DISCONE: Anal Cunt, The Old Testament 1988/1991 (Relapse)

Alle orecchie di uno cresciuto col mito del grindcore (mancarone) come possono essere io, il brutto grindcore non esiste. Nel senso che le sue caratteristiche peculiari -sostanziale inascoltabilità ed assenza di logiche interne- lo divide in grindcore bellissimo e non-grindcore. non puoi dare un giudizio estetico a una musica del genere, non puoi metterti a pensare a chi ha talento e a chi non ne ha, eccetera. Ci sono gruppi incredibili che puoi considerare maestri ma che per certi versi sono comunque dei fake mostruosi. La maggior parte dei gruppi grind che hanno iniziato a suonare grind hanno smesso di farlo nel giro di brevissimo e hanno intrapreso una sorta di carriera come musicisti, anche buoni, anche ben dotati, anche con dischi bellissimi. Non-grind. Il grind (mancarone) è sempre stata un’altra cosa, una specie di idea pura dietro la musica, un concetto buono sì e no per farsi delle seghe mentali fini a se stesse e/o pensare che la cultura pop di maggioranza sia tutto sommato un mucchio di merda (verissimo, peraltro). Un modo come un altro per buttar via gli anni migliori della propria esistenza dietro qualsiasi cosa che non fossero studi di marketing, analisi, semiotica e teoria dell’organizzazione. Non puoi capirlo a sedici anni, il grindcore. Neanche a vent’anni. Neanche a trentacinque. Se lo capisci non è grindcore. Se ti piace non è grindcore. Se ti senti in sintonia con quello che l’ha inciso non è grindcore. Questo pezzo non parla di nulla. Seth Putnam se n’è andato alla chetichella nel giugno di quest’anno, non sono stati messi in piedi funerali di stato, nemmeno un topic celebrativo sul forum di Metallus (mancarone), tra l’altro credo ormai chiuso da un decennio. Seth Putnam era una specie di John Lydon del metal: non particolarmente capace e dotato di per sè, non particolarmente in grado di scrivere cose epiche, ma abbastanza conscio di quel che s’ha da fare e -paradossalmente- tra i pochi dotati della volontà di farlo, il tutto senza un briciolo di cognizione di causa in merito a discorsi sulla domanda, sulla natura della musica, su ciò che va fatto o non fatto. Nella nutritissima discografia di Seth Putnam e dei suoi progetti è rintracciabile qualsiasi forma musicale, nella maggior parte dei casi ridotta ad una parodia ridicola e spompata, come quando un compagno di classe antipatico porta avanti uno sfottò su tuo cugino handicappato in terza media. Seth Putnam era un personaggio sgradevole, intendo nella cultura pop di cui sopra. Ha messo la firma su alcuni dei massimi capolavori del metal anni novanta, ha veleggiato incosciente (quattro o cinque overdosi lungo il decennio) tra un progetto musicale e l’altro, ha continuato fino alla fine a farsi a fettine e a prendersi i pomodori, scongelando il marchio Anal Cunt (la sua casa base, il punto da cui tutto inizia) poco prima di andarsene. L’estremo paradosso della vita artistica di Seth Putnam è che il suo testamento è una raccolta di demo ed EP pubblicata una settimana fa da Relapse (mancarone) e che mette insieme i primi tre anni di attività della band, una serie interminabile di cacofonie inintelligibili registrate col walkman dentro la tazza del cesso e brutali come niente che sia stato registrato prima, dopo o durante. Musica che sembra già la parodia avvoltolata di se stessa o della musica che ad essa si ispira, che per metà del minutaggio sembra un esercizio sportivo e per l’altra metà la cosa più lucida mai partorita dalla mente umana. Viene da scorrere mentalmente la lista dei dischi/gruppi che più ci hanno detto qualcosa (o no) negli ultimi dieci anni: Hospitals, Hunches, Sightings, Lightning Bolt, il giro Load in generale, n-collective, postcore, brutalità assortite, i migliori Converge, la migliore HydraHead, cinesi, harsh-noise, shitgaze (mancaroni). È triste scoprire che è quasi tutta la versione manco troppo ripulita di cose buttate dentro il calderone alla cazzo di cane vent’anni fa da qualcuno che ci ha tirato su sì e no uno stipendio da barbone e un briciolo di credibilità presso altri tossici col pallino del metal e del punk. È triste scoprire anche che l’album a cui (per motivi strettamente musicali) ci sentiamo quasi in obbligo di dare la palma di DISCO DELL’ANNO 2011, capslock voluto, è una raccolta di roba smerciata con scarso successo tra il 1988 e il1991. Avolte le cose non girano come vorresti. Seth Putnam. Mancarone.

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Navigarella (Q: Vinyl or Digital? A: Neither. I go straight for the vagina. You find them on women.)

