Avendo io il culo pesante, non ho fatto la compilation di natale in free download. Però due o tre sere fa ho fatto i biglietti di natale con gli acquerelli. non sono tutti qui, ma sono quelli che sono riuscito a scannerizzare e questo è il nostro buon natale, per così dire.
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Pietre miliari: ALL I WANT FOR CHRISTMAS IS YOU rifatta da Mariah con i Roots e Jimmy Fallon
Nel panorama culturale che ci è toccato in sorte non c’è moltissimo spazio per i geni, quindi abbiamo deciso per convenzione che lo è chiunque. Per un certo periodo, nella seconda metà del decennio scorso, si è assistito ad uno scarto estetico di quello che andava definendosi come indie verso una situazione in cui venivano riciclate estetiche da cartone animato a buffo e venivano riproposte come possibili inni trasversali alle categorie di appartenenza, necessariamente millelire e forse persinopunk in un certo senso. Scherzo. Comunque non era una osa che veniva dal niente: l’idea di mettere insieme un pop maggioritario che scaturiva dalla musica indipendente è vecchia quanto la musica indipendente, ma la base culturale su cui veniva attivata era fomentata più dalla decisione di investirci sopra ex-ante che da un plebiscito orizzontale. Il quale, volenti o nolenti, c’è stato: testimonianza evidente il fatto che da lì in poi lo scarto ideologico tra pop-che-vorrebbe-essere-trash a trash duro e puro si è assottigliato fino al punto da diventare inesistente e poi fare il giro (Gaga, Rihanna, certe botte white trash stile Ke$ha o Katy Perry). E poi è arrivato il periodo in cui tutti erano tutto, Adele (su XL) figura senza problemi come artista indipendente e Lana del Rey rivende il tutto da una prospettiva contraria e dopata e instagram e priva di aspettative sul domani. Quello che ci è rimasto è ascoltare la musica come se niente fosse, ma non è soddisfacente, e quindi continuiamo a dare colpi ai cerchi e alle botti su Youtube con una frequenza sempre più allarmante e una soddisfazione -da caso a caso- sempre più bassa. A volte riusciamo a fiutare il bluff in tempo reale, una roba da non crederci, c’è da sentirsi Assante e Castaldo all in one. Quindici anni fa un’ospitata di Skin sul disco dei Marlene Kuntz sembrava la cosa più stupida che una mente umana potesse partorire, oggi ci troviamo di fronte a Jimmy Fallon e Mariah Carey che cantano All I Want for Christmas is You accompagnati dai Roots al completo con degli strumenti giocattolo e sembra un giovedì come gli altri. Non è così.
All I Want for Christmas is You è scritta da Mariah Carey e da un altro tizio (scopro nello scrivere questo pezzo che Mariah Carey si scrive i pezzi: massimo rispetto). Esce nel 1994 come principale singolo del primo Christmas Album del’artista e diventa da subito la più importante canzone di Natale degli anni novanta. Il pezzo è uno di quei classiconi istantanei per tutti i Natali rimasti a questa terra. Risponde con un bagno di sobrietà e campanellini al più classico dei classici del Natale anni ottanta, la vergognosa (ed esaltante) Last Christmas degli Wham, tastieroni + capelli cotonati + natale in baita con George Michael che ricorda il natale precedente sempre in baita (terrificante immaginare i fuoriscena, cast e tecnici a dar botte di bamba come se non ci fosse un domani e l’ultimo giorno non c’è manco più lo zucchero a velo per il pandoro). All I Want for Christmas is You è la combinazione perfetta di contesto storico, melodia supercatchy, testo ipernatalizio e prova vocale dell’artista. Last Christmas potrebbe essere cantata più o meno da chiunque con risultati paragonabili (o potenzialmente migliori), All I Want for Christmas is You è Mariah Carey dalla testa ai piedi, evoluzioni vocali ad altezze paurose ed inimitabili, il che è abbastanza evidente dalle quasi-infinite cover version casalinghe che capita di trovare sul tubo. La All I Want for Christmas is You originale ha acquisito potenza ed autorevolezza man mano che il mondo andava avanti, rimanendo il marchio di fabbrica definitivo di Mariah Carey dopo quindici anni di ingrassamento, chirurgia estetica, probabili esaurimenti nervosi, tour rider leggendari (e forse non veri), flop cinematografici e fallimentari apparizioni come caratterista in film di area Sundance.
A questo giro è la stessa Mariah Carey a provare una versione casalinga di All I Want for Christmas is You. Jimmy Fallon attacca un loop con la tastierina Casio, gli altri vanno dietro con strumenti per bambini. La versione originale viene svuotata di ogni umore e rimessa a nuovo in una versione-ipertesto che vale duecento discografie. L’idea di ricontestualizzare le parti buone della musica scadente non viene da oggi, naturalmente, ma un secolo di cover e il bastard pop sono armi diverse. All I Want for Christmas is You somiglia più alle riedizioni director’s cut di certi film epici degli anni settanta con la tecnologia di oggi, però al contrario. La versione con i Roots è abbastanza autorevole ed oliata da sembrare l’originale ingiustamente massacrato da una rendition coi campanellini e la spuma registrata vent’anni prima. ?uestlove sembra nato per indossare un cuoricino sul maglione come i My Awesome Mixtape, tutto è così dritto e perfetto da spaventare. Qualunque sia il numero di botte che avete dato alla musica pop questo mese, la versione All I Want for Christmas is You Redux 2012 è più potente e determinante e genuinamente spaventosa. Ha il sapore amaro di un traguardo ideologico che aspettavate da anni e che vi libera dall’assurdo preconcetto secondo cui i preconcetti sono assurdi. Usciti dai primi cinque o sei repeat siamo uomini nuovi, fanatici di musica pop riportati al grezzo e desiderosi di stimoli. Da qui in poi si riaprono le scommesse: chi sarà il primo ad alzare la posta nel 2013? E con cosa?
true believers: MARIAH CAREY (più o meno)

Non è proprio un post nuovo, nel momento in cui lo scrivo sono passate le cento battute che servono per arrivare qui, ma penso che insomma non andremo molto oltre e boh. La settimana scorsa ero in giro a comprare dolci dolci regali di natale* e dopo circa un’ora e mezzo avevo compilato una lista dei dieci principali motivi per cui il natale dà fastidio. La quale a sua volta era una specie di paravento per potere seppellire da qualche parte l’unico male a cui pensavo in quel momento, vale a dire Mariah Carey, incredibile ex-diva ed involontario genio del male (leggevo in giro che è tipo matta da legare) la cui esistenza ha perso senso in qualsiasi altro periodo dell’anno. Avete mai letto quella lista che girava su internet qualche anno fa? Dico la lista delle cose richieste da Mariah una volta arrivata in un qualsiasi hotel: divieto di interpellarla direttamente (pare che Mariah passi giorni e giorni in silenzio per non rovinare la voce), stanze invase di umidificatori e pupazzi di Hello Kitty, qualcuno che dica “sei bellissima oggi” a pochi minuti dal risveglio e svariate altre paturnie. Tutto questo naturalmente non entra nel clima natalizio, infestato a man bassa dalla gestione Tommy Mottola. La cosa si è ingigantita nella mia mente durante le feste fino a far coincidere l’inizio della mia deriva ateo-sostenibile da operetta e del mio odio feroce per il natale (grossomodo) con il momento in cui Mariah si impone come principale chanteuse della nascita di Cristo, che per me non ha una data vera e propria ma è come se l’avesse. Nel 1994 esce Merry Christmas. Io non ho ancora un lettore CD, anzi i CD sono ancora una specie di oggetto misterioso e futuristico che continuo ad allontanare dalla mia vista accumulando nastri da 90 come se non ci fosse un domani. Mi ritrovo nel pre-natalizio a casa di Umberto assieme a Nicola, nomi falsi, mentre Umberto sta registrando