Il listone del martedì: CINQUE COSE SUL CONCERTO DEI REFUSED DOMENICA SERA

Domenica sera i Refused hanno suonato a Bologna il loro primo reunion-show da headliner. Io ho pisciato il concerto per via del prezzo del biglietto. Il nostro amico Capra, persona bella e fiancheggiatore di lungo corso, era presente e ci manda un report fedele ed esaustivo.


1.
Parlare del concerto dei Refused a Bologna non può esimersi dal trattare la questione gordiana del “È-giusto-che-i-Refused-facciano-una-reunion-e-che-si-debba-pagare-30-euro-per-vederli?”
La questione non mi tange granché. Se sia giusto che i Refused tornino a suonare sarà una roba che penso riguardi solo loro. Se sia giusto pagare 30€ per andarli a vedere all’Estragon, penso non sia un problema esageratamente intricato, e l’alternativa che si pone è di una banalità lapalissiana: se pensi ne valga la pena, li paghi. Se pensi non ne valga la pena, non li paghi.
Il discorso, per quanto mi riguarda, si può estendere alla musica intera.
Star lì a maramaldeggiare il fianco scoperto di quelli che, come me, erano in fotta per vedere suonate dal vivo alcune delle canzoni più ascoltate negli ultimi 10 anni, facendo filippiche su tematiche varie tipo “lo fanno solo per i soldi”, “non sono più quelli di una volta”, “lo fanno per i soldi perché non sono più quelli di una volta”, etc, mi par cosa sgraziata e impietosa.

1 bis.
Era da tanto che volevo iniziare un live report usando almeno quattro parole entrate nel linguaggio più o meno comune che derivano da nomi propri. Nella fattispecie:
GORDIANA: dal nodo inestricabile che era nel carro del re Gordio: un oracolo prometteva i dominio di tutta l’Asia a chi lo avrebbe sciolto. Si dice di qualsiasi questione intricata e difficile a sciogliersi se non tagliando risolutamente, come appunto fece Alessnadro Magno col nodo gordiano.
LAPALISSIANA: di verità evidente, che è inutile o ridicolo enunciare; e dicesi dal nome di un guerriero, La Palisse, francese, alla cui morte fu pubblicata un’ode, per esaltarne i valore, che conteneva appunto una di tali ridicolaggini.
MARAMALDEGGIARE: infierire sui deboli o sui vinti; da quel Fabrizio Maramaldo che, dopo la battaglia di Gavinana (1530), uccise di propria mano Francesco Ferrucci già gravemente ferito.
FILIPPICA: nome delle orazioni di Demostene contro il re Filippo di Macedonia; invettiva, discorso violento di accusa contro qualcuno

2.
Il pubblico che c’era l’altra sera si poteva dividere tra:
– i deboli, quelli che non potevano fare a meno di vedersi i Refused dal vivo almeno una volta nella vita
– i curiosi, generalmente attorno al mixer o dietro quest’ultimo
– i giovani
– gli ignoranti, quelli che pensano che i Refused siano una band come un’altra che quest’anno sta suonando abbastanza e una capatina forse la meritano

3.
Cosa ha dato fastidio al concerto dei Refused a Bologna?
3A) Il volume del master, roba del tipo che sentivi il cellulare se suonava. Quando sono andato a 2 metri dalle casse la storia diventava quasi onesta. Nel mezzo davanti al mixer al minimo dell’accettabilità. Ma chi va a vedere un concerto all’Estragon negli ultimi anni sa cosa aspettarsi. Se mi citi il concerto dei Cannibal Corpse all’Estragon non vale un cazzo.
3A bis) Da qui alcuni dettagli quali non si sentivano i piatti, i suoni della batteria erano mosci, etc.
3B) Le filippiche (sic!) del cantante tra un pezzo e l’altro.
Voglio dire: il cantante dei Refused al suo concerto può dire quello che gli pare. Semplicemente quello che dice in gran parte non mi tange. Se si vuole dissertare sul fatto che fare discorsi tipo “La nostra rabbia in Nord Europa non veniva compresa, ci si chiedeva spiegazioni. In Germania veniva capita e ne volevano sapere di più. Ma qua voi la capite benissimo, perché è anche vostra etc”, oppure “Rimanete curiosi nella vita. Rimanete affamati, specialmente a Bologna”, oppure “Ribellatevi a chi vi impedisce di essere liberi etc Free Pussy Riot etc”, possa risultare fuori luogo, parliamone.
Sentire parlare bene in inglese comunque è sempre un piacere per me.
La mia opinione a riguardo comunque è questa: mi sono sembrati sinceri. Se dici cose che non mi interessano non significa che stai mentendo. Se dici che le tue idee sul capitale e quant’altro non sono cambiate da quando eri venuto a Bologna nel 1994, posso anche crederci. Non vedo un conflitto insanabile tra il fatto di essere anti-capitalisti e fare una reunion per tirare su un po’ di soldi. Se il biglietto fosse costato 15€ sarebbero stati più coerenti? Se non avessero affidato la gestione a LiveNation sarebbero stati meno immanicati? Può darsi, ma non possiamo sapere con quanti soldi ognuno di loro se ne ripartirà da Bologna dopo il concerto dell’altra sera. Quello che penso io? A vedere dal numero di persone che lavorava per loro, dal pullman dietro il backstage, costi di agenzia, affitto locale, etc, direi non più di 1.000€ a testa.

4.
Il concerto.
Andare al concerto dei Refused è una di quelle cose che ti fanno sentire vecchio perché in macchina non devi ripassare niente. Qualsiasi pezzo faranno lo sai alla perfezione, potresti quasi suonarlo. Io per esempio mi sono ascoltato l’ultimo dei Converge lungo il tragitto, sia all’andata che al ritorno.
Il concerto è stato perfetto. Non mi aspettavo nient’altro. Ogni nuovo brano in scaletta era il benvenuto. Se a 40 anni suonati sarò così anch’io mi faccio erigere un busto di marmo in giardino. La cosa che mi ha lasciato un po’ così, è stata una discreta sensazione di apatia una volta finito il live. Una via di mezzo tra l’andare di corpo e compilare un bollettino della SIAE. Una sensazione come di qualcosa di necessario, che andava fatto, ma che subito dal mio stomaco veniva rubricato come burocrazia.
A distanza di 24 ore la sensazione è cambiata.
Ora so che quando, tra un paio di settimane o poco più, riascolterò qualcosa dei Refused, non saranno solo canzoni incastrate in qualche ricordo di quand’ero più giovane, non saranno solo dei pezzi che dopo 10 anni ancora non mi stancano; avranno delle facce di quarantenni sorridenti, avranno camice bagnate indosso, avranno un concerto che rinnova il ricordo, avranno un ricordo in più che rinnova il sentire.

5.
Note di costume
5A) “Per la prima volta in vita nostra abbiamo un banchetto con le magliette non originali fuori da un nostro concerto. Siamo una vera band”
5B) il gruppo spalla ha paccato. Dal palco il cantante ha detto che hanno provato a chiamarne un altro da Bologna (ditemi chi) ma non era in regola con le tasse. Il che probabilmente significa che non avevano una posizione ENPALS aperta come musicisti. Personalmente non conosco nessuno che suoni che ha una posizione ENPALS come musicista; oppure lo conosco ma non me l’ha mai detto
5C) l’unico paninaro presente ha fatto un fracasso di dollaroni
5D) la media di persone che suonano o hanno suonato in gruppi con le chitarre era altissima
5E) la lista degli invitati stilata dai Refused era così lunga che quei simpaticoni di LiveNation hanno cancellato un sacco di accrediti all’ultimo minuto
5F) la fila era al bagno degli uomini

Vacche VS porci (swineflu alert)

