NAVIGARELLA #1

via Metalsucks

(rubrica semi-fissa a cadenza semi-rigida di cose che succedono a stare su internet)

IL MIO FEEDREADER
Sono in corso le votazioni per i Sylvester 2011, vale a dire gli Oscar dei 400 Calci -in effetti sono gli Oscar ad essere i Sylvester di Hollywood.
Tra poco debutta una sitcom scritta e interpretata da Carrie Brownstein. Lo scrive Polaroid, il quale non si pone troppi problemi legati al fatto che se la serie avrà successo avremo ancora meno possibilità di vedersi riunire le Sleater Kinney. Oddio, non che una reunion delle SK abbia tutto ‘sto senso, specie dopo il disco di Corin Tucker. Ma se abbiam visto riformarsi gli Earth Crisis tanto vale aspettare anche loro. Tra l’altro avete visto che bolso è diventato Karl Buechner? Ma avete sentito il disco post-reunion? (Chiosa: che poi in realtà tutta ‘sta cosa degli Earth Crisis era patetica già dai tempi di All Out War, mi sono riascoltato tutti i dischi la settimana scorsa, roba su cui ho speso dei bei soldi, e fanno tutti indiscutibilmente CAGARE a parte tipo sei canzoni in tutto, paradossalmente uguali a tutte le altre. Se ci ripenso.)
A proposito di reunion per stronzi, il tour dell’anno colpisce gli Stati Uniti a primavera e consta di Helmet performing Meantime con di spalla Crowbar e St Vitus. Dicono che nel prezzo del biglietto è compreso un pacco di fazzolettini per pulire quando hai finito.
Per gli amici di m.c., Andrea Pomini ha parlato del libro sui Massimo Volume a RadioDue –qua c’è il podcast. via Vitaminic.
Sempre via Vitaminic scopro che Flying Lotus premia chi si fa vedere via webcam con la sua copia di Cosmogramma mettendo in download roba extra. Non so come funzioni esattamente, ma tanto non l’ho comprato. #negrophuturo
Ho letto su Brooklynvegan “Eyehategod hits Europa on February 18th along with Misery Index, Magrudergrind, Strong Intention & Mutilation Rites” e ho sborrato sul monitor prima di rendermi conto che Europa è il nome di un locale di New York.

IL MORTO DELLA SETTIMANA
Gerry Rafferty (Stealers Wheel), l’autore di Stuck In The Middle With You. Quella che passa alla radio mentre mr.Blonde tortura il poliziotto. Mancarone.

IL QUOTE DELLA SETTIMANA
Mogwai’s seventh album Hardcore Will Never Die, But You Will sounds like something Ray Cappo would say.” (Stereogum)

IL LEAK DELLA SETTIMANA
Il nuovo Social Distortion. Ho paura. Aspetto.

LA/LE FOTO DELLA SETTIMANA
Un set uscito fuori su Metalsucks, tra cui quella che vedete sopra e che raffigura Keith Caputo all’apice della forma. Il che è bizzarro, considerato che sono state scattate tipo IN SETTIMANA. Biohazard e Life Of Agony a casa loro. Anche i Biohazard sono impressionanti, sembra li abbian messi dentro una teca. Giunge voce tra l’altro che in apertura ci fossero i Vision of Disorder, i quali sono belli, giovani, riformati e in procinto di registrare roba. FOTTA.

PER IL LOAL
Ci state già passando le giornate tutti quanti: James Van Der Memes. Internet è la cosa più bella che mi sia mai capitata.

L’agendina dei concerti Bologna e dintorni – 3-9 gennaio 2011

Le previsioni meteo per il 4 gennaio danno freddo e gelo intenso ovunque, specie al centronord, con nubi su alta Lombarda, ovest Piemonte e ovest Liguria.

