Di chiacchere e aneddoti (…e fate e gnomi e fate che lo prendono dagli gnomi)

 

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Gli gnomi e le fate non c’entrano niente, è solo che le chiacchere e gli aneddoti mi fanno pensare ai libri che leggevo a 8 anni quando avevo gli orecchioni e quei libri si chiamavano Storie di fate e poi Storie di fate e gnomi e poi Storie di fate e gnomi e giganti e via così. Ad ogni libro aggiungevano una razza. In uno c’era questa storia di una fata ghiacciola che ha a che fare con qualche gnomo o giù di lì e lo aiuta durante l’inverno e finisce che arriva la primavera e gli gnomi si salvano, ma la fata si squaglia come una lumaca sotto sale. Potevo scrivere “come neve al sole”, ma è quello che è effettivamente successo essendo una fata ghiacciola, quindi dove stava l’analogia? Questa fiabetta edificante che c’insegna che delle persone buone devi sempre approfittare finchè sono in vita, mi serve per far capire come una cazzatiella copiata da chissà chi (chi aveva il copyright delle creaturine di neve che si sciolgono? Andersen? I giappanesi? Boh) e letta 25 anni fa m’è rimasta in testa perchè la forza degli archetipi è potente e un concetto sotto forma di fiaba o di aneddoto (perchè gli aneddoti spesso diventano delle fiabe) ti può scavare dentro e influenzare per tutta la vita.

Al cinema l’anno scorso era Lincoln, film che faceva partire la più importante svolta liberal della Costituzione statunitense da un presidente E.T. (grazie Spielberg) e dalle sue ispiranti lezioncine impartite tra salotti e palazzi del potere (grazie Tony Kushner) tralasciando i suoi famosissimi, abusatissimi discorsi alle folle. Nel film più atipico dell’autore americano per eccellenza i punti di contatto tra regista e sceneggiatore sono più forti rispetto alla loro precedente collaborazione (Munich), perchè lo scopo degli aneddoti di E.T. non è solo quello di umanizzare una costituente, ma di educare, nella finzione l’allora partito Repubblicano di cui faceva parte il presidente E.T. e nella realtà la platea. L’origine è sfacciatamente teatrale, lo si capisce subito perchè nonostante si sia in piena guerra tra nordisti e sudisti, vedrete in apertura una battaglina in campo medio mentre il resto del film è solo attesa dei monologhi. In sala era tutto un “I cattivoni del partito Democratico si oppongono! Adesso arriva E.T. e li stende con la storiella della taverna!”. La funzione dei prolissi testi di Kushner è quello potenziare un mito non umanizzandolo, ma emarginandolo: E.T. non viene dalla nostra stessa galassia, sa e vede cose che gli uomini del suo tempo scopriranno molto più in là e nessuno sospetta nulla perchè gli occhiali per sgamare gli alieni li inventerà John Carpenter più di un secolo dopo. Finisce che l’abolizione della schiavitù non parte nè da un sentimento popolare, nè da una forte corrente nel partito presidenziale, ma è un cambiare perchè i tempi esigono il cambiamento. In questo senso il percorso di Lincoln porta dritto all’amarezza del kushneriano Angels in America (altra opera che tratta di buoni e cattivi maestri) ed è un aspetto da non sottovalutare, perchè sancisce che un Paese che è stato ed è ancora un esempio per molti altri nel campo delle conquiste sociali (non importa quanto la cosa sia solo una mezza verità) ha un forte bisogno di essere educato, per giunta da un presidente che sembra essere stato il meno americano di tutti. Non solo. E’ proprio E.T. che impone quasi dittatorialmente un modello di vita politica ideale fondato sulle convinzioni personali e di partito, ma lo fa attraverso i giochi di potere che a parole stigmatizza e se è vero che la storiella del politico illuminato che si deve sporcare per un bene più grande l’abbiamo vista 100 volte, è interessante che sia interpretata dall’alieno più amato dai bambini della nostra generazione.

Quest’anno è The Counselor – Il procuratore, incredibile discesa di Ridley Scott nel noir con venature pulp il cui pessimismo esistenziale è farina del sacco di Cormac McCarthy, ma in cui è evidente che il regista non è che sta lì a grattarsi le biglie. D’altro canto non è che prima fa fantascienza distopica o nerissima o adatta Conrad perchè uno gli ha rigato la macchina con la chiave, quindi mi sa che tanta (tanta!) merda asettica che ha girato dopo forse ci ha un po’ nascosto la sua visione. Colpa sua, comunque. Ecco, anche The Counselor è un film di chiacchere e aneddoti, ma il loro scopo è quello di essere completamente al servizio del film, alla crescita della tensione, e non secondo il modello tarantiniano recente che costruisce dei climax anche potenti, ma alla lunga annacquati da colorate farciture. Nello spirito dei testi, siamo più dalle parti dell’hitchcockiano Nodo alla gola, dove i dialoghi (e non le immagini) hanno già al loro interno violenza e macguffin, un gioco  scoperto in attesa di manifestarsi completamente, ma senza un Jimmy Stewart a fare da rassicurante contraltare, ad offrire un’interpretazione moralmente accettabile (sarebbe meglio dire “legalmente accettabile”) del pourparler scorretto. Difatti tutto ciò che appare kitsch e ironico (gli abiti, le feste cafone, i flashback grotteschi, l’arroganza badass dei criminali, Brad Pitt che minaccia con storie di cappi e snuff movies) alla fine non significa assolutamente nulla: non ci sono condanne, non ci sono riflessioni sulle frivolezze e ipocrisie della contemporaneità (siamo all’opposto dei lupi di Scorsese), ma solo presagi e visioni del futuro. Il mondo di Mccarthy non ha nulla di complicato, se non la forma del racconto che procede per episodi, ellissi, intuizioni e che Scott non solo restituisce in pieno, ma asciuga e raffredda perfettamente. L’unica questione che alla fine rimane davvero insoluta è se Javier Bardem sia o no un head knocker. Secondo me si. Comunque, finito il primo tempo sappiamo già come procederà la storia nei dettagli e passiamo il secondo tempo a sperare che non sia così. Una crudeltà. A meno di abbracciare la visione di Cameron Diaz, una figura che sembra saltare fuori dalle pagine de Il buio fuori (i misteriosi, soprannaturali redneck cannibali) e che si muove nella storia come l’Anticristo, a volte imbarazzante tipo il Gabriel Byrne/Satana di Giorni contati, e, sicura oltre le umane possibilità della natura dell’uomo, sfotte preti e visioni d’amore, s’approfitta delle persone buone e cattive finchè sono in vita e svanisce promettendo l’Apocalisse.