FIGATONIA

ISBN Edizioni ha tirato fuori un blog che dovrebbe accompagnare l’uscita di Retromania, il nuovo librone di Simon Reynolds che cerca di analizzare per filo e per segno l’ossessione culturale per il passato che segna la nostra epoca (dall’autore che ha scritto la più celebre guida al post-punk uscita negli anni 2000, vabbè). Qualcuno è scettico, qualcuno è entusiasta. Polly  se ne sta occupando da vicino, almeno credo: quando avrà dato un’opinione definitiva e condivisibile gliela ruberò e me ne prenderò il merito.

LAST MINUTE! giusto ora inkiostro ci ha messo in contatt con NO BREASTS NO REQUESTS, un tlog sui bigliettini che vengono lasciati ai/dai dj in consolle che danno sfogo al lato più masturbativo di chiunque abbia mai messo dischi in un posto (quasi tutti: conta anche chi li ha suonati una volta alla festa delle medie del nipote della ex fidanzata). Questo mi crea una sponda già debole -o forse proprio inesistente- per linkare la prima cosa a cui la maggior parte degli esseri umani pensa quando si parla di “blog italiani”, vale a dire la serie dei cartelli che continua a venire aggiornata una o due volte l’anno su Umarells.

Questo lo commento in voti pitchfork. Avevamo lasciato Eugene Robinson e i Black Flag, rispettivamente, sull’ultimo disco degli One Dimensional Man (4.2) e sulle tette di Stacy Ferguson (7.9). Una notizia piuttosto fresca è che Eugene, dopo avere tentato per anni di riformare i Black Flag (3.8) con la formazione di Damaged (9.9) e lui alla voce al posto di Rollins (1.1), ha fondato un gruppo (ehm) nuovo di zecca con Chuck Dukowski (3.5). Segnatevelo alla voce GRUPPI CON NOMI STUPIDI e PICCOLI FANS: si chiameranno Black Face (7.8). C’è un’intervista su Vice, nella quale il caro parla di materiale registrato per un paio di sette pollici e composto da materiale inedito scritto da Dukowski più o meno ai tempi di My War. I dettagli in un’intervista su Vice americano.

PITCHFORKIANA: il disco nell’immagine è un sette pollici purtroppo già sold-out in cui Melvins e JSBX (in spolvero) fanno una cover di Black Betty a testa. L’album è comunque molto conosciuto dagli appassionati del settore (op.cit.). 9.2. Segue un EP di Fennesz intitolato La solita roba sua anche se adesso non pubblica più così spesso, 6.3, il nuovo Incubus su cui prima o poi scriverò un Tanto se ribeccamo, Boyz II Men meets Arcade Fire (2.1 a esser generosi), un bellissimo nuovo disco degli Rwake che non ho sentito e non so manco se si trova da scaricare illegalmente (7.3) e al momento mi viene in mente poca altra roba nuova che sto piazzando con insistenza nel lettore.

Sapete una cosa BELLA che dovete leggere subito? Trama. Che ovviamente sapete essere un libro illustrato di Ratigher, ma per sicurezza ve lo ricordiamo.

Questa è una storia molto vecchia, ma io non la conoscevo. Si sa da tempo della passione di Steve Albini per il poker. Una cosa cazzuta è che l’Uomo era iscritto ad un forum di poker online col suo nome e qualcuno gli ha chiesto di aprire un topic stile “chiedilo a Steve Albini“. QUI, dunque, c’è tutto un manifesto dello scibile umano. Verso metà topic s’iniziano a infilare turisti, troll e gente che non c’entra col forum. Steve si prende male ma non smette. Risponde educatamente a tutte le domande sensate, sfotte i troll e dà una panoramica a treesessanta di tutto quello di cui parla di solito, continuando a postare per più di venti giorni. Vien fuori un romanzetto: compratevi due birre e prendetevi un paio d’ore.

Valient Thorr, il video di Sleeper Awakes. LA DELICATEZZA, direbbe il mio amico Michele. Best band ever.

Simona Ventura, già conduttrice dell’Isola dei Famosi e giudice di X-Factor, lascia la RAI e passa a Sky. Ne approfitta per lasciare un’intervista a Vanity Fair in cui denuncia la desertificazione culturale della TV pubblica ad opera dello staff dirigenziale degli ultimi anni.

C’è una playlist di classic rock cascione truccato, curata da Washed Out e in streaming su Mixcloud. Via Stereogum.

Quella cosa che leggevate sotto su Nevermind diventerà un ebook, o comunque lo vogliate chiamare. Abbiamo immagazzinato qualche altro contributo, al momento siamo intorno ai quindici. Se volete aggiungervi avete tempo fino a fine agosto, dopodiché si tira a concludere. Il bando di concorso è “scrivimi tre righe sulla prima e l’ultima volta che hai sentito Nevermind”. disappunto(a)gmail.com è la mia mail, vi prego di mandarmi il vostro contributo e/o girare la voce che voglio un contributo. GRAZIE. Un’out-take in regalo:
G. era alto, silenzioso e magrissimo. G. Aveva un negozio di dischi a Lambrate. Un negozio in cui mi fermavo dei pomeriggi interi senza dire niente a guardare le copertine e i booklet dei cd e ascoltare quello che G. decideva di mettere su o che qualcuno gli chiedeva di sentire. Un negozio di dischi che i dischi li vendeva anche-ma-non-solo, per dire. Quell’estate era uscito In Utero. L’avevamo sentito in radio in montagna, la sera. A Planet Rock avevano trasmesso alcune tracce delll’album in anteprima. Il giorno in cui l’ho riportato a G., lui mi ha messo in mano il resto (quello che aveva), come faceva quando gli dicevo che mi era piaciuto qualcosa. Bleach, Incesticide e quel disco con una (brutta, si può dire?) copertina azzurra. Io arrivavo a casa e registravo i cd su cassette che poi giravano tra il walkman e la piastra in camera. Mi è capitato di ritrovare la TDK bianca di In Utero nel cruscotto della macchina dei miei qualche mese fa in un viaggio verso Genova. Si sentiva male, consumata dal tempo e dal sole e dal freddo e. Continuava a piacermi. Quella di Nevermind invece non saprei dove cercarla. Probabilmente è stato l’ultimo disco di Nirvana che ho comprato e -forse- è anche il disco dei Nirvana che ho sentito meno, dimenticato chissà dove insieme alle cose che si possono perdere e dimenticare in (quasi) 20 anni, tra le cassette che non ascolto più, la VHS dell’unplugged per MTV, il libro di Azerrad, i bootleg live comprati a 2700 lire e “no, non vengo al Palatrussardi”.
Tomm

 

Navigarella #3

IL FEEDREADER
I/gli White Stripes si sono sciolti. L’han fatto con un briciolo di cognizione di causa e senza causare troppo imbarazzo. Non potrei dire di essere dispiaciuto, ma non li odiavo. Sono sopravvissuti alla fine del genere che hanno contribuito a creare -la rinascita del rock’n’roll, ve lo ricordate? Un’infornata allucinante di modaioli con l’articolo a traino degli Strokes di cui nessuno aveva le palle di parlar male, dicendo sempre cose tipo “loro sono molto meglio dei modaioli con l’articolo a traino degli Strokes”. A parte i Jet, naturalmente. Loro erano troppo malvagi per poterli promuovere, anche al primo disco.
Notizie riguardo al film di Boris da Inkiostro, uno dei più grandi fan italiani. Come tutti, suppongo. A parte m.c. che non guarda serie TV per principio, la mia morosa, mia madre e la Camilla. La Camilla è il nuovo cane di mia madre, vi potrei postare una foto ma anche no, andatevele a vedere su facebook.
Palumbo ha avviato un altro blog. Sempre film e cose simili, su tumblr, molto all’osso. Si presta molto ai reblog. L’ho mai detto che odio tumblr? Non è che lo odio, è che non mi ci trovo. Non funziono.
Scream4.
Il nuovo video di Rihanna è una mezza droga. Quanto cazzo hanno rotto il cazzo ‘sti cazzo di suoni? Risposta: sempre meglio che l’invasione dei timbalandiani.

LA/LE FOTO

IL MORTO
John Barry. Mancarone.

IL LEAK
Il nuovo Trail of Dead. Fortunatamente non è necessario compiere crimini per ascoltarlo: i dischi da Worlds Apart fanno tutti cagare con il caps lock, per stavolta ho deciso di affidarmi al pregiudizio. No, non mi convincerete. Sì, potete essere in disaccordo, ma questo non vi aiuterà a trovare la luce.

IL LOAL
Lady Gaga Jesus Dressup, via Poptopoi.

Mancaroni: TEEN CHTULHU – RIDE THE BLADE

Il prossimo mancarone ci arriva per direttissima da SoloMacello. Se avete bisogno che vi spieghi chi è SoloMacello probabilmente siete entrati qua dentro per caso mentre cercavate ficcarsi cazzi mosci di zebra su per il culo su google, e quindi saperlo non v’interesserebbe.

tc

IL DISCO
TEEN CTHULHU – Ride The Blade (Life Is Abuse/Rage Of Achilles 2003). I Teen Cthulhu, al di là dell’assonanza con la minaccia “T’inculo!”, sono belli minacciosi. Pur non sapendo che faccia abbiano la copertina col suicidio, il logo indecifrabile (cosa che un disco importante deve avere sennò è sbagliato) e il fascino lovecraftiano/metallic-ano della creatura interspaziale incazzata dura che viene a solleticarti il bocciuolo coi suoi tentacoli ancestrali un po’ la chiappe le fa strigne. Quindi prima di aprirlo e metterlo nel lettore (o sul piatto dato che noi siamo più old school di voi) il disco fa già cacare sotto. Anzi: fa già cacare sotto prima di girarlo e vedere il prezzo o la casa discografica: poi vedi un par de titoli come “The Aquaducts Will Run Red with the Blood of Ceasar” o “Hydroencephaloid” (che fa molto droga+deformita+schiavitù=vita di merda) e già stai smarmottando. Alla fine lo ascolti ‘sto cazzo di disco, no? Ed è pettinatissimo. Tipo gli Emperor suonati dai Converge. Se non siete d’accordo che Emperor+Converge sia una pettineria assoluta dovreste andarvene a leggere qualche blog per pederasti.

PERCHE’ NON STARA’ NELLE CLASSIFICHE DI FINE ANNO
Perchè i Teen Cthulhu da veri incazzosi hanno ucciso tutti quei quindici stronzi che hanno comprato il disco (tranne noi che gli abbiam fatto il cthulhu a strisce quando ci han provato) così possono rimanere un gruppo veramente underground. Quindi il fatto che noi li votiamo significa che in realtà sono dei falliti. Ma noi non votiamo falliti. Comunque va bene tanto il nostro voto non farà la differenza. Zero più uno o zero più zero cambia poco.

PERCHE’ DOVREBBE STARCI
Per il singolo “I’m Going To Fucking Kill Myself” e per il sangue in copertina. E per i blastbeat. E per l’uso virile delle tastiere che non li fa sembrare degli uominisessuali (come tutti quelli che usano tastiere, infatti volevamo dire “a parte i Faith No More” ma poi il tastierista dei Faith No More è busone, quindi).

Mancaroni: MOLASSES – A SLOW MESSE

Marco Delsoldato scrive su Kronic, Ondarock, SMS e un sacco di altri posti. Ha anche -assieme ad altri- un blog sulla pallacanestro che si chiama come un disco dei June Of ’44.  Che per come la vedo io è un po’ la parabola della sua esistenza, nel senso una qualsiasi storia del cazzo, a patto che ci siano in mezzo i June Of ’44. Il primo ospite a mandarci un Mancarone.

aslowmesseIl DISCO
Nel 2003 esce (per Fancy/Alien8 Rec.) A Slow Messe, terzo disco dei Molasses. Non necessariamente quello da consigliare a tutti i conoscenti. Piuttosto quello da passare- subito- agli amici che stimi per gusto musicale, perché in qualche modo vicino al tuo (quindi il migliore possibile, per inerzia da classifica di fine anno o decennio o secolo).
Si ruota intorno a Scott Chernoff, sorta di direttore d’orchestra, autore e cantante di un manipolo di persone legate alla Constellation (Godspeed, Silver Mt.Zion, Hrsta, Set Fire To Flames, Fly Pan Am), con l’aggiunta, nell’occasione specifica, di Chris Brokaw e Thalia Zedek. Gli episodi sono ventisei (la metà dei quali strumentali, siamo sui novanta minuti), in cui folk-drone, post-rock e cantautorato slow si mischiano al rumorismo di fondo. In breve: alcune, pur dilatate all’eccesso, sono vere e proprie canzoni (Killing Lucy Stone è fra le dieci di un millennio a caso), altre spezzano il ritmo e fanno godere quasi di più, perché alla base del progetto c’è un disordine voluto e ricreato alla perfezione (anche se meno caotico rispetto ad altri lavori con la medesima griffe). In copertina una cattedrale gotica di Montreal. Non è casuale, ma per conoscere la storia comprate l’album e sfogliate il libricino interno (magari ascoltando la conclusiva Slow Mass).

PERCHE’ NON STA NELLE CLASSIFICHE DI FINE ANNO
Da questo ambiente potrebbero finirci gli ultimi Godspeed, gli attuali Silver Mt.Zion o le collaborazioni con Vic Chesnutt. Volendo, ma dovreste cercarne di particolari, i Do Make Say Think. Ed è anche giusto, almeno nel mondo in cui viviamo. I Molasses, comunque, no. Loro non compariranno. Come non troverete i Set Fire To Flames. E non solo perché, ufficialmente (e per entrambi), l’etichetta di riferimento non era la Constellation.

PERCHE’ STA QUA DENTRO
L’ho divorato con continuità assoluta e, decidendo io cosa mettere, non potevo esimermi. Per alcune derive post folk, avvenute fra il 2000 ed il 2009, meriterebbe un invito personalizzato. Occorre aggiungere che è talmente straziante ed urticante da dover essere inserito per diritto narcolettico. In fondo, però, penso sia un puro discorso di estetica.