 

Il primo concerto del 2011 è di quelli molesti: questa sera al Clandestino, gratis dalle 22.30, arrivano i Child Abuse. Loro appartengono alla nuova ondata di gruppi newyorkesi rumorosi, ovviamente depravati e con in mezzo almeno una tastiera tagliente, suonano a volumi altissimi e con una foga che diresti metal se il metal fosse una cosa chic da galleristi di SoHo; ma dal vivo aprono il culo, per cui vedete di superare i postumi di capodanno e lo scoglionamento cosmico da primo lunedì dell’anno e alzate le chiappe dal divano, per meditare il suicidio avrete tutto il tempo martedì che non c’è un cazzo da nessuna parte. Mercoledì non mi risultano festini aggressivi degni di nota ma potrei sbagliarmi, per ora l’unica cosa che so è che all’Arterìa suonano i Testadeporcu alle 23: prevaricazione e fomento (se avete in animo di spaccare la faccia a qualcuno) assicurati per tutti. Giovedì è come martedì, ovvero il vuoto totale. Venerdì 7 chiudete in casa le bambine, al Locomotiv arriva Federico Fiumani (inizio concerto intorno alle 22, otto euro più tessera AICS), a seguire dj-set anni ’80 con gli storici resident dello Small di Cento (Mortimer, Tetro e Max Peccia): formidabili quegli anni (per i giovinastri invece ci sono i Does It Offend You, Yeah? al Covo). Sabato Estragon Lab night dalle 21, i gruppi non sono un gran che ma è gratis è c’è Bologna Violenta (e, uh, in giro non c’è altro); poi a letto presto per essere belli freschi e riposati domenica, riapre l’XM24 con la bellicosa Donnabavosa Fest 5 di cui potete ammirare qui sotto lo psichedelico flyer in tutto il suo splendore.

 

DISCONE: Alan Vega & Marc Hurtado – Sniper (Le Son du Marquis)

 
Le collaborazioni di Alan Vega non è che differiscano poi tanto dai suoi dischi solisti o in coppia con Martin Rev: qualcuno gli fa le basi (in senso musicale), possibilmente sferraglianti, ripetitive, alienanti, cibernetiche e acuminate, e lui ci delira sopra cose a caso esattamente come ha sempre fatto in tutta la sua vita. È il flow a fare la differenza: non esiste voce umana al mondo capace di competere con Alan Vega e i suoi streams of consciousness irraccontabili, in cui è racchiusa tutta la paranoia e la forza e la fede e il delirio e la fame di vita del mondo. Una volta che l’hai sentito “cantare” non lo scordi più. A volte il suo flow è appannato (i dischi solisti dal ’90 al ’95 e Why Be Blue), altre volte sono le basi che non vanno (l’agghiacciante Just a Million Dreams dell’85 e il mediocrissimo progetto Revolutionary Corps of Teenage Jesus, dove però Vega era in gran forma), ma la sua visione e la potenza del suo sguardo rimangono indistruttibili e necessarie ora come quaranta anni fa, quando assieme a Martin Rev e al suo Farfisa scassato dipanava i primi farneticamenti in un sottoscala putrido infestato di artisti barboni.
Sniper non si discosta (e come potrebbe?) dalle esperienze precedenti. Ai controlli questa volta c’è Marc Hurtado, metà degli inossidabili terroristi multimediali Étant Donnés (con cui Alan aveva già collaborato nel tonitruante Re-Up del ’99), che garantisce ai suoni un grado di ferocia e obliqua devianza di poco inferiori a Station, capolavoro dell’ultima fase del Vega solista che questo disco non riesce a superare. Da par suo, Alan è in flow assassino come nelle migliori occasioni, vaticinante, velenoso, febbrile, incarognito, mugghiante, ossessionato, digrignante, profetico,  impossessato da demoni invisibili e portatore e generatore di allucinanti visioni e accecanti squarci di luce. Impossibile segnalare qualche brano a discapito di altri in quello che è ancora una volta un unico ininterrotto flusso di coscienza paranoide e dissennato, mi limito a dire che per ora le mie preferenze vanno all’esagitata Juke Bone Done, in cui un Alan in speaker’s corner fattanza sentenzia che “heroes are always cowboys” con la carogna addosso. C’è anche una nuova versione – la terza – di Saturn Drive, con una base che è stata usata anche dai ‘nostri’ Post Contemporary Corporation (il pezzo era Onnagata). Lydia Lunch rantola depravata e arrancante nell’ultimo pezzo, Prison Sacrifice, un raggelante numero da Lee Hazlewood & Nancy Sinatra dei sociopatici. Se già lo amavate continuerete a farlo con ulteriore convinzione, altrimenti continuerà a sembrarvi un povero mentecatto un po’ partito di cervello; anche questo fa parte del gioco.
Per ora l’album sta su Deezer, ma bisogna vedere chi ce l’ha messo e se gli autori approvano; nel frattempo fatevi sotto.

