A quanto pare Embryonic non bastava. Un ispirato mastodonte di psichedelia pop fricchettona a caso, in effetti, era il minimo che potessero fare per aver abusato del nostro tempo con un disco –sostanzialmente- del cazzo come At War With The Mystics. Quello su cui tuttavia i Flaming Lips decidono di giocarsi la propria credibilità “storica” è una sorta di opera-rock concettuale pensata e realizzata come una versione noughties di Zaireeka. In che senso? (grazie per la domanda) Nel senso di un album parallelo alla discografia ufficiale basato su premesse concettuali talmente fighe che è quasi inutile ascoltarlo. Ora, se avete avuto a che fare con me nei primi anni duemila sapete NON SOLO che dopo i 20 non sono mai stato magro, ma anche che ho un’insana passione per Zaireeka. Stefano I.Bianchi di Blow Up lo ha chiamato grossomodo l’opera pop definitiva: sono abbastanza d’accordo. The Dark Side Of The Moon si muove grossomodo sulle stesse coordinate: vale come dichiarazione d’intenti almeno quanto disco, anche se non ha la carica rivoluzionaria di Zaireeka e ha comportato un lavoro molto meno intenso in sede di scrittura. Nel senso che è –appunto- Dark Side Of The Moon rifatto pari pari da un gruppo di addetti ai lavori che comprende Peaches e Henry Rollins.
(Che già come concetto fa cacar sotto dal ridere, tipo mestiere del WTF. Concepire un’ospitata dello Zio in mezzo a un branco di quarantenni strafatti di acido. Così, tanto per farne una. Magari era andato a fargli il cazziatone e l’hanno obbligato a fare le backing vocals.)
Il risultato è tronfiamente intitolato The Flaming Lips and Stardeath and White Dwarfs with Henry Rollins and Peaches Doing the Dark Side of the Moon. DISCONE. Una raccolta di canzoni suonate come la versione calligrafica di Dark Side ma eseguita dai Pink Floyd era-Barrett, che sembra registrato con dei microfoni attaccati ai muri della stanza accanto ed editato da qualche mammasantissima del freak pop tipo un Fourtet col viaggio del vintage. I pezzi sono i pezzi di Dark Side, quindi probabilmente li conoscete piuttosto bene –ma vi assicuro che fa un effetto devastante. E certo, non è un’opera-pop importante come Zaireeka, ma è ragionevole pensare che stia alla musica rock degli anni duemila come Zaireeka stava alla musica rock degli anni novanta (la musica rock degli anni duemila fa molto più schifo, purtroppo). Se avete voglia di seghe mentali c’è tutto quel che serve: calligrafismo, importanza dell’opera, il senso della reinterpretazione, la dialettica tra questo e quell’altro e tutta quella serie di cose che fanno sborrare Simon Reynolds. Oppure potreste fare una scelta sensata e buttarvi semplicemente sulla musica. Dicevo: DISCONE, e a me l’originale non piace nemmeno troppo. Purtroppo per ora –e suppongo per sempre- il CD non è in vendita, quindi vi dovrete accontentare degli mp3 su iTunes –o quel che è, insomma. Viva lo zio Hank.