Sanremo is the shit! Countdown to festival #1

L’italiano

E insomma, non si può lasciare il paese per una quindicina di giorni senza tornare e trovare che il prossimo festival (letto festivàl) di Sanremo avrà il miglior cast della storia del festival (festivàl) stesso, oltre – ma questo era noto – al miglior conduttore, “Big hands I know you’re the one”, Giannone Morandone.
Per il resto è tutto uguale: Vanity Fair prova commossa e mammesca compassione per un tizio morto sparato in Afghanistan (Taliban. The few. The proud) a cui a noi, come di Cocciolone a suo tempo, non frega un cazzo, perché VOGLIAMO LA PACE e che quei simpatici berretti afghani – ne comprai uno a Porta Portese anni fa, segnalandomi subito come Diverso – vengano liberalizzati e resi fichi e intellettuali. La Palombelli – che bassezza gli insulti sessuali alle donne eh? Meno male che loro sono forti e fiere e studiate e se ne fottono di noialtri volgaroni che gli diamo delle zoccole a ogni piè sospinto (pià nderculo) – sullo stesso Vanity Fair (mia unica lettura oltre ai manuali di auto-aiuto, se non si vuole contare Imperial Bedrooms che ho iniziato ormai 148 patetici giorni fa – adesso sono a pagina 122 e non ci ho capito un cazzo, ma per marzo conto di consegnare in segreteria) e insomma, senza tanti incisi, la Palombelli sullo stesso Vanity Fair segnala che non ha pietà dei viziatissimi giovani d’oggi che c’hanno l’iphone con cui accedere ai siti di Harvard e Yale e perciò, nella sua mente ricca e bacata, hanno LE OPPORTUNITA’ che loro, formidabili quegli anni, dovevano dare il culo a Pannella per avere. It’s heavy fucking metal! Comunque, il richiamo ai bamboccioni mi è servito se non altro a ricordarmi della vera buona novella dell’ultimo orrido annaccio, che dopo averci portato via Solomon Burke, Vic Chesnutt, Mark Linkous, Peter Steele, il bassista degli Slipknot, l’avvocato Kobayashi, Sugar Minott, Eddie Fisher, Dennis Hopper, Don Van Vliet, Captain Beefheart, Zecharia Sitchin, Ronnie James Dio, Ari Up, Malcom McLaren (vi rendete conto?!), Bruno S., Alex Chilton e TARICONE (davvero troppo, questa), ha avuto un inatteso colpo di coda di simpatia stroncando – sotto Natale e in pubblico – Tommaso Padoa Schioppa. Jingle bells! E ora veniamo a Sanremo.

Essere una donna

Avete mai avuto una disperata urgenza di andare in bagno (big one, bright lights) e vi siete trovati allo stesso tempo che erano le tre di notte (full dark, no stars) e voi eravate non a casa (home is where you hang yourself) ma in un albergo (psycho!) a Città del Messico (Frida Kahlo che si autoritrae su uno sfondo desolato coperta di chiodi che la fanno sanguinare e lei piange mentre uno squarcio nel suo petto rivela una colonna ionica spezzata in più punti, che non può più sostenerla), dove le maledette tazze del cesso non funzionano (quetzalcoatl!) e comunque c’è qualcuno che sta dormendo, e allora voi uscite dalla stanza, scalzi, cercando con disperazione un altro bagno ma il bagno non c’è (Zapata vive, la lucha sigue), e i corridoi coperti di moquette (vieni a giocare con noi per sempre per sempre per sempre?) sono lunghi chilometri perché voi siete piegati in due e non riuscite a camminare (Frida Kahlo che si autoritrae come un cerbiatto in lacrime, trafitto da mille frecce) e allora accarezzate per un attimo l’idea di arrivare all’ascensore (Angel Heart) per andare al quinto piano – quello della colazione – dove di sicuro un bagno c’è, ma poi semplicemente non ce la fate (Diego Rivera che tradisce Frida Kahlo con la sorella di lei) e tornate in stanza e mandate affanculo tutto e che venga la notte, scocchi l’ora, che la tazza si otturi e domani ci pensino i camerieri (una propina de un pesito por favor?)? Have you ever felt like that? Do you know what I’m talking about? I’m talking about shit, e questo, come i più accorti avranno già capito, è il più banale collegamento che io potessi trovare per introdurre un discorso su Gianni Morandi (sì, perché non ho ancora iniziato).

E’ almeno dal 1997, anno-monstre in cui Noi compimmo la maggiore età, uscirono l’ultimo bel numero di Dylan Dog e l’ultimo bel disco rock della storia (Perfect From Now On dei Built To Spill. Nello stesso anno, vennero pubblicati anche Strange Warmings dei Laddio Bolocko, il penultimo bel disco dei Mogwai e un grandioso disco di John Fahey. I Red Hot Chili Peppers si rivelarono per la prima volta al mondo con la loro vera faccia – cacate che manco Morandi -, e il mondo presentava i primi gravi sintomi della peste-indie: Ok Computer e If You’re Feeling Sinister) e soprattutto i Jalisse vinsero il Festival, che la seconda più grande domanda che ci poniamo dopo: -“Ma John Zorn e John Giorno sono la stessa persona detta con la zeppola o senza?” è: ma perché i conduttori di Sanremo, uno dopo l’altro, dicono di voler insistere sulla qualità e alla fine hanno paura di farlo? Ma ecco che arriva l’uomo-Morandi, che, senza timore alcuno, freudianamente mette in atto: la lista dei BIG del prossimo Sarèmo mette pajura, perché essendo composta all’88,9% da roba che normale gentaglia del calibro di Morandi considera appunto “di qualità” e meritevole di un Auditorium affollato (il Battiato d’oggi ormai consunto dalle droghe in coppia con il numero due dei Denovo; quel pedofilo di Vecchioni; Patty Travo; Davide An Der Cool; quell’inconsistente Tricarico, che però ha almeno il merito di aver inciso il peggior disco della storia del pop, tale Frescobaldo nel recinto; due vincitrici di X Factor, ossia la Ferreri che tutti ci siamo illusi per disperazione che sia “brava” e quella nuova; tale Emma Marrone chiamata da Morandi solo per il cognome) rischia di rendere questa edizione, Signori, la peggiore della storia.

Fiumi di parole

E se pure potremmo trovare consolatoria la presenza di Maxone Pezzali con la consueta metafora calcistica (“Il mio secondo tempo” – a proposito, metti Zarate, porco cazzo!. Ma Max da anni non è lui), Anna Tatangelo (ma la popolarità indie non l’avrà raffinata troppo?), il grande Al Bano (sicuro ultimo in classifica e in serie B come Lecce e Bari) e soprattutto Anna Oxa e Barbarossa (questi sì dei gran colpi), a falciare ogni potenziale entusiasmo ci pensa l’esiziale nome dimenticato nella lista di prima: i tremendi LA CRUS che, riemersi dalla tomba di noia in cui giacevano ormai da un decennio e influenzatissimi da Tenco e Ciampi (ma pare che Giovanardi ultimamente abbia scoperto Endrigo), sono tornati per esigere il PREMIO DELLA CRITICA che spetta loro dai primi, pulsanti e tediosi vagiti del morboso secondo album del – guarda un po’ – 1997 (Tuttooo è dentroo meeee, ricordate? E quella che “viene un angelo a cercarvi, d’oro e carico di sogni”? A una festa al liceo – non so come sia possibile, ma è vero -. a un certo punto si sentì nell’aria Dentro me, forse era la radio, non so. Un tizio disse: “Che è sta merda?” e io dissi “A me piacciono!” e lui “Non fartene una colpa!”. Che poi non che mi piacessero davvero: è che ero indie e influenzato dalla lettura di Rumore. Ecco perché sono un fallito, oggi).

Manca ancora un mese, ma c’è già da leccarsi i baffi. L’espressione “leccarsi i baffi” è tra le dieci frasi idiomatiche italiane che odio di più, l’ho usata in modo espressionistico per rendere questo post il più brutto possibile. Peraltro ho i baffi al momento e all’idea di leccarmeli (con conseguente sensazione pungina sulla lingua) mi vengono i brividoni come all’ascolto di un acuto di Al Bano.