STREAMO: PRO-PAIN – “Absolute Power” (AFM)

calci nei denti

 
I Pro-Pain sono un gruppo hardcore metal newyorkese sulla piazza da una ventina d’anni, nascono dalle ceneri dei thrashers di seconda fascia Crumbsuckers, hanno cambiato mille batteristi in puro Spinal Tap style e i loro dischi, rilasciati con commovente regolarità al ritmo di uno ogni sedici-diciotto mesi, da sempre, hanno una simpatica particolarità: sono tutti esattamente identici. Il loro sound asfittico e incazzatissimo è rimasto invariato nei secoli, così come la struttura dei loro pezzi: batteria pestona, basso in primo piano, chitarre ipersature e voce da cinghiale con le palle rimaste incastrate in una tagliola, strofa ritornello strofa ritornello assolo ignorante poi di nuovo ritornello e via andare, ed ecco pronto un altro album. I tempi passano, le mode cambiano ma i Pro-Pain sono sempre lì, con le loro zucche pelate a scintillare nel sole, le panze all’aria e i baffoni da motociclista del corpulento leader Gary Meskil temibilmente in prima linea; hanno visto nascere e morire infinite scene, infiniti trend, dall’industrial groove metal degli amici Prong al NYHC più malmostoso e bullistico, dal pessimo metalcore al ritorno di fiamma per il thrash metal, incidevano per Roadrunner quando Jamey Jasta probabilmente ancora le prendeva un giorno sì e l’altro pure dai teppistelli del quartiere, quando hanno cominciato Internet era roba da romanzo cyberpunk e i telefoni cellulari li usavano giusto i magnaccia. Probabilmente ci seppelliranno tutti. Di sicuro, ad ascoltare l’ennesimo ‘nuovo’ album di cui cambiano solamente copertina e titoli, il rischio concreto è piuttosto quello di morire di noia, di salire su una torre armati di carabina tipo Charles Whitman, in ogni caso di finire risucchiati in un inspiegabile gap temporale alla Twilight Zone in cui nulla cambia e tutto resta uguale, ed è sempre il 1992 e ci si nutre esclusivamente di Big Mac e l’unica lettura contemplata e ammessa sono i fumetti di Capitan America. Cose del genere. D’altro canto, il fatto che i Pro-Pain continuino ad esistere è in una certa maniera confortante; mi fa pensare a quel romanzo di Jonathan Carroll in cui gli animali sono i guardiani del mondo e i depositari della saggezza, e ci proteggono e vegliano su di noi affinchè non facciamo più cazzate del necessario. Ecco, anche se i loro dischi continuano a farmi schifo, per me i Pro-Pain sono questo.
Il nuovo arrivato si chiama Absolute Power e – l’avresti mai detto? – è esattamente identico a tutti gli altri; solo che qui c’è un featuring di Schmier dei Destruction (brrr…), e un pezzo che si intitola I Apologize (grazie a Dio non ha niente a che vedere con gli Husker Du) che probabilmente è il meno peggio di tutti. Fino alla prossima,

Clicca qui per ascoltare tutto “Absolute Power”

QUATTRO MINUTI: Mono – Holy Ground (NYC Live with the wordless music orchestra)

VIA
Tra tutti i cloni dei Mogwai sono sempre stati i migliori, in larga parte perché hanno abbracciato completamente l’orchestralità pacchiana da primi della classe che si sottintende essere parte integrante di quel genere di postrock melodico con i violini e le finestre aperte. Era solo questione di tempo, immagino, perché si mettessero a suonare con un’orchestra vera e propria, in una serata di megasuccesso che esce in DVD + CD e/o DVD + 26 LP per la solita TRL. Dentro ci trovate (oltre al CD e/o triplo LP) tutto quello che avreste osato chiedere ai Mono in questa formazione: i classiconi più classici, i volumoni più voluminosi, la bassista giappa (non che gli altri tre non siano giappi) coi tacchi a spillo e il pubblico in delirio. Non è che sia un gruppo che si spari delle mega-pose, suonano perlopiù da seduti coi capelli davanti agli occhi –ok, probabilmente è una posa in sé. Nel caso prendiate la versione in vinile sarete più FICHI ma dovrete alzarvi di continuo dal letto per cambiar lato (dupalle). Oddio, dieci secondi. SPACCA IL CULO.
STOP

trailer: