ANTIMTVDAY #10 (e tutto quello di cui potrebbe parlare un pezzo con questo titolo)

(Tuono Pettinato. Non so se sia mai stata disegnata una locandina più bella)

Per sapere cosa si è, bisogna aver chiaro cosa non si è.
(Laghetto, Uomo Pera)

Trent’anni fa, quasi esatti, iniziavano le trasmissioni di MTV Usa. Era una rete che trasmetteva video ed è finita per diventare la massima espressione televisiva della nostra generazione, intendendo per nostra qualsiasi generazione compresa tra –boh- i 15 e i 25 anni nel momento delle trasmissioni.

Nel ’97 nasce MTV Italia. L’anno successivo avviene la prima edizione dell’MTV Day, un festival gratuito in cui una serie di artisti alternativi italiani (pescati tra quelli che vendono più copie) si esibiscono al Parco Nord di Bologna. Nel 2000 il pubblico alternativo dell’MTV Day si cura di bottigliare i Lunapop (rei probabilmente di rubare la scena agli altri artisti che si avvicendano sul palco, gente tipo Elisa e Ligabue). Nel 2002, dopo un anno di buco, sul palco dell’MTV Day si alternano Afterhours, Piero Pelù e Meganoidi. A circa cinque chilometri di distanza, nello stesso momento, ha luogo un festival punk chiamato AntiMTVday: in cartellone Laghetto, Fine Before You Came, Settlefish, Anna Karina, Nativist e gente simile.

Continue reading ANTIMTVDAY #10 (e tutto quello di cui potrebbe parlare un pezzo con questo titolo)

Tanto se ribeccamo (speciale crossover): LIMP BIZKIT

L’anno di uscita del primo disco dei Bizkit era il ’97. Arrivò più o meno dal nulla, un gruppo di sconosciuti prodotti da Ross Robinson all’apice della sua influenza, con Dj Lethal in formazione e una fama di protetti numero uno dei Korn. La cosa aveva un suo fascino perverso. Il disco uscito fuori si chiamava Three Dollar Bill Y’all ed era griffato Interscope: ancor oggi è un lavoro prodigioso. Si tratta di un disco rap metal piuttosto d’ordinanza, in realtà, ma probabilmente contiene il miglior lavoro sul suono mai fatto da Robinson. In pezzi tipo Leech o Stalemate la voce gli strumenti e i campioni sembrano mischiarsi in un pappone informe a cazzo che esce dallo stereo in un modo così prepotente da suonare più fastidioso di una coltre di feedback. La band parte alla conquista di un posto al sole con i consensi unanimi di pubblico, critica e colleghi musicisti. Un paio di episodi, tipo Counterfeit e la cover di Faith di George Michael (una orribile cover anni ottanta nei dischi crossover di questo periodo è una sorta di obbligo) testimoniano già di una grandissima spendibilità nel mercato del pop generico e caciarone. Faith, tanto per dire, finirà a fare il pezzo di punta nella colonna sonora di Cose molto cattive, una commedia politicamente scorretta che potrebbe spuntare una buona posizione in un ipotetico contest popolare per eleggere il peggior film degli anni novanta. Da questo punto in poi i Bizkit sono un gruppo di successo: il primo disco era partito lento ma continua a vendere. Quando nel ’99 il gruppo licenzia il secondo album, Limp Bizkit ed MTV sono già più o meno la stessa cosa.

