RED SPAROWES – “The fear is excruciating, but therein lies the answer”

Red Sparowes - "The Fear is Excruciating..." Per quei pochi che non li conoscessero veloce riassunto: nati come supergruppo (dicesi supergruppo una unione di musicisti provenienti da almeno due band molto famose che MAI riesce a eguagliare in qualità i gruppi originali) composto da gente che ha nel curriculum robe come Isis, Neurosis e Halifax Pier, i Red Sparowes fecero centro con l’ottimo debutto “At The Soundless Dawn”. Non che inventasse nulla, ma sapeva porsi tra post-rock un po’ Explosions in The Sky e postcore Isis/Neurosis in modo convincente, riuscendo a trovare un buco piuttosto personale in quello stretto spazio. Il secondo lavoro “Every Red Heart Shines Toward The Red Sun” risultava invece leggeremente più dilatato, il tutto quindi sembrava accentuare la componente atmosferica delle (comunque presenti) consuete alternanze post-rock languido con chitarre riverberate/muri di chitarra, e questo nuovo “The fear is excruciating, ma il titolo è sempre lungo” è ancora più lontano dagli Isis, pur mantenendone comunque dei richiami. Come già nel secondo, la sensazione è che ormai la cifra qualitativa dei RS sia quella di una band che va col pilota automatico e si muove agevolmente negli stilemi che propone, che forse non ci dirà mai qualcosa che non sappiamo già ma che comunque quello che fa, lo fa bene. Anche in questo caso, qualche passaggio è leggermente prolisso e non va oltre il discreto sottofondo ma (specialmente verso il finale) c’è spazio per momenti davvero molto riusciti. Come già accennato, rispetto al passato c’è da rimarcare, nella sostanziale continuità del sound, una tendenza meno aggressiva e un maggior indugiare in momenti addirittura delicati/malinconici, a tratti si sentono gli *shels (pubblicità progresso: di questi prendete “Sea of the dying dhow”), anche. Insomma, il lavoro è discreto, non so quanto longevo, ma comunque discreto. Vedete voi se fa al caso vostro.

Piccoli fans: GREYMACHINE

greymachineI supergruppi qua vanno via come il pane. Nel caso di GreyMachine parliamo di una joint venture tra tre Isis, tra cui Aaron Turner, e JK Broadrick. Naturalmente in casi come questi è difficile parlare di supergruppo, in parte perchè si parla comunque della stessa gente che incide per la stessa etichetta -tra l’altro di proprietà di uno dei membri- e inparte perchè da una dozzina d’anni tutta ‘sta gente si sta mischiando con una regolarità che pare un’orgia.

Comunque se dovessimo far risalire la cosa a un gruppo qualsiasi del giro boston/postaccacì/ammorte ci toccherebbe tirar fuori Old Man Gloom, ed è una buona notizia -quantomeno per le implicazioni, vale a dire che smessi i panni del campione del nuovo shoegaze doom demmerda à la Jesu l’ex-Napalm Death sta tornando a sonorità che ripescano a manetta dal progetto per cui la storia, se sarà scritta da gente sveglia, vorrà ricordarlo, vale a dire, insomma, manco lo diciamo. Stando al blog di Justin il primo disco di GreyMachine, dal titolo Disconnect, sarebbe dovuto uscire già a fine giugno. Nel sito di HydraHead comunque  non c’è ancora notizia in merito -giusto un laconico UPCOMING nell’online shop. C’è fuori, tuttavia, un 12″ con un pezzo lungo ed un remix. Il pezzo lungo, se non volete scomodarvi a rintracciarlo in qualche network illegale o nei soliti due o tre emmeblog che uploadano tutta la roba doom-moda degli ultimi anni, potete pescarlo nel sito di Justin Broadrick o ripparlo dal myspace della band. In non-ottemperanza con l’attuale tendenza degli Isis a far cagare, comunque, pare che il disco di GreyMachine sarà una bomba di roba doom industriale postswansiana scurissima prodotta e suonata da dio. Buone notizie. Hanno anche dei bei layout minimali in bianco e nero a tema. Diobosi.