LIRBI corti #6 – Mauro Corona, Una lacrima color turchese

Nota metodologica: LIRBI corti è la versione di LIRBI che si occupa di recensire libri sulla base delle prime pagine lette scrupolosamente in biblioteca (cioè scaricate da Amazon e scorse due secondi)

corona

Non sono sicuro di sapere chi sia Mauro Corona, né di volerlo sapere. Quello che so è che questo libro è dedicato Al Papa Francesco. Che Dio lo aiuti (santo Dio. “Santo Dio” lo dico io, non è nella dedica), e alla pagina seguente sfoggia svergognato epigrafi di Mishima e Čechov, scelte accuratamente tra le poche cose banali e sciatte scritte dai due. Che poi anche io metto epigrafi di Wittgenstein prima delle recensioni dei dischi, ma che c’entra. Dalla prima pagina veniamo a sapere che il luogo in cui si svolge la storia (o quel che è contenuto in questa COSA che non chiamerò “libro”) si chiama baita del Ghiro, che l’autore si definisce solo soletto e balordo, dice che la storia PRINCIPIA (un verbo scelto così, tanto per) e che scriverla è una roba che urge. La montagna come caminetto, il Natale perpetuo, gli animali del bosco come amici. Ma andatevene tutti affanculo, lettori e il Papa Francesco compresi. (Voto meno ottantacinque. Poi un giorno nei boschi incontrerò Corona e sarà un grosso e piangerò per il senso di colpa consolato dalle sue forti braccia montanare).

 

Perdere sempre // Il black metal come proprietà di quelli alla moda, e il fatto che quelli alla moda hanno ragione (trattato sul fatto che facevamo il Bene pensando di fare il Male)

burzum

 

Once upon a time as black metal ruled
The blood was hot. The hearts were strong.
The future seems to be ours

But nothing more remained, because black metal died.
Gone the days of pure underground, of spirit, pain and fire.
So listen to your heart, what black metal means to you.

You’re weak, destroy yourself. You’re from old days, remember his corpse.
So I summon the old warriors. That we shall begin
To kill the false and hate one to satisfy our hate.

Because

My soul is possessed by black fucking metal

(Nargaroth)

È dura iniziare un pezzo sul black metal con le lacrime agli occhi e il cuore a pezzi, ma sapete che c’è, c’è che io ieri mi chiedevo se Papa Francesco fosse un buon papa oppure l’Anticristo, e oggi è arrivata la risposta, chiaramente la seconda (come dimostra il gabbiano inviato ieri a far scempio delle false colombe inviate dal falso profeta), e tutto questo mi fa sentire più vuoto che mai.

Non è un controsenso? Sono seicento anni almeno (ok, è dal 1995 o 1996 al massimo) che ce ne andiamo in giro dicendo che Venga l’Anticristo di qua, Adveniat Infernus di là, e oggi che questo è finalmente successo, ci ritroviamo in un mondo che sostanzialmente lo adora, e la nostra missione black metal di smascheramento dei falsi idoli ci impone invece di disprezzarlo, di disprezzare l’Anticristo capite, e quindi di porci dalla parte del Bene.

Dalla parte del Bene, capito, noi, proprio noi bestemmiatori infami, noi profanatori di luoghi di culto o più spesso di tazze del cesso aziendali immacolate la mattina al nostro arrivo, e già alle nove e mezza consegnate al maelstorm più devastante; noi parlatori al contrario, veditori di film dell’orrore ma di quelli perversi non le cazzatelle death tipo LA CASA, frequentatori mentali delle desolazioni nordiche mentre abitiamo tipo alla BUFALOTTA;

(No, questa cosa dovete vederla. Non c’è niente di più demotivante di essere in un luogo desolato, ma desolato in modo del tutto opposto a quanto può esserlo un bosco norvegese, tipo non so, una fermata dell’autobus nei pressi del Gemelli, o l’ingresso della metro Cornelia, o uno qualunque di quei posti gialli di Roma; essere in uno di questi luoghi, dicevo, tipo a luglio, e indossare una maglietta anche solo dei Cradle of Filth, il tuo animo adolescente pieno di quei boschi e quei demoni e quell’ONORE, quello stesso ONORE calpestato da ogni sguardo di romano coi capelli bianchi lunghi che passa e non ti dice, ma tu lo senti, A SATANA, MA VAFFANCULO, quell’ONORE travolto e ucciso da ogni taxi sulla cui fiancata il guidatore malvivente ha scritto MASSIMINO TASSISTICA COPERATIVA per ricordarti che sei a Roma, Roma, sempre ROMA di MERDA, e qui le chiese so’ di marmo, ed è più facile che siano loro a bruciare te, un giorno)

Insomma, questo fatto che siamo dalla parte del Bene, così, all’improvviso. Papa e altre cazzate a parte, intendo. Prendete questo fatto del black metal hipster. In questo mondo senza più ideali né dei, nemmeno quelli sbagliati, ormai non fa più né caldo né freddo a nessuno, ma c’è stato un tempo e un luogo puro, una Asgard in cui abbiamo vissuto,  in cui ascoltare i Take That o i Nirvana o i Guns n’Roses o i Darkthrone era indice di una scelta di vita ben precisa; andava a forgiare tutto ciò che rendeva te quello che eri, e i settori erano chiusi l’un l’altro da paratie stagne, che pochi infrangevano, e se lo facevano stavano attenti a non farlo notare. Prendete me, per esempio. Io ero il tipo Nirvana, cioè avevo deciso di stare da quella parte. Pensavo già, in realtà, che Back for Good fosse il più straordinario pezzo pop dai tempi di Lennon/McCartney, ma lo negavo a me stesso fingendo ironia; comprai i due Use Your Illusion aspettandomi che il commesso mi desse del pezzo di merda, cosa che grossomodo fece quello di Hellnation quando comprai la ristampa di Burzum/Aske assieme a qualcosa tipo boh, i Mr. T Experience. E oggi Hellnation vende tipo le magliette co Mario Brega o il Chinotto, e tutto è vano, e tutto è finito, e tutto –

– sì, finiscono così i miei paragrafi, in nulla: forse in nulla è finito anche il black metal, scelta di vita diventata adesso raffinato strumento di erudizione musicale per hipster del cazzo che urlano come Gaahl non ha mai saputo fare, in dischi potenti e affilati che però piacciono ai ragazzi carini e vengono ammessi in società

(Immagino un contesto orrendo tipo la festa di This is the End, con tipo i Deafheaven che arrivano e sono tutti inseriti in questa squallida imitazione di gruppo di amici, che include attori di film per ragazzi, Rihanna, sceneggiatori e cantanti black metal, e tutti assieme, senza più classi, scambiano le chiacchiere intelligenti di chi appartiene all’indistinto numero dei genericamente fichi)

o peggio, all’Università, perché giuro che un giorno mi sono imbattuto in un sito che ospitava la lecture del coglione dei Liturgy in un posto tipo boh, la facoltà di filosofia di Princeton.

La domanda è: vaffanculo?! E la risposta: vaffanculo!

Vaffanculo ai Deafheaven che partecipano come se niente fosse a una compilation di San Valentino con una canzone d’amore cantata a