Significant Other, questo il titolo, fa cagare. Liquidato Ross Robinson, la band registra il disco con Terry Date e assolda Brendan O’Brien per il mixaggio -vale a dire il modo più sicuro di far uscire fuori un disco coi suoni grossi senza un briciolo di cattiveria dentro. Il disco sarebbe potuto uscire tranquillamente dieci anni prima identico e firmato Urban Dance Squad, non fosse così doloso e in malafede. La poetica di Fred Durst, già all’esordio un indisponente rappettaro di buona famiglia che fa finta d’esser negro, esplode in tutta la sua incredibile grettezza. Il ritornello del singolo-chiave del disco (Nookie) recita testualmente “l’ho fatto per la figa“, ma contestualmente il disco contiene una canzone contro il sesso disimpegnato. Dj Lethal è già ridotto al ruolo di macchietta: il ruolo predominante nella musica è quello della chitarra di Wes Borland, pittoresco uomo-immagine della band che dal vivo suona con il corpo dipinto. La critica dell’epoca è ancora piuttosto entusiasta, ancorchè (dalle nostre parti) più prudente, ma a conti fatti la critica non gioca più alcun ruolo nell’esplosione del fenomeno Limp Bizkit, da qui in poi una sorta di estensione musicale della figura di Fred Durst come una sorta di novello opinion leader della generazione over-18 di un’America che sta per eleggere trionfalmente Bush figlio. Sembrano dodicimila anni fa.

L’esordio di Significant Other al numero uno di Billboard non è proprio il calcio d’inizio dell’epoca nu-metal, ma senz’altro è il suo bollino blu. Da qui in poi il piano di rendere gruppi crossover di facile consumo e nessuna credibilità indie (Papa Roach, Taproot, Hoobastank e gli altri seicentomila, quasi tutti pompati ad libitum nel triennio 2000/2002 e quasi tutti giustamente finiti nel dimenticatoio dopo quell’inglorioso periodo) delle teste di serie da un milione di copie, roba che al confronto bands di grandissimo successo tipo Puya o SOAD o Incubus ci facevano la figura dei duri e puri. Lo stesso Fred Durst diventa un produttore di successo: inizia a dirigere video per gente del giro e non, diventa vicepresidente di Interscope, inizia ad ammorbare il mondo con le sue concezioni musicali -che comprendono gli Staind, tanto per dire. Il disco successivo dei Bizkit è probabilmente quello di maggior successo: si chiama Il buco del culo  e la sborra ed è una versione per dementi della musica contenuta nel disco prima. Nel frattempo Take a Look Around è già il tema musicale della colonna sonora di Mission: Impossible 2 (un’altra ciofeca, in prospettiva), il che basta e avanza a renderlo un best seller anche rispetto al disco prima. Chocolate Starfish etc non è già più affare dei fan della prima ora, ormai impegnati a trovare una ragionevole via d’uscita alla stasi creativa dell’ultimo biennio di metal moderno, ma l’iniziale Hot Dog fa comunque malissimo. Contiene il ritornello di Closer dei NIN, rovesciata in you wanna fuck me like an animal e canzonatoria fin dalle intenzioni. Lessi un’intervista a Trent Reznor, probabilmente era Rock Sound, che commentava una cosa come “per me questi gruppi metal bianchi che cercano di rappare come dei neri sono solo merda“. Incalzato dal giornalista sul perchè avesse concesso i diritti all’uso di un suo testo, rispondeva grossomodo “non posso mica impedirgli di fare il suo disco“. Fred Durst, ai tempi di Chocolate etc, sta sui coglioni a tutti. Litiga con Eminem, con Scott Stapp, con gli Slipknot e -sostanzialmente- con chiunque altro. Wes Borland esce dal gruppo: i Bizkit indiranno un concorso per i fan allo scopo di sostituirlo. Arrivati alla fase finale dicono ciao ciao al concorso ed assoldano Mike Smith (degli Snot) come sostituto ufficiale. Le tracce che la band aveva inciso, facendo suonare le parti di basso al bassista Sam Rivers e allo stesso Fred Durst, destinate a un quarto disco della band di cui viene annunciato più o meno settimanalmente un nuovo titolo, vengono reincise dal nuovo chitarrista. Se ne aggiungono altre scritte da lui e si arriva nel 2003 alla pubblicazione di quello che è probabilmente l’album più triste della storia del crossover. Si chiama Results May Vary e sancisce la fine, anche commerciale, dei Limp Bizkit.

In realtà Results May Vary non è così differente, a livello di qualità, dai due dischi prima; il principale problema del disco è che esce nel periodo più sbagliato della storia. I Bizkit sono sempre stati una band qualunquista, in cui tutto funzionava nella misura in cui qualcuno era disposto a spenderci dei soldi; la totale assenza di messaggio e cattiveria li aveva resi appetibili per tanti ma aveva allontanato l’unico possibile nocciolo duro di fan: la gente nel frattempo aveva le palle piene di nu-metal e chitarre ribassate, cercava un povero cristo da mettere in croce, ha trovato Fred Durst (che in questo periodo pare avere una storia con Britney Spears) ed è andata a comprare i chiodini. Probabilmente Fred lo meritava in pieno, ma l’uscita di Results May vary ha comunque provocato una delle più violente e chiassose ondate di facepalm nella storia della critica rock. Esordisce in cima alle classifiche, ma complessivamente vende sì e no un quinto del suo predecessore.

Verso la fine del 2004 la band sembra voler tentare un ultimo assalto alla diligenza: Wes Borland torna in formazione e i Bizkit si mettono a lavorare, senza il batterista John Otto (in rehab), ad un disco “politico” con -nientemeno- il redivivo Ross Robinson dietro la cabina di regia. Le tracce vengono registrate relativamente in fretta e licenziate su un EP griffato Geffen ed intitolato The Unquestionable Truth pt.1. Paradossalmente il disco è di gran lunga la loro migliore uscita ad eccezione dell’esordio: nient’altro che un disco rapmetal vecchia scuola, palesemente privo di credibilità nel suo annaspare alla ricerca di un messaggio forte ma comunque sensibilmente più violento e chitarroso dei tre dischi che lo precedono. E comunque è troppo tardi per tutto: il disco non viene promosso e vende così poco che nessuno s’è mai chiesto che fine abbia fatto la parte 2. A brevissima distanza esce il primo greatest hits della band, promosso poco e male e disconosciuto dagli stessi membri del gruppo. Wes Borland esce di nuovo dalla band, la quale si scioglie senza cerimonie. è il 2005.

Quattro anni dopo, nell’estate del 2009, il gruppo torna in scena per una serie di concerti in giro per il mondo. Contestualmente torna anche in studio per registrare un disco nuovo di zecca, chiamato Gold Cobra. Ad essere sinceri il materiale registrato -a quanto pare- è sufficiente a riempire due dischi, una minaccia che il gruppo non si sente di escludere. Fermo restando che se questo è il caso, la prima parte è comunque già in ritardo di un anno e mezzo. E la musica contenuta, considerando le anteprime, di almeno vent’anni.

(tutto il resto) Lady Gaga. Te la stava per dare, poi ha vinto i VMA.

Una delle cose belle della società dei consumi è che ognuno può scegliere la propria droga sulla base di informazioni incomplete o inesistenti, iniziare un percorso di dipendenza e finire sul baratro del decadentismo più violento e gratuito quando le cose iniziano a mettersi male. Lady Gaga, da questo punto di vista, non è propriamente una soluzione a qualche bisogno culturale. È semplicemente, ancora prima che tu riesca a collocarla in un tuo paradigma culturale, qualcosa di cui ti chiedi come hai fatto a farne a meno fino ad oggi. E comunque se s’è capita una cosa su di lei è che ormai i MTV Video Music Awards sono casa sua più di quanto l’AntiMTVday sia casa dei Laghetto. Nel 2009 si presenta alla cerimonia per eseguire Paparazzi, un pezzo che secondo le regole dello zeitgeist in corso sembra stato scritto ventisei anni fa, e io me lo guardo settimanalmente giusto per dire WHOA. Allego video.

Naturalmente qualcuno potrebbe non essere d’accordo sulla portata dell’evento, nel qual caso lo staff consiglia di non leggere oltre e passare a quell’articolo su Mariastella Gelmini, la quale pare abbia dichiarato “Alla vigilia delle celebrazioni del centocinquantesimo anniversario dell’Unità d’Italia la scuola deve ricordare Mike Bongiorno”, e perché non allargare la proposta anche a George Clooney e al tizio coi capelli flosci che parlava solo di quanto l’Italia è figa ne Le Invasioni Barbariche? O al limite cercare informazioni su un complotto della sinistra che nelle parole del presidente del consiglio ha fischiato due o tre fuorigioco inesistenti al Milan sabato sera al Manuzzi di Cesena, permettendoci di entrare nell’olimpo dei grandi con un’impresa EPICA (due pappine) che ci ha fatto piangere come e più di quella volta che Giovanni Paolo venne in visita pastorale in Piazza del Popolo e iniziò a stringere mani a uomini e donne e ad accarezzare bambini a caso –compresi certuni vicino a me che ora probabilmente lavorano a qualche ente pubblico facendo sfoggio di punti d’invalidità assolutamente immeritati. Se qualcuno ha intenzione di continuare a leggere qui, anyway, mi sento autorizzato a sparare paradigmi a caso. Tipo che il 2010 verrà soprattutto ricordato come l’anno in cui Bad Romance concorre come miglior video e si becca qualsiasi premio possibile –di contorno il povero Eminem prova a tener testa, e spunta da dietro un Justin Bieber di cui nemmeno Justin Bieber sapeva nulla, finchè un matto non ha rallentato i suoi pezzi di otto volte confezionando un bordone drone-pop che i Pyramids stanno ancora lì a chiedersi MA COME HA FATTO con l’accento di dj Pikkio, autentica opera pop della decadenza occidentale che più o meno invalida l’assioma celentaniano LENTO VS ROCK sancendo che lento is the new rock, no supernaturalcat jokes included (grazie). Detto questo, il video di Bad Romance è un gran video. Probabilmente quest’anno, se l’anno è in corso, avrei preferito dare il premio ai Dinosaur Jr di Over It o agli Uochi Toki de il pezzo in anteprima dal disco nuovo, ma non sono convinto che entrambi ci stessero dentro con i tempi. Tra le varie alternative cmq Lady Gaga rimane la più appetibile, anche se personalmente mi faccio uno sviaggio molto più concreto e tentacolare con altro materiale della popstar in questione. Tipo Alejandro, la sua Isla Bonita che punta dritto al cielo con un video costellato di perversioni nazi-sessuofobe la cui portata culturale scaraventa in otto minuti la Nuova Madonna ad un livello che era nuova Veronica Ciccone e diventa nuova Madre di Cristo, un livello nel quale Gesù si chiama Alejandro e probabilmente si adopera per far passare un decreto interpretativo per far correre la sua lista alle elezioni in Galilea. Tra l’altro non tutti sanno che Alejandro, Fernando e Roberto sono i nomi veri dei tre principali redattori di Bastonate a parte Accento Svedese, che appunto si chiama Accento Svedese, e m.c. che si chiama Vaffanculo come Alec Baldwin in Americani. Se voleste avere la decenza di fare il reboot della vostra esistenza nell’ultima settimana troverete –probabilmente- un nuovo significato a tutto. Io vado con la mia.

Lunedì 6 settembre la mia vita fa sostanzialmente schifo, ho una pancetta prominente e un’alitosi che potrebbe andare agli europei 2012. Ascolto in anteprima, si fa per dire, il nuovo disco degli Interpol e dei No Age. Il primo è una ciofeca di classe epic fail che sta al disco precedente come quello stava ai primi due E sta ai primi due come i primi due stanno a Unknown Pleasures e Closer. Quello dei No Age non è da buttar via ma solo perché ormai dio cristo qua s’è imparato a riciclare tutto. Sto in fissa con il nuovo Black Mountain. Al lavoro piovono casini. La sera è finita la birra. La mia fidanzata mi passa l’oroscopo di Breszny, secondo il quale dovrei smettere di frequentare persone noiose e iniziare a pensare a un giro di amici che sia come un circolo di intellettuali. Martedì 7 e mercoledì 8 sono grigi come la canzone dei Cure e io sono così grasso che se mi mettessi il rossetto e una parrucca potrei passare per Robert Smith. Il mercoledì tra l’altro passa via interminabile e gravoso con gente che si danna a ricordare che -ehi!- oggi è datato 08/09/10 e quindi qualcosa di FIGO dovrà succedere, roba che credevamo avesse avuto la sua caporetto ai tempi di mIRC o Myspace. Giovedì 9 la critica indie italiana si divide tra chi sta per tagliarsi le vene per la possibilità che piova al concerto dei Deus e chi cerca forsennatamente di ascoltarsi Y del Pop Group per far finta di essere un fan della prima ora al Locomotiv. Il venerdì 10 lo passo lavorando nell’attesa di mangiare una schiacciatina con cipolla E P I C A al CZ di Conventello (RA), probabilmente l’anno zero del post rock. Nel frattempo Silvio Berlusconi rilascia dichiarazioni in cui si dipinge come demiurgo della fine della guerra fredda -una palese idiozia, tra l’altro: noi sappiamo BENISSIMO la verità, e cioè che, come giustamente osserva Nanni Cobretti, il clima di tensione tra USA e URSS è stato stemperato da Rocky Balboa la sera dell’incontro a Mosca con Ivan Drago- e consigliano i giovani italiani a fare esperienze di lavoro all’estero per vedere com’è fatto il mondo.

ròm màh uhmammàh

La notte del venerdì, non riuscendo a prendere sonno, decido di seguire il suo consiglio e riesco a trovare un posto come cuoco di metanfetamine in uno squat a Stavanger di cui non riesco manco a copincollare il nome per problemi di font. Ammetto di avere un po’ mentito sul curriculum. Sabato 10 mi alzo, vado al mercato, trovo una camicia a quadretti di misura XXXL che mi sta attillata (giuro) e decido di comprarla comunque. Sofia Coppola vince il Leone d’oro alla mostra del cinema di Venezia. Qualche ora dopo muoiono Claude Chabrol (mancarone), un panda, tre pettirossi e un vecchio catarroso che aveva posato in 4 post degli Umarells -uno dei quali candidato ai Blog Awards in tempi non sospetti. Nel frattempo l’intera popolazione di un arcipelago che non saprei comunque collocare geograficamente viene sfollata e mandata in un’altra isola, probabilmente abbastanza vicina. Probabilmente gli eventi non sono collegati al Leone d’oro di Sofia Coppola. La notte mi ritrovo a suonare dischi a una festa il cui pubblico è composto al 25% da fricchettoni, al 25% da indieblogger e al 50% da ultras del Cesena ingranatissimi per via della doppietta in culo al Milan. Concepisco una scaletta di raffinatissimo pop d’autore inciso in anni favorevoli al senso civico del rock scranno come il ’92 e il ’96, ma quando mi ritrovo davanti ai piatti non ho niente di meglio da sparare che un singolone a caso di Gaga, ovviamente Bad Romance. Torno a casa il mattino dopo, decido di imbarcarmi nella visione di Breaking Bad, mi ritrovo a vedere per la prima volta il video di Waka Waka -ovviamente scoppio a piangere nei primi dieci secondi. Butto via mezzo pomeriggio a guardare scene epiche ambientate in campi da calcio tipo i dieci migliori goal di Roberto Baggio (il mio premio oscar), me ne vado a una fiera del sale a Cervia RA e mi trovo faccia a faccia con un’opinione pubblica rigidamente romagnola e drammaticamente divisa tra una maggioranza assoluta di mangiatori di cozze ed una nicchia di appassionati di mora romagnola a cui io e la mia fidanzata decidiamo scientemente di unirci. Torno a casa e mi addormento mentre penso di riguardarmi Capitalism: A Love Story. La mattina dopo scopro che Lady Gaga, la quale -ricordiamo- in realtà si chiama Stefani Angelina Germanotta, ha raccolto onori e gloria nel Gotha del Rosicone. Subito dietro Eminem, il cui ultimo disco è brutalmente incentrato sulla difficoltà di essere te stesso quando te stesso sono sei o sette persone diverse, nessuna delle quali potrei mai pensare di invitare a bere una birra. Torno al lavoro con la stessa pancia e lo stesso alito del lunedì 6. Esce fuori che i Mogwai hanno firmato con Sub Pop. In tutto questo, naturalmente, l’EP Monster di Lady Gaga è una delle opere pop più poderose che mi sia capitato di ascoltare negli ultimi anni tre mesi, non che io sia queso collezionista di opere pop poderose -actually, non so manco che cazzo significhi- e questo post è solo un modo come un altro per farmi passare l’attesa di un qualche parere veramente interessante sulla faccenda, con tutta probabilità di Pop Topoi. Passo un paio d’ore a fare feedback. Esce la mia rece dei Black Mountain, la Marina dice che quasi quasi ascolta il disco. Le faccio notare che le uniche due cose che piacciono a entrambi sono la musica di Lady Gaga e il fisico dello zio Henry. Per traccheggiare un po’ mi metto a guardare una quindicina di versioni live di Campfire Kansas. Il premio oscar:

