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L’ennesimo nuovo gruppo di qualche ex-Refused a caso e i buzzurrissimi Venerea giovedì all’XM24; il problema è che a guardare sui rispettivi myspace la stessa sera li danno al Forte Prenestino a Roma. Chi avrà ragione? In attesa di ulteriori delucidazioni ve la vendo esattamente come l’ho comprata.

 
 
UPDATE DELL’ULTIM’ORA: IL CONCERTO E’ CONFERMATO A BOLOGNA. Domani all’XM24 sarà definitivamente la serata degli svedesi belli.

Rozzemilia issue #5: MASSIMO VOLUME

Vittoria Burattini, Egle Sommacal, Emidio Clementi: i Massimo Volume.

 

Lei stava aspettando un autobus in via Lame, noi eravamo chiusi in cantina e lui impataccava come al solito il quartiere con la sua pubblicità fatta di fogli di carta scritti a penna: SGOMBERO CANTINE SOLAI.
(Emidio Clementi, 2001)

Io quelle pubblicità me le ricordo bene. Erano dappertutto, cartellini bianchi della grandezza di poco più di un Post-It incollati malamente alle colonne sotto i portici, ai pali dei lampioni e dei divieti di sosta, alle pensiline e alle fermate degli autobus, spesso anche ai muri: ovunque. Me ne accorgevo soprattutto la mattina quando uscivo per andare a scuola, se ce n’erano di nuovi; con gli occhi ancora gonfi di sonno, ovunque mi girassi trovavo di volta in volta ulteriori foglietti fotocopiati con su scritto a mano “SGOMBERO CANTINE-SOLAI-APPARTAMENTI”, le lettere grosse e storte rifinite passandoci sopra decine di volte con la biro o il pennarello, il tratto tremolante e incerto di un bambino particolarmente duro di comprendonio o di un anziano che ormai ha dimenticato anche come si fa a pisciare in un cesso. “ANCHE SABATO E DOMENICA”, proseguivano gli annunci, poi sotto qualche altra frase nella stessa calligrafia da semianalfabeta e un numero di telefono che non mi è mai rimasto impresso nella memoria (a differenza del resto). Per anni la città ne era invasa, poi di colpo nessuno tornò più ad attaccarli nottetempo e così come erano apparsi scomparvero senza lasciare traccia. Mi sono sempre chiesto chi ci fosse dietro a quegli annunci così sgangherati, primitivi e inquietanti come un quadro naïf; l’ho imparato per caso, una quindicina di anni più tardi, quando ho letto La notte del Pratello, romanzo che sta al facchinaggio come Post Office sta ai postini. Il grafomane attacchino compulsivo era tale Pietro Zaccardi, un vecchio avarissimo che al confronto lo Scrooge di Dickens era un espansivo filantropo,  e i facchini alle sue dipendenze erano Leo Mantovani ed Emidio Clementi. Io stavo finendo le elementari, e se ripenso oggi a quegli anni le prime cose che mi tornano in mente sono il grigio e il freddo nell’aria del mattino e le pubblicità SGOMBERO CANTINE-SOLAI-APPARTAMENTI dappertutto. (Continua a leggere)

DISCONE: Monte Cazazza – The Cynic (Blast First Petite)

 

Si apre con i sette minuti di Interrogator, livida dark-ambient limacciosa e ostile punteggiata dall’inquietante rombo dei tuoni di un temporale in lontananza, un disco che – a dare retta alle voci – sarebbe dovuto uscire poco dopo il live Power vs. Wisdom del 1996; invece sono trascorsi quasi tre lustri prima di poter ascoltare una nuova produzione di colui che rimane tra i più grandi teorici della controcultura degli ultimi quarant’anni, instancabile esploratore e archivista di più o meno tutto quanto stia ai margini (della società, del vivere civile, del “buon gusto” comune), incontrollabile performer della body art più sfrenata decenni prima che l’intera faccenda diventasse affare per sciccose riviste d’arte e gallerie à la page, nonché comprovato inventore e principale promotore del movimento (oltre che del concetto stesso) di industrial music. Non è mai stato molto prolifico sotto il profilo discografico Monte Cazazza, troppo occupato a scandagliare il marciume dell’umanità fin nelle pieghe più profonde del sapere nascosto, a nutrirsi di quanto generato dalla paranoia, dalla devianza mentale, da ogni tipo di rigurgito antisociale, fedele nei secoli alle parole di Albert Camus: “Mi rivolto, dunque sono“. Ed è una rivolta da tempo silenziosa, nascosta, poco o per nulla appariscente (in dichiarato contrasto con gli eccessi grafici e sguaiati dei primi anni), che cova odio ma non lo grida, più interessata a destabilizzare lentamente ma incessantemente, rosicchiando come ruggine il metallo le fondamenta del sistema. The Cynic è un disco pericoloso. Un disco su cui ogni vero viaggiatore mentale tornerà di frequente. Materia sonora allucinata e allucinante, l’equivalente delle visioni sconvolte e apocalittiche di un Burgess, di un Topor, del Lynch di Eraserhead e di Louis Wain quando stava particolarmente in botta. È lounge per depravati (la spettrale rilettura di A Gringo Like Me, classico minore del Morricone western che nel nuovo trattamento diventa un glaciale numero da sogno lucido di un condannato a morte, a fronte del raggiante e stentoreo grido di speranza che era), spoken poetry per necrofili e tassidermisti (Terminal, agghiacciante murder ballad costruita su un crescendo di atrocità descrittive che proiettano definitivamente nell’orrore puro), techno per psicotici sotto sedativi in un pomeriggio di pioggia (Break Number One, ovvero se le pareti di una stanza delle torture potessero emettere suoni, e l’implacabile progressione di Venom, il pezzo che sentireste risuonare in una dark room deserta nell’ora del lupo), uno sguardo deformante che restituisce una visione del mondo obliqua e maligna, inevitabilmente fuori, profondamente non riconciliata. Con due regali sul finale: What’s So Kind About Mankind, ipnotica filastrocca da mandare in pappa il cervello seduta stante, roba che al confronto i Throbbing Gristle sorridenti e biancovestiti che ripetevano fino alla nausea parole come ‘friendly’ e ‘nice’ diventano un’accolita di pluriomicidi, dieci minuti di deragliamento mentale puro lungo un arrogante stomp da night club dell’Est Europa sopra cui si snoda un tunnel di caramellosi giri di tastiera che sono un clash tra Insomnia dei Faithless però malvagia e gli incubi di un clown drogato, e Birds of Prey, ancora spoken word su un destabilizzante tappeto synthpop freddo e asettico come un pavimento in linoleum, dove si materializzano i fantasmi dei Dark Day di Exterminating Angel e di Leer&Rental di The Bridge. Produce Lustmord, mai così spietato, efficace e sul pezzo dai tempi di The Monstrous Soul. In copertina la carcassa di un animale indefinibile e nel libretto una citazione di Ambrose Bierce. Doveva uscire nel 1996, si diceva, ma tra allora e il 2010, o il 1968 o il 3020, non avrebbe fatto comunque alcuna differenza. DISCONE (per gli alienati).

L’agendina dei concerti Emilia Romagna – 20-26 settembre

MA COME SI FAAAAAAAAAAAAAAAAA!?!

