Una cosa sensata da dire è che se Pitchfork avesse organizzato un festival e l’avesse chiamato Woodstock 8.4 sarebbe stata invasa dai troll sei ore dopo l’annuncio e sarebbe stata cacciata via a calci in culo dalla rete, altro che strapotere. Io arrivo mentre suona Fabri Fibra. Io non odio Fabri Fibra, diciamo che mi sta sui coglioni a pelle MA non sento il bisogno di scriverlo in impact maiuscolo su una maglia. E Fabbri Fibbra canta canzoni su cose in merito alle quali avere idee è sostanzialmente impossibile, il che cozza terribilmente con la sua così sudata nomea di intelligente a prescindere. Inaspettatamente decide di resistere anche all’impulso di emulazione hendrixiana e non si dà fuoco mentre canta la sua cover dell’inno di Mameli. Sempre meglio che Marracash, che sale sul palco a ruota vestito come un tronista e quasi più molesto nel suo chieder forsennatamente di tirar su le mani. Poi tocca a una tizia islandese che parla di parlamenti puliti, rappresentanza e uscire tutti insieme dall’impasse. Sono davanti a scattar foto alla gente, finisco sotto un bandierone gigantesco (1,5x il mio appartamento) che la gente si passa di mano in mano. Guardo le mani e mi commuovo. La parlamentare islandese sul palco dice che il ventunesimo secolo è il secolo della gente comune. Parla del popolo della rete e della rete del popolo. Uno dei punti nodali del programma del movimento 5 stelle è internet libera e gratuita, io se fosse per me chiuderei anche le vie d’accesso a casa mia. Mia mamma sarebbe abbastanza d’accordo. Tra i presenti sembra non esserci nessuno dei miei following su twitter. Torno nelle retrovie scavalcando una pletora di cadaveri stesi a terra con cartoni di vino da cinque litri a sei euro. I ragazzi che c’erano ieri mi hanno consigliato caldamente di portarmi cibo e alcolici al sacco, perché il popolo del Vaffanculo vuole informazione libera, parlamento pulito ed energia rinnovabile ma vuole anche UN CASINO DI BIRRA e fa file chilometriche all’uopo. Poi c’è da dire che con tutta la menata del riciclaggio questo è di gran lunga il merdaio (cioè festival di musica all’aperto con più di mille convenuti) più pulito che abbia mai visto. La gente si porta dentro bottiglie di vetro in massa, le scola in venti secondi e passa un minuto e mezzo a cercare un bidone per la raccolta differenziata. Una cosa sensata da dire è che io a questi eventi qui non ci sono mai venuto. Per me un festival di musica (gratuito o a pagamento) è ancora un posto dove sai chi suona a che ora, i singoli partecipanti indossano magliette che li definiscono come sottocultura e tirano fischi e infamate a chiunque provi a parlare tra un gruppo e l’altro. Una cosa sensata da dire è che, in mancanza di un festival musicale di proporzioni internazionali nel nostro paese, siamo ben disposti nei confronti di qualunque evento che preveda una dozzina di gruppi a tema, anche quando il tema è essere un gruppo. Considero le ragioni dell’intellighenzia messa insieme da Beppe Grillo e soci, premi nobel o titolari di cattedre prestigiose o gente famosa folgorata sulla via di damasco o Marco Travaglio o gente simile. Niente di sbagliato, ovviamente, ma questo non è il posto per far dibattiti, a nessun titolo. Somiglia più all’idea di scoparsi un cane di Pavlov, nel senso che se nomini Schifani sai che partiran fischi dal fondo della piazza e non ce n’è, e allora VAFFANCULO, non come orgogliosa dichiarazione politica ma in generale e a buffo e lasciando che il vaffanculo stesso ci permei fin dentro le ossa e ci faccia sballare col suo Canto Libero lontano dalla retorica pelosa di tutte le lauree del cazzo che ‘sta gente continua a sbatterti implicitamente in faccia. O no. A prendere Schifani a male parole (che per carità, eh) è la stessa gente che urla a gran voce quando si parla di popolo della rete, che ha ideato questa sorta di we the people 2.0 e si sgola sul ritornello di Fantasma come se non ci fosse niente di strano nella consecutio. Per me Woodstock 5 Stelle significa soprattutto l’entrata a gamba tesa di Cesena nella mappa dei posti in cui sta succedendo qualcosa, il che in un’ottica di breve periodo ha sconvolto i cesenati come poco altro in vita loro, così che ci si fionda in massa a prescindere dal fatto che mettendo insieme le volte che gli artisti presenti oggi hanno suonato in posti tipo Bronson, Officina, Lego, Diagonal, RetroPop, HanaBi, Loco Squad eccetera potresti arrivare TRANQUILLO a venticinque date nell’ultimo anno senza che nessuno dei presenti si sia preso il disturbo di schiodarsi dalla poltrona, cosa tra l’altro lodevolissima nel caso di gente come The Niro -e ora venite pure a dirmi che sono un hater, mezzeseghe. Ed il solo fatto di esser capitato qui davanti per vedere se Fabri Fibra si dava fuoco è bastato a far passare un messaggio nel Paese Reale, vale a dire che qua dentro c’erano tot persone -e tot altre secondo la questura- e io conto esattamente quanto chi è venuto con la bandierina Grottammare c’è, e nessun giornalista mi ha fermato per chiedermi cosa ne penso del Teatro degli Orrori e della legge bavaglio. In questo probabilmente è la più grande sconfitta dell’individuo, Woodstock o non Woodstock, di fronte a un meccanismo che -difficile negarlo, anche per i più accaniti sostenitori del tutto- sta continuando a ripetersi più o meno identico da un evento all’altro con la tutt’altro che segreta intenzione di fare una conta e vedere chi c’è e chi non c’è, allo stesso modo con cui la conta degli hit sul blog di Grillo o del Fatto Quotidiano o sui rispettivi canali youtube diventa agevolmente il modo per dimostrare qualcosa che non è e non sarà. Attorno a me la gente sta sensibilmente perdendo conoscenza, qualcuno molla il colpo e se ne va, altri formano cerchi di trenta persone e iniziano a giocare a pallavolo, altri ancora si stendono in mezzo a un boschetto di alberi piantati da poco o cercano un posto dove pisciare nella maniera più equa e solidale possibile. Il tempo minaccia disastri ma non ne compie. Due cani davanti a me stanno scopando da circa sei ore, perchè Woodstock è Woodstock allo stesso modo in cui Sanremo è Sanremo. Una cosa sensata da dire è che a Woodstock avrebbero potuto invitare il PM Woodcock. Beppe Grillo nel pomeriggio racconta di come sia incredibile quel che sta succedendo, di quanti incroci di artisti e incredibili team-up stiano nascendo dietro il palco. L’unico paragone possibile è il concerto del primo maggio, con Grillo al posto del PD e della CGIL e Benvegnù al posto degli Afterhours. E non è manco detto che uno sia meglio degli altri, a parte Benvegnù -di lui è SICURO. Verso le otto-e-qualcosa mi sono definitivamente rotto il cazzo di aspettare il Teatro degli Orrori, mi becco un pre-finale con Bollani che improvvisa e Grillo che inizia a cantarci sopra un blues in inglese inesistente mentre chiama un batterista a completare il quadro. Decido di averne avuto abbastanza e me ne torno strisciando da dove cazzo ero venuto. Trovo una pizza e la mangio a casa di uno dei ragazzi. Miglior concerto del giorno Marco Travaglio in videoconferenza su Skype, scariche statiche che avvolgono il suo grido di denuncia come in un incubo tossico dei primi Suicide. Edmeo Lugaresi si spegne in silenzio, da qualche parte, proprio oggi. Ed è l’unica persona a cui possa andare il ricordo.