 1994 esce Merry Christmas. Io non ho ancora un lettore CD, anzi i CD sono ancora una specie di oggetto misterioso e futuristico che continuo ad allontanare dalla mia vista accumulando nastri da 90 come se non ci fosse un domani. Mi ritrovo nel pre-natalizio a casa di Umberto assieme a Nicola, nomi falsi, mentre Umberto sta registrando a Nicola il nastro di natale di Mariah Carey. C’è una specie di consenso trasversale su Mariah, nel senso che Umberto e Nicola hanno gusti orribili ma alcuni che avevano fatto il pullman per andare a sentire i Pink Floyd parlano di quanto Mariah abbia una voce incredibile e tutto il resto. Le darei una possibilità, ma sono entrato nel periodo più brutalmente oscurantista della mia vita di ascoltatore. Decido che non mi infastidisce sentirla a casa di qualcun altro per errore, o per radio, o in qualsiasi altro contesto. Arrivo a casa di Umberto. Ci sono progetti per il capodanno, bisogna organizzare e invece Nicola e Umberto stanno ascoltando quel cazzo di CD che sta registrando la cassetta. Finisce tutto e inizio a organizzare, ma NO cristo, mi fanno risentire una traccia che ero arrivato dopo e qui fa un acuto che ti strappa la pelle di dosso. O Holy Night. Finisce la traccia. Natale fa schifo tutt’a un tratto. Mi chiede se voglio una copia del disco che ha una cassetta in più, no grazie, esco di casa e da allora in poi il mese di dicembre è un solo grande brufolo informe sul calendario nel quale cerco di non buttare troppe paranoie alla ragazza con cui sto e di farmi coinvolgere in meno conversazioni sull’argomento. La boria è di qualche anno successivo. Mariah ha lasciato Tommy Mottola ed è diventata il principale rappresentante in terra di un pianeta tipo Marclar con i pupazzi di Hello Kitty al posto degli alieni. L’unica altra conversazione che ho su di lei (eccezion fatta per gli spoof) è con Nicola, qualche anno dopo: esce Il principe d’Egitto, il tema è cantato a due voci da Mariah e Whitney Houston (non ricordo il periodo ma credo Whitney fosse già dentro una valle di lacrime). Nicola mi dice che per comprendere la grandezza di Mariah basta sentire quanto la sua interpretazione umilia quella di Whitney in quel pezzo (il film è liberamente tratto dal Libro dell’Esodo: bestseller assoluto, persino più del Christmas Album di Mariah e dei Tool messi assieme). Finisce persino una volta su Bastonate, ma non è colpa mia. Sto allungando un po’ il brodo. Voleva essere un coso corto che menzionava il fatto che Cheeta** è morta (Wiki dice che si chiamava Cheeta, non Cita, non Cheetah, e comunque sia Cheetah Chrome che i CCM sono tra le mie principali influenze), che Hamilton Santià ha scritto un post che parte da quello sotto con simone rossi ospite e che il singolo a cui la redazione si prostra ufficialmente è THE MEGA SONG, perfetto vessillifero delle tendenze stile maximal nation e/o cattivo gusto 2011 (ringraziamo dj Pikkio per entrambi). Possibili argomenti di discussione su queste pagine future: (1) quanto fa ridere che uno dei dischi più presenti nelle playlist di fine anno alla voce avant colta/occhi aperti/scenari futuri sia stato partorito da uno degli Skaters in versione solista? (2) la musica brutta fa meno schifo se a produrla è una bella persona? Buone feste. Oppure no, stasera torniamo col tema di Aurelio Pasini.

*playlist dei regali ricevuti: agendina settimanale, borsa-toilette da viaggio fighetta, camicia fighetta, cintura fighetta, tazze da tè a buttare, calzini e magliette e mutande a buttare, cofanetto nove dvd DENTRO FABER, una cosa uscita a puntate sul Corriere, potenzialmente pericolosissima, sento che sto per finire un’altra volta dentro il tunnel emotivo del FABER. Fottuto FABER.
**drammaticamente in dubbio su quale Cheeta sia morta, non quella dei primi film di Tarzan ma forse anche sì.