Strana settimana: oggi e domani non c’è un cazzo da nessuna parte (a meno che i Phantom-X a Comacchio non vi siano piaciuti talmente tanto da voler fare il bis; nel caso, stasera al Nuovo Lazzaretto dalle 21.30, non so in prezzo), da mercoledì invece un bagno di sangue continuo con triple o quadruple sovrapposizioni da mangiarsi i gomiti comunque vada. Si parte per l’appunto da mercoledì 22: al Modo Infoshop alle 20.30 Xhol Recordings Night con Utat e Burial Hex (gratis), al Locomotiv i folli Melt Banana e il solito Bologna Violenta (dieci euro, dalle 22 a mezzanotte), mentre di nuovo a Comacchio un’overdose di brutal death e grind alla porca madonna con i leggendari Malignancy e, in ordine sparso, i macellai svizzeri Carnal Decay, i buzzurri inglesi Kastrated, i Blood of Seklusion direttamente dal mattatoio di Modena, e le glorie locali Oblivion. Il tutto a partire dalle 20.30 al Voodoo Club, prezzo dell’ingresso non pervenuto.
Ancora peggio (o meglio, se siete in possesso del dono dell’ubiquità) giovedì 23 con, a bruciapelo: Jeffrey Lewis al Clandestino (dalle 22, gratis), The Haunted + guests al Blogos (dalle 21, diciotto euro), i riesumati Zounds + PiscioSangue (complimenti per il nome ragazzi…) + Howling Machines all’Atlantide (dalle 22, l’ingresso sarà sui cinque euro soliti), e per finire un’orgia di post-black metal, post-hardcore, post-qualsiasicosa all’XM24 in compagnia dei temibili Liturgy e altri sgherri non da meno (tra cui i sempre micidiali Marnero) che potete vedere elencati nel malmostoso flyer più sotto.
Chi venerdì 24 pensava di tornare all’XM24 per spaccarsi allegramente ossa e orecchie con i Racebannon non lo faccia: il concerto, come del resto l’intero tour europeo, è stato ANNULLATO. Ci sarà comunque di che perdere la testa al Nuovo Lazzaretto con il mitico (è proprio il caso di dirlo) Wino, uno che basta guardarlo in faccia per diventare un hippie lurido con la cirrosi epatica; prima di lui i Darsombra, inizio ore 22, prezzo da definire. Parallelamente, i Quireboys al Sottotetto (eccone altri che sull’alcolismo molesto potrebbero tenere fior di seminari), OvO al Grottarossa, Calibro 35 all’Onirica e, per chi si vuole imbottire di keta con stile, il minimale Alex Under al Kindergarten.
Sabato è ancora delirio con Danny Tenaglia all’Echoes, il Banco del Mutuo Soccorso in Piazza della Pace a Crespellano, DJ Hell al Cassero (all’apprezzabile cifra di dieci euro), i Bachi da Pietra al festival Ipercorpo a Forlì, e per le teste gabber il terminale Born to Be Hard 666 (the Hell’s Gate Edition) a Fidenza, di cui trovate scaletta e tutte le info Qui. Comunque vada, domenica si collassa alla grande.

Un tipo tranquillo.

 
Casi umani esultate, è uscito il nuovo album di Burzum. Undici anni di silenzio discografico, nel mezzo una detenzione, una mezza evasione, qualche libercolo sicuramente lucido, pacato e progressista, sopra ogni cosa una crescente passione per l’agricoltura. Accantonata senza rimpianti di sorta l’imbarazzante parentesi “ambient” degli ultimi dischi per sola pianola (al gabbio non gli lasciavano tenere nessun altro strumento), torna a dedicarsi al black metal grezzo e angosciante e ventoso e unico al mondo che faceva più che egregiamente prima di finire al fresco, e improvvisamente sembra di essere stati catapultati di nuovo nel 1993. Lui è una specie di totem per ogni dissociato con più o meno seri problemi relazionali che si rispetti: io ascolto Burzum = io sono necroelitario, sprezzante, superiore alla massa, odio la gente, amo solo la natura, sono pagano, ho capito bene Nietzsche. Qualsiasi emarginato dalla società, meglio ancora se metallaro, trova in Burzum la sua rivincita: un ammazzacristiani nazo e misantropo stimato e rispettato, famoso, in qualche misura perfino temuto, con un posto nella storia della musica già suo di diritto e un pugno di dischi di indiscutibile valore all’attivo. Praticamente un semidio. Il Leonardo da Vinci dei deboli e dei reietti. (Continua a leggere)