Leggiamo nei feed e volentieri ripubblichiamo. Pare che la direzione del Wacken (il quale sta avendo corso in questi giorni, ma è lecito pensare vista la scaletta che ve ne siate voluti rimanere a casa) si stia cagando in mano per via di tutta quella storia della swine flu e abbia messo giù una sorta di decalogo e/o codice di comportamento da tenere in posti all’aperto che riuniscono 75000 metallari a botta. Chi parteciperà al festival, dunque, è pregato di non eccedere in rituali di amore libero e sesso selvaggio, di non abbracciare amici e vicini e di non bere a cazzo di cane dal primo bicchiere di birra mezzo vuoto che gli arriva in mano per chissà quale motivo. Tenete i capelloni e la giubba di pelle col dragone pitturato dietro a fine luglio, vi lavate sei volte all’anno e fate le statuine di pane con le crosticine che vi crescono in mezzo alle dita dei piedi, ma almeno adottate qualche semplice stratagemma per non diffondere il contagio mentre vi guardate Lee Dorrian che fa il coglione sul palco. Grazie. Bonus pic:

pigz

Brutal Truth @ Sottotetto, Bologna (19/6/2009)

bt2

Se Henry Rollins avesse deciso di bere e drogarsi, e avesse continuato a farlo negli ultimi venticinque anni, oggi avrebbe le fattezze di Kevin Sharp. Le movenze, del resto, sono le stesse: gambe divaricate, piedi (nudi) ben piantati sulle assi del palcoscenico, calzoncini, pose da boss del quartiere. A fare la differenza sono lo stomaco tracimante, la maglietta “Sleep. Money. Food.” che scimmiotta la slayeriana “Sex. Murder. Art.”, il cappellaccio da mandriano mongoloide, la barba da redneck incestuoso appena uscito dal fienile. Dan Lilker, in compenso, non è cambiato di una virgola dai tempi del primo degli Anthrax; quasi due metri di pallore cadaverico, tatuaggi orribili e orbite scavate, fasciato da una lorda t-shirt senza maniche dei Rotten Sound, lo vediamo ciondolare dentro e fuori dal locale, fare la spola tra il bar e il banchetto del merchandise trangugiando una media dopo l’altra, chiacchierare svagato con qualcuno dei (pochissimi) presenti come con un roadie dall’aspetto ributtante, portando in giro con nonchalance oltre un quarto di secolo di leggenda. Mentre sfila l’obbligatoria parata di “guests” – annunciati ma non ben specificati nell’evasivo flyer – tutti più o meno gorgoglianti e sanamente ignoranti (i migliori ci sono sembrati i romani Tsubo), osservando l’incessante girovagare di Lilker ci viene spontaneo pensare: certo che ne avrà sentiti di gruppi-spalla, nella vita, questo qui. Un veloce cambio di palco – l’ultimo – giusto il tempo di notare che il chitarrista porta il grugno del cattivo di Star Wars tatuato su un polpaccio, e si comincia a Celebrare. Loro sono in bomba, perfino più carichi rispetto alla scorsa tornata di concerti (che ci vide muti testimoni, al Rock Planet di Cervia, di uno di quegli eventi in grado di cambiare profondamente un’esistenza), è tutto un mulinare di braccia e un susseguirsi di sputi e movenze da sex symbol mongoloide (Sharp) e un proliferare di smorfie e tic nervosi da omicida seriale del mostruoso Rich Hoak (storico batterista del gruppo); il set è generosissimo, oltre un’ora e un quarto tra i brani dell’ultimo Evolution Through Revolution (che viene riproposto quasi interamente) e le vecchie cose, alla fine suonano anche due pezzi che non erano previsti in scaletta, così, perché gli andava di farlo. Un sogno, non fosse stato per una deprecabile resa sonora assolutamente non all’altezza della situazione: non si capiva un cazzo, in poche parole, tra quel che succedeva sul palco e quello che arrivava all’orecchio c’era lo stesso scarto che potrebbe intercorrere tra vedere i Filarmonici di Berlino e sentire “Metal Machine Music“; eri fortunato se i brani riuscivi a intuirli, e il tutto spesso e volentieri si risolveva in un grottesco casino spaccatimpani senza causa né scopo. Il rimpianto alla fine è notevole considerando che, con un fonico capace o un impianto adeguato, sarebbe stato qualcosa di simile alla seconda venuta di Cristo; così è stato “solo” come assistere a una magistrale lezione di musica (e di vita) con la riproduzione di un 78 giri guasto al posto dell’audio. Peccato.