Fari puntati sulla terza serata, dedicata all’Unità d’Italia, la più grande montatura di tutti i tempi, e certo di parlare a nome di tutti gli italiani, dichiaro che NON CI FREGA UN CAZZO di Mazzini, Cavour, la carboneria, Brescia leonessa d’Italia, Giorgio Napolitano, i Borboni (Beasts of?), Milo Manara e tutta quella marea di psicoballe che ci fanno studiare a scuola e che orgogliosamente ho dimenticato. Italia merda, per Dio, la odio, e so che anche voi la odiate. E poi: vi piacciono forse gli italiani? PUSSA VIA. Milano in fiamme. Vesuvio erutta per noi. Una volta, da adolescente, andai a vedere Lazio-Fiorentina e vidi dei tifosi toscani, uno dei quali aveva una maglietta con scritto: “El unico romano bueno es aquel muerto”. Sono d’accordo, ma PERCHE’ in spagnolo? Bè, insomma, in onore all’Unità del peggior paese del mondo, la terza serata del Festival sarà dedicata ai BIG che canteranno dei classici della canzone italiana (come se ce ne fossero), e pare già di vedere Patty Pravo con le mani un po’ alzate, da vecchia, che rende inutilmente trombona (“elegantissima!”) Mille lire al mese; Vecchioni che gigioneggia come un pazzo su ‘O sordato ‘nnammurato; la mongoloid-version de Il cielo in una stanza a cura della Ferreri; Anna Tatangelo super-SophiaLoren vaiassissima e troneggiante con Mamma (clima di allegria generale, il pubblico batte le mani a tempo); Tricarico che sparge mestizia su L’Italiano (credevate impossibile che si potesse peggiorare, eh?); O Sole Mio cantata da una Oxa tutta intensa e più travona che mai. E nonostante il Va Pensiero di Al Bano – vero schiaffo in faccia alla Lega: attese dichiarazioni di fuoco di Calderoli il mattino seguente -, ecco arrivare agguerriti i La Crus, che con PARLAMI D’AMORE MARIU’ ancora una volta strapperanno applausi, lacrime e belle parole (“una lezione per tutti. 8”) da Gino Castaldo. Almeno ci risparmiano un commosso tributo a De Andrè, con una cantantona a caso (tipo la Ruggiero) che allucca La canzone di Marinella mentre sullo sfondo del palco, e poi sui nostri teleschermi, viene proiettato il faccione deforme di FABER, e poi parte la presentazione fatta con Windows Visualizzatore d’Immagini in cui si vedono diapositive pisciose e fuori fuoco di De Andrè con De Gregori, De Andrè con Dori Ghezzi, De Andrè intenso sul palco, De Andrè con Gaber (applausissimo!), De Andrè col piccolo Cristiano prima che diventasse un alcolizzato, cocainomane e violento picchiatore di donne, e infine fallitone clamoroso, imitatore del padre per serate sold-out all’Auditorium e cd doppi di Natale. Oddio, ce lo risparmiano il tributo a De Andrè, VERO?

In ogni caso, i titoli dei classici reinterpretati sono autentici: TREMATE, c’è da aver paura. E per non rischiare di perdere il festival, mi raccomando: pagate il canone!

A las cinco de la tarde // Lamentazione sulla vittoria della Spagna ai mondiali

Che palle, che gran par di palle, il solito finale da italiani pieno di ansie e di anelito al meno peggio: la finale dei Mondiali 2010 sarà tra quelle pippe degli olandesi – davvero inaccettabile quando sono gli altri a vincere a culo; e perdipiù, nella fattispecie, noialtri del popolo viola non possiamo sopportare che i Boeri tornino al successo in Sudafrica, ci piacevano tanto quei simpatici negri, Muslera, hai una birra pagata quando torni a Roma – e, ed è questo il brutto, il peggio, l’incubo totale e soverchiante, la SPAGNA.

La Spagna!, il che vuol dire gli spagnoli, non paghi di aver sconfitto il fascismo mentre da noi lo stesso rinasceva, non paghi di avere avuto il boom economico e di aver invaso le nostre città con le loro frangette e le magliette da fuorisede, non paghi di una musicalità che invade il mondo e contagia e non ti puoi fermare, di un sudamerica che parla la tua lingua e quindi puoi

Ma vaaaaaffanculo

andare in vacanza in Messico senza che ti diano le sòle perché parli inglese come un coglione, non paghi di potersi sposare tra maschi, di massacrare bestiole innocenti per gioco sublimando la propria omosessualità (quelli che non si vogliono sposare) nelle tutine rosa dei matador, non paghi di ballare per strada quando il boom economico è finito bevendo ORXATA e fregandosene della crisi, non paghi di avere il vezzo di diverse orgogliosissime etnie nel proprio paese, non paghi dei registi italiani bogalei che fanno i film sulla Spagna, Terra delle Libertà (in Italia solo il Popolo), non paghi degli esami da avvocato facili (anzi forse non ci stanno proprio), non paghi di Tenerife, non paghi di essere stati eliminati sì dall’Inter ma di aver aperto gli idranti rosiconi a Mourinho, non paghi dei calci di rigore agli Europei che se non era per quel tappo di Di Natale, più basso ancora degli olandesi, non sarebbero stati MAI campioni

(prendo fiato)

Non paghi nemmeno delle gote (furie?) rosse di Torres; delle ramblas; della affabilità e della simpatia; delle spiagge più belle d’Europa; della cena alle 23 (¿che dite, oggi comiamo un po’ prima che domani mi alzo presto per andare al lavoro, sì guarda, una cosa terribile, devo essere in ufficio alle 11.30 precise?); della città a misura d’uomo; dei festival musicali più fichi e indipendenti e liberi anche se attirano un sacco di italiani e perciò non è così bello andare come, ricordate, nel 2002 quando non c’erano così tanti italiani e a noi ci si rivolgevano in spagnolo così ci sentivamo un po’ di Madrid anche se preferisco Barcellona per via di Messi e del fatto che i madrileni sono fascisti mentre i catalani sono comunisti a parte i tifosi dell’Espanyol che sono fascisti e infatti sono gemellati coi tifosi della Lazio che sono fascisti mentre i romanisti sono comunisti come il Barcellona comunista e infatti è un po’ così ahahah la Roma è il Barcellona di Roma e la Lazio è l’Espanyol di Roma e c’hanno i complessi undici anni di B con Di Canio e Lotito in B vai spedito. Spagnoli comunisti. Italiani fascisti. Durante il franchismo, gli spagnoli erano tutti partigiani. I franchisti erano italiani. Franco era italiano, se no si sarebbe chiamato Pablo non Franco.  E le donne, ah, le donne spagnole; e gli uomini, ah, gli uomini spagnoli; la passione, il sangre, l’ARENA, e la sangria, il vino, la vida, la VERA VIDA! L’insegna Tio Pepe a Puerta del Sol; la movida; la fermada degli autobus deserta alle sei del mattino, ma i taxi costano poco in Spagna e ti fregano solo se sei italiano (e quindi te lo meriti); Rec, l’unico buon film horror degli ultimi 10 anni (noi quello di Zampaglione); le sagome di tori sulle autostrade e sulle nostre magliette; la strada di Barcellona con tutti i negozi di dischi (in Spagna vendono solo dischi belli e li danno via gratis, le vecchine ascoltano Isolée e i manager cattivi Wavves e Los Planetas); a Cadaques mi divertii moltissimo, ancor di più a Benicassim, meno a Lloret de Mar che è una merda di città piena di italiani. Una ragazza italiana venne uccisa proprio lì qualche anno fa, ma l’assassino era uruguaiano (gli spagnoli non uccidono ragazze, solo tori e fascisti, e per giunta ¡l’Uruguay non è in finale, la España envyece asì!); Mahòn già meglio, ci sono gli inglesi, maestri di Vacanze e di Football (loro amano arrivare al massimo agli ottavi, poi si annoiano e tornano a Southampton a mostrare agli immigrati turchi quanto sia superiore il calcio inglese. E sportivo! Italiani fallosi e sleali col catenaccio. E in Inghilterra ci sono certi ristorantini spagnoli che lèvete). La pubblicità in cui la ragazza spagnola diceva si es asì te perdono. Le italiane non perdonano, e sono brutte. E grasse perché in Italia si mangia tanto e male e i ristoranti sono cari. In Spagna invece si mangia tanto e bene e a poco. La paella non ingrassa. Se sei ciccione il cibo spagnolo ti fa dimagrire. Il pesce è tutto fresco. I calamari fritti in Spagna si chiamano “alla romana” (da noi “calamari fritti”), e in questo ci vedo un insulto ben peggiore dei significati soft-porno che otteniamo noi declinando al femminile e sostantivando l’aggettivo “spagnolo” (Italiani sessisti. In spagnolo le parole maschili si tolgono il cappello prima di essere dette, quelle femminili sono Forti e Fiere e ballano in continuazione un sensuale flamenco del cazzo).

Piazza Càvour a Foggia

Ai bimbi spagnoli insegnano che Cristoforo Colombo era spagnolo, puà, ridicolo, lo sanno tutti che Cristoforo Colombo era di Foggia. E in ogni caso ha scoperto un continente DI MERDA. Se non era per lui, niente guerra in Iraq. L’Afghanistan finalmente russo. Pace in tutto il mondo. Comunismo imperante. Piano quinquennale ogni cinque anni. Soviet da Aosta a Terracina. The Power of Viet Now. Popolo viola in libertà. Niente Berlusconi, gli autobus tornano a fare la fermata di Via del Plebiscito. Ora che ci penso, Cristoforo Colombo era proprio italiano, si vede dal male che ha fatto, e ha sulla coscienza ogni palestinese morto per mano israeliana. Israele amico dell’Italia. E intanto l’attentato di Madrid ha commosso l’Europa. Quello di Roma non ha commosso nessuno, anzi, quasi nessuno se ne ricorda più. L’ETA è fica e innocente (noi solo terrorismo nero, greve e maleducato). C’è un complotto italo-sionista ai danni di Arafat. Bin Laden è nascosto a Siviglia, nella plaza de toros, con una tutina rosa, e il pubblico APPLAUDE!, e sì, lui ha distrutto le Torri Gemelle quindi questo sarebbe un bene, se non fosse che in realtà è un agente C. I. A. e questo è male. La C di C. I. A. sta per Catalogna. La A per Atlètico Madrid (comunista; Real Madrid fascista. Rayo Vallecano radicale, ma simpatico), la I per Iniesta, che sa palleggiare, è comunista e ha sposato un uomo (Xavi), in Spagna si può! In Italia non si può. In Italia non si vive, in Italia non si scopa (manco tra maschi e femmine), in Italia solo i preti e il papa, in combutta con la mafia, una storia di scandali e di miserie. In Spagna no, Isabella era cattolica ma non troppo, Hernan Cortès lo avevano messo sulle pesetas (l’unica moneta col buco, ¡è sia soldo sia ciondolo per collanina!, non come quelle brutte lire) perché il progresso non si ferma, gli Aztechi che cazzo vogliono erano imperialisti e gli altri indigeni, quelli buoni, in realtà aiutarono gli Spagnoli nella conquista di Città del Messico (bel nome, eh, hanno dato alla vecchia Tenochtitlan, strano che il Messico lo abbiano chiamato così e non semplicemente Paese) e Moctezuma morto in catene se ne stia zitto all’inferno, al massimo mandando la sua proverbiale maledizione ai turisti (italiani, che non sanno stare al mondo). Seneca era spagnolo. Spagnolo Lorca. Spagnolo Ortega y Gasset, due palle così da leggere, ma quanto stile. Spagnolo era Alessandro Borgia, l’unico papa fico. Era spagnolo Mendieta, il solo calciatore di serie A che suonava la chitarra punk rock e leggeva saggi di filosofia. Era una pippa solo perché giocava nella Lazio, lo faceva apposta, per far perdere quei fascisti. Spagnoli erano infine Cervantes, Velasquez, El Greco (a proposito, vi consiglio el greco sotto casa mia:  http://nuke.italiagrecia.com/Portals/0/Immagine%20egeo%20056.jpg); e Dalì, Gaudì, Floro Flores e Che Guevara. Josep Pla.

Cosa ci succederà, cosa faremo quando non più tardi del giorno undici alle ventidue e ventidue (la numerologia ci indica per certo a che ora finirà il mondiale) la Spagna alzerà la Coppa del Mondo al cielo, completando il quadro di Nazione Perfetta, Italia Senza Difetti, primi al mondo per diritti, libertà e centrocampo? La nostra unica, flebile speranza è nell’Olanda (che nella lingua locale di chiama tipo Nerdeland, ossia “Paesi Pieni di Sicumera”), nonostante i giocatori siano così antipatici da starsi sulle palle persino tra loro, nonostante la loro corsa sgraziata dovuta agli zoccoli di legno che calzano durante il tempo libero, nonostante quell’imbecillona bionda – forse la regina – che, ebbra di gioia, saltellava salutando con la mano ad ogni goal sculato e immeritato che gli Orange segnavano al povero, eroico Uruguay.

Ma tanto lo sappiamo già che non succederà. Hanno già vinto. Un’altra lezione di civiltà dalla Spagna. Altra sangria. Quel bruttone di Puyol. Letizia Ortiz, magnatela ‘na cosa. Il nostro re ha ammazzato un innocente. Il loro anche, però poi ha fermato la rivoluzione. Jamon serrano. Tortillas. Le tapas.

Mi sento solo, spaurito, vorrei essere ancora bambino quando mia nonna romana di sette generazioni mi preparava i calamari prima di mettermi a letto. Guardo con diffidenza un cd dei Migala che ho per caso (non so che musica contenga), penso al mio povero cagnolino e al fatto che se fosse un toro e fossimo in Spagna lo prenderei a spadate.

Ma è tempo di concludere con qualcosa di propositivo.

A chiunque abbia avuto la pazienza di leggere queste righe e provi il mio stesso sgomento, dedico una formazione dell’Italia piena di sconforto: Marchetti. Zambrotta. Cannavaro vecchio. Chiellini. Criscito. Montolivo. De Rossi. Marchisio. Iaquinta, Gilardino. Tio Pepe. A un certo punto entra Camoranesi.

La fine.