Aggiornamento del giorno successivo: Pop Topoi non sembra intenzionato a scrivere nulla sulla faccenda, rimanga quindi questo l’unico giusto e sensato parere ufficiale di un indieblogger su Lady Gaga che straborda ai VMA. I gotta feeling uuh uuh that tonight’s gonna be a good good night.

Gruppi con nomi stupidi (honoris causa): PISSED JEANS (e il disco nuovo, e MTV, e tutta quella roba)

pj

King Of Jeans vede il quartetto sempre potente, la cui tensione è alle stelle“. Questo, che qualcuno potrebbe scambiare come l’apice dell’anticlimax in una recensione dell’ultimo Pissed Jeans buttata su Debaser tre mesi prima dell’uscita nei negozi da qualche analfabeta (ma magari), è scritto invece nero su bianco con rollover in rosso vermiglio sulla pagina di MTV che presenta il degno successore di Hope For Men -con tutta probabilità roba cacciata online in gran fretta da qualche schiavetto precario sottopagato di quelli che sono stati buttati fuori a calci in culo di recente. Ovviamente a farmi vomitare non è il pezzo in sè; intendo, se qualcuno vuol parlare di richiami a un suono votato alle rumorose e mai dimenticate esperienze firmate nel roster della mitica Amphetamine Reptile, per quanto io non sappia cosa significhi firmare un’esperienza e AmRep sia la cosa più dimenticata del rock degli anni novanta a cui riesca a pensare in questo momento, è liberissimo di farlo. Quello che mi prende male è il fatto che viviamo in un universo nel quale è possibile trovare il nuovo disco dei Pissed Jeans in streaming integrale nel sito di un network il cui principale punto di forza è la capacità di barcamenarsi egregiamente tra populismo, baci e abbracci, musica di merda e Carlo Pastore (ok, ce la fa benissimo anche Rockit) e nessuno nel gruppo o in Sub Pop ci trovi niente da ridire. Sta di fatto che lo streaming integrale mi permette e/o impone di segnalarvi che il nuovo disco dei Jeans Pisciati è davvero piuttosto bello, roba che vi piacerebbe tenere in macchina se siete tra quelli che credono che la joint-venture tra Henry Rollins, Chris Haskett e Theo Van Rock ce l’abbia mandata giù il cristo in segno di perdono per i peccati dei nostri padri. E vi dà la possibilità di ascoltare gratis e legalmente quella che è già -definitivamente- la canzone dell’anno 2009, una cosina di sette minuti intitolata Spent: chitarre acide, breakettoni alla Killdozer e testo stupidissimo, sostanzialmente la Gun In Mouth Blues dei Pissed Jeans. Io solo oggi l’ho sentita tredici volte. E nel caso non vi piaccia, avete comunque la possibilità di vincere -grazie al dentifricio- due backstage pass per l’MTV Day di Genova. Il che mi mette in condizione di segnalarvi il “solito” concomitante appuntamento all’XM24 con il festival più figo d’Italia AKA AntiMTVday. Quest’anno Putiferio, Squadra Omega e altra gente figa.