a Nicola il nastro di natale di Mariah Carey. C’è una specie di consenso trasversale su Mariah, nel senso che Umberto e Nicola hanno gusti orribili ma alcuni che avevano fatto il pullman per andare a sentire i Pink Floyd parlano di quanto Mariah abbia una voce incredibile e tutto il resto. Le darei una possibilità, ma sono entrato nel periodo più brutalmente oscurantista della mia vita di ascoltatore. Decido che non mi infastidisce sentirla a casa di qualcun altro per errore, o per radio, o in qualsiasi altro contesto. Arrivo a casa di Umberto. Ci sono progetti per il capodanno, bisogna organizzare e invece Nicola e Umberto stanno ascoltando quel cazzo di CD che sta registrando la cassetta. Finisce tutto e inizio a organizzare, ma NO cristo, mi fanno risentire una traccia che ero arrivato dopo e qui fa un acuto che ti strappa la pelle di dosso. O Holy Night. Finisce la traccia. Natale fa schifo tutt’a un tratto. Mi chiede se voglio una copia del disco che ha una cassetta in più, no grazie, esco di casa e da allora in poi il mese di dicembre è un solo grande brufolo informe sul calendario nel quale cerco di non buttare troppe paranoie alla ragazza con cui sto e di farmi coinvolgere in meno conversazioni sull’argomento. La boria è di qualche anno successivo. Mariah ha lasciato Tommy Mottola ed è diventata il principale rappresentante in terra di un pianeta tipo Marclar con i pupazzi di Hello Kitty al posto degli alieni. L’unica altra conversazione che ho su di lei (eccezion fatta per gli spoof) è con Nicola, qualche anno dopo: esce Il principe d’Egitto, il tema è cantato a due voci da Mariah e Whitney Houston (non ricordo il periodo ma credo Whitney fosse già dentro una valle di lacrime). Nicola mi dice che per comprendere la grandezza di Mariah basta sentire quanto la sua interpretazione umilia quella di Whitney in quel pezzo (il film è liberamente tratto dal Libro dell’Esodo: bestseller assoluto, persino più del Christmas Album di Mariah e dei Tool messi assieme). Finisce persino una volta su Bastonate, ma non è colpa mia. Sto allungando un po’ il brodo. Voleva essere un coso corto che menzionava il fatto che Cheeta** è morta (Wiki dice che si chiamava Cheeta, non Cita, non Cheetah, e comunque sia Cheetah Chrome che i CCM sono tra le mie principali influenze), che Hamilton Santià ha scritto un post che parte da quello sotto con simone rossi ospite e che il singolo a cui la redazione si prostra ufficialmente è THE MEGA SONG, perfetto vessillifero delle tendenze stile maximal nation e/o cattivo gusto 2011 (ringraziamo dj Pikkio per entrambi). Possibili argomenti di discussione su queste pagine future: (1) quanto fa ridere che uno dei dischi più presenti nelle playlist di fine anno alla voce avant colta/occhi aperti/scenari futuri sia stato partorito da uno degli Skaters in versione solista? (2) la musica brutta fa meno schifo se a produrla è una bella persona? Buone feste. Oppure no, stasera torniamo col tema di Aurelio Pasini.
*playlist dei regali ricevuti: agendina settimanale, borsa-toilette da viaggio fighetta, camicia fighetta, cintura fighetta, tazze da tè a buttare, calzini e magliette e mutande a buttare, cofanetto nove dvd DENTRO FABER, una cosa uscita a puntate sul Corriere, potenzialmente pericolosissima, sento che sto per finire un’altra volta dentro il tunnel emotivo del FABER. Fottuto FABER.
**drammaticamente in dubbio su quale Cheeta sia morta, non quella dei primi film di Tarzan ma forse anche sì.