L’agendina dei concerti Bologna e dintorni – 16-22 maggio 2011

ecco come si vota a Bologna

Chiunque sia in politica è un figlio di puttana.
(Alan Vega)

Tra poche ore Virginio Merola sarà il nuovo sindaco di Bologna. C’è soltanto da sperare che limiti al minimo le stronzate imparate dal suo amico sbirro, per il resto volemose bbene e annamo avanti, come sempre. Questa sera poi la scelta è addirittura doppia: badilate di cultura al Clandestino con Margareth Kammerer e Daniela Cattivelli (gratis, dalle 22.30), mentre all’Elastico planano i giocattolosi plasticosi sballoni High Wolf (dalle 20) in un tripudio di suoni fastidiosi e scentrati e sciamanismi alla Animal Collective, e il mondo acquista più stile. Martedì pare sia l’ultimo concerto nel Nuovo Lazzaretto prima del trasferimento alle Roveri, in cartellone Zomes (ovvero l’ex-Lungfish Asa Osborne, mica l’ultimo stronzo che passa per strada), Kogumaza e un’orgia di ultraviolenza tutta italo con Bologna Violenta, ZEUS!, Sumo e Double Headache. Dalle 21, occhio che volano mele dai balconi del vicinato (true story).
Mercoledì delirio ad AngelicA con il Gruppo Ocarinistico Budriese (21.30, dieci euro); a MeryXM il cantautore scrauso Caso, al Bartleby il jazz-funk strafottente di Vittorio De Angelis (entrambi gratis da orario aperitivo). Giovedì di quelli importanti: John Fanning + Salome Lego Playset + DJ Balli all’XM24 (gratis, dalle 22), ancora AngelicA con Maja Ratkje e Edoardo Marraffa/Paal Nilssen-Love (21.30, dieci euro), i redivivi Pestilence al Blogos (dalle 21.30, diciotto-venti euro) e gli incredibili Messer Chups all‘Arterìa (dalle 22, dovrebbe pure essere gratis).
E venerdì ancora; Six Organs of Admittance al Covo (dalle 22, ♂ euro), AngelicA col casinaro Lasse Marhaug e altri brutti ceffi noise (21.30, dieci euro), seconda parte (con rinforzino) del With Love Festival all’XM24 (dalle 22, tre-quattro euro), e per gli sbarazzini del dancefloor un’accoppiata da sturbo: il Sai Baba elettronico Gonjasufi e il teppista depravato Jay Haze, uniti nel segno del groove spaccacervello (dalle 23, ingresso con tessera obbligatoria).
Sabato arrivano i sardi all’Estragon nella terza edizione del Brinc@ Festival; dalle 15.30 gran scorpacciata di gruppi sardi che culminerà in serata con i terremotanti Sikitikis e il mitico Piero Marras. A seguire dj-set per tutta la notte. Quindici euro (dieci se prenoti il biglietto all’Estragon Shop entro venerdì). Ad AngelicA ci sono i norvegesi (vedi programma), al TPO nientemeno che Rakim, di spalla DJ Gruff e la connection sarda continua…
Non bastasse, domenica scatta la violenza sul prossimo (ma anche su sé stessi) al Kindergarten per l’unica data italiana dei panzer Anaal Nathrakh (più altri cinque gruppi chiassoni; diciotto euro con tessera ARCI, dalle 21). Per i più tranquilli e à la page, c’è Agnes Obel alla parrocchia di S. Ambrogio (dalle 21.30). Bella la contrapposizione.

MATTONI issue #16: MOGWAI

 
A differenza degli ultimi due dischi (che a loro tempo sono finiti a prendere polvere dopo pochi e frustranti ascolti) Hardcore Will Never Die, But You Will mi è piaciuto molto e da subito. È un disco di cuore fatto per gente con un cuore, roba sincera per stare bene soffrendo (più o meno, a seconda di quanto sia sviluppata la vostra capacità di provare emozioni), magari senza picchi stratosferici tipo May nothing but happiness come through your door o 2 rights make 1 wrong, ma anche senza un pezzo che sia meno che buono; il che è già di per sé un piccolo miracolo considerando che stiamo parlando di un gruppo al settimo album – più qualche dozzina tra singoli, EP e split quasi sempre esaltanti – che almeno fino al 2006 è riuscito a mantenere una media qualitativa elevatissima, e soltanto da allora sembrava essersi avviato verso un comunque apprezzabile auto-karaoke funzionale se non altro a (continuare a) giustificare la loro presenza sui palchi di locali e festival e in generale ovunque ci siano persone disposte a pagare per farsi triturare i timpani dalla live band più fragorosa del mondo dopo Dinosaur Jr e Manowar.
Oltre al solito gioco di rimandi condotto con il solito incomprensibile senso dell’umorismo da dissociati irrecuperabili (San Pedro, probabilmente in omaggio ai Minutemen, è il brano più corto del disco; l’ultimo pezzo si chiama You’re Lionel Richie ed è aperto da un delirante sample dove un tizio declama cose in italiano stentato), e al tutto sommato innocuo peccato veniale nell’intitolare un pezzo White noise (peraltro neppure il più ‘rumoroso’ del lotto), Hardcore Will Never Die, But You Will si segnala per la presenza, nell’edizione limitata in doppio cd o doppio vinile con download card, di una traccia di 23 minuti, Music for a forgotten future (the singing mountain), che se la memoria non falla è il brano più lungo mai inciso dai Mogwai (My father my king ne durava “solo” 20). Scritto e pensato come colonna sonora per un’installazione dal titolo “Monument for a Forgotten Future”, il pezzo (quasi del tutto privo di batteria) rivela un’inedita propensione alla grandeur da kolossal hollywoodiano con gran dispiego di violoncelli, viole e violini utilizzati come mai prima d’ora. Per i primi quattro minuti pare un loop preso a caso dalla colonna sonora di Brokeback Mountain, poi spunta un carillon tristissimo, da orfanello perso nella neve, che introduce a un nuovo gran lavoro di archi austeri – tastiere e chitarre moderatamente sferraglianti lasciate molto in sottofondo – non arrivasse a un certo punto un vibrafono sembrerebbe roba del Kronos Quartet giusto un pelo più allegra; s’insinua di nuovo la chitarra dolente in puro Mogwai style ma pacificato, duetta mestamente con il vibrafono poi lascia perdere, rientrano gli archi, una nenia funeralesca dove piange anche il cadavere. Al dodicesimo minuto un piano maestoso, pulviscoli di feedback come ruggine sgorgante dagli amplificatori, una chitarra stridente che sembra il lamento di un androide mentre ascolta Enjoy the silence dei Depeche Mode, un crescendo da colonna sonora di Danny Elfman subito azzoppato dall’incedere monco e montante di chitarre basso tastiere e finalmente qualche tocco di batteria, sembra il pezzo di Mr. Beast messo alla fine di Miami Vice ma meno epico e infinitamente più disperato, di quel momento in cui la disperazione si trasforma in rassegnazione, che è come dire il peggio del peggio. Non dura molto comunque: la musica si spegne all’improvviso lasciando spazio al gracchiare elettrostatico della radio quando si è persa la frequenza, poi tornano su gli archi, ma timidamente, sullo sfondo, una progressione ciclica che sta in mezzo tra il Philip Glass quasi totalmente neutralizzato delle colonne sonore miliardarie e ancora il Kronos Quartet dopo un’overdose di barbiturici, poi di nuovo il gracchiare della radio per un minuto, come a dire fine delle trasmissioni. Qualunque sia la vostra opinione sui Mogwai altri come loro in giro non ne trovi.