
Con le nostre discussioni serie si arricchiscono solo le compagnie telefoniche. Arriva in qualche modo alle “masse” (du’ stronzi pe’ sbajo) il nuovo album delle Luci della ecc. e il livore martellante delle ultime settimane può finalmente trovare catarsi in un mare di post sul modello “l’havevo (con l’h) sempre saputo che avrebbe fatto SCHIFO!”. L’humus culturale, dove per humus si intende la crema di ceci che mangiano beduini e inglesi, l’humus culturale, dicevo, che produce webzine su webzine e blog su blog si conferma compattamente avverso non già alla musica di Vasco Brondi (VB), quanto al suo “personaggio” o meglio, giacché per l’esistenza di un “personaggio” ci sarebbe perlomeno bisogno di un certo riscontro di pubblico pagante, all’idea stessa della sua esistenza.
Dal chiacchiericcio continuo, dal continuo berciare degli “Appassionati di Musica” (titolo che la gente si autoconferisce quando scopre che la sua personalità in formazione è meglio espressa per il mezzo di canzonette scritte, prodotte, cantate e commercializzate da altri) emergono ogni tanto curiose istanze di odio/amore per qualcuno in particolare che, se non possono essere oggetto di un discorso univoco, possono d’altra parte essere isolate e raggruppate in diverse curiose fattispece (senza la i).
In questo modo, la massa di articoletti, frecciate, battute sagaci, siti web ostili dedicati (!), imitatori su youtube e tutto il resto del fumo prodotto da questo pubblico rogo di VB, possono essere facilmente inseriti nel contenitore “Accanimento Immotivato Internettario”, tradizionalmente soggetto a riempirsi, ogni qualche anno, di materiale affine ma con diverso bersaglio.
“Perché tanto odio?”, avrebbe scritto Cuore, e il perché è ben difficile da isolare e comprendere senza ricorrere alla psicologia spicciola da ignoranti, cosa che una tantus non faremo per evitare di impelgalarci imelpagarci imepla andarci a ficcare nei rovi dell’Invidia!, Frustrazione!, Sfiga!, Psicologia delle masse e analisi dell’Io!, e tutto questo complesso di cose che fa sì che io (ecc.).

Non possiamo, non dobbiamo, non vogliamo tuttavia fare a meno di notare, per l’ennesima volta, quanto inconsistente sia la maggior parte delle motivazioni che oggettiverebbero – a detta degli haters – l’odio verso VB: su palafitte di falsa logica piantate nella palude della merda, si elevano infatti costruzioni miserrime di irragioni e non-argomenti, tra i quali paiono avere particolare successo le questioni della cattiva qualità dei testi e della monotonia delle musiche.
Per quanto riguarda i testi, non avendo forza, voglia, intenzione, tempo da perdere sì ma diciamo di no, e forse neanche gli strumenti adatti per procedere a una esegesi dei testi delle Luci – mai capito cosa voglia dire “esegesi” -, noteremo solo che non serve Wittgenstein per rendersi conto che non c’è alcuna logica in questo tipo di attacchi.
Lasciando anche da parte il fatto che, banalmente, testi e musiche delle canzoni pop non sono scindibili se non tramite una forzatura, e perciò dimostra ben poco constatare che davvero Dylan a un certo punto canta che gioielli e binocoli pendono dalla testa del mulo senza rovinare (anzi) il più fantastico pezzo rock mai scritto, rimane il fatto che tutto questo gran vociare si fonda essenzialmente su perculate non sorrette da alcunché, se non da astrusi ragionamenti tutti riconducibili a una gigantesca scritta Me piace/Nun me piace, principio in base al quale davvero Nessuno è in grado di opporre Nulla a chi (io) dovesse sostenere che invece i testi di VB, ovviamente intesi come parte integrante di canzoni rock fatte e finite, hanno una buona efficacia impressionista e che di norma (ma conta un’opinione di questo tipo?) funzionano bene nel trasmettere quello che alle mie orecchie giunge, e che è un grande e desolato senso di vuoto che chiunque abbia visto Bologna o la stessa Ferrara in una notte di un giorno feriale non può non comprendere.

Che poi citare spezzoni di testi alla cazzo di cane, senza considerare la musica che li accompagna e il tono di voce che li canta e magari immaginarli sopra suoni da carillon, eseguiti da un gruppo di nome – boh – Le Luci dei Pupazzoni Coioncioni, dia un altro effetto al tutto, bè, come si diceva nel ‘400 in questi casi, grazie al cazzo. Prendete una poesia di Rambò, rielaboratela e mettetela in bocca al mestissimo vocalist di un tristo gruppo intellettualista italiano (è successo), ed ecco che liriche immortali si tramutano in un testo sciatto, né bene né male, un po’ pretestuoso e – superando ogni parere personale – in qualsiasi senso non confrontabile con l’originale. E qui anche un Benjamin potrebbe essere evocato con la tavoletta Ouija a dare supporto filosofico e argomentato a quanto sostengo, ma siccome il di lui parere chiuderebbe la partita a mio favore troppo presto, tralascio la seduta e vado avanti fino al novantesimo.
Secondo tempo: per quanto riguarda la monotonia della musica, il discorso è più o meno lo stesso appena fatto circa i testi, ed è giusto il caso di ricordare che la lista della musica che si potrebbe definire “monotona” comprende, per limitarci alla musica popolare, Woody Guthrie o Robert Johnson, o De Andrè se proprio volete o anche Billie Holiday, i Ramones, i Germs, Dock Boggs, i Nirvana, Pink Anderson, Odette, Little Richard, AC/DC, Public Enemy, il teatro delle ombre balinesi, Elvis, i Darkthrone e gli Sputafuego (band nata dalle ceneri dei più vivaci Los Fucos nella quale milito con orgoglio). Il tutto ovviamente e giustamente senza che questo scalfisca in pur minima parte la generalizzata stima di cui questi musicisti godono.
Annientate in un batter d’occhio le famosi “ragioni oggettive”, cosa rimane da considerare se non la peculiarità di VB all’interno della “scena”, peculiarità non riconosciuta eppure involontariamente sottolineata dai suoi detrattori?
Dunque: VB ha “qualcosa di diverso” rispetto agli altri? VB è “migliore” degli altri?
L’unica differenza evidente tra lui e il resto della “scena” a noi, cioè a me, sembra essere l’innegabile tendenza della musica di VB a rivolgersi ben al di fuori della ristretta cerchia di partigiani dell’indie-rock italiano resistenti ai fascismi della Musica Commerciale; una tendenza dovuta, peraltro, non alle intenzioni della musica stessa – il noto demo precedente al disco d’esordio è in sostanza identico a quanto venuto dopo –, che a sua volta sembra attrarre piuttosto che cercare il pubblico. Quel che è peggio, VB non sembra neanche avere i tratti della moda tout-court, per cui se è vero che rimane del tutto plausibile che lui e i suoi dischi vengano inghiottiti dal buco nero in cui sta collassando la musica mondiale (grazie Appassionati! Scaricatevi i dischi!! Avanti così!!!), è anche evidente che il riscontro che VB sta ottenendo qui ed ora con serate all’Auditorium e recensioni su Vanity Fair ha qualche chance di trasformarsi per lui nella possibilità di un’onesta carriera nel mondo dello spettacolo – cosa che mai e poi mai e ancora MAI potranno permettersi gli sciocchini e sciocconi che a differenza sua “fanno parte” e perciò vanno bene sempre e comunque, e nessuno fa le pulci ai loro testi anche se i loro testi parlano pretenziosamente di cartoni animati anni ottanta.

Ora, com’è dunque questo famoso nuovo disco, che esce già estenuato e vecchio a causa di tonnellate di parole (anche le ottomila qui sopra, che a ben vedere parlano d’altro), congetture e previsioni che di certo si sono spese nelle ultime settimane? A sorpresa, non si tratta di un disco heavy metal né bluegrass né tantomeno big-band caraibica come da più parti si lasciava intendere, ma in sostanza di un disco cantautoriale nello stile dell’artista che lo ha inciso. Spiazzati da tutto ciò, e consapevoli del fatto che siamo attualmente nella Terra di Nessuno del Giudizio – non è semplicemente possibile ad oggi emettere un giudizio sereno su questo album: they want the blood, e nelle righe che precedono ce ne è abbastanza – , ci asterremo dal notare che VB canta più che in passato, che i temi son quelli, che non c’è effetto sorpresa ma c’è effetto consolidamento, che è musica per adolescenti ah signora avercene di musica per adolescenti così che gli adolescenti oggi ascoltano rihanna bè che gli vuoi dire a rihanna umbrella è un pezzone e lei ha le spalle strette e un’enorme testa, e insomma che i tempi son cupi e la Lazio ha perso pure col Ciesena e siamo di nuovo all’inizio, meno di zero, da capo a dodici (una frase idiomatica che da qualche parte, un tempo, lessi avere qualcosa a che fare col blues).
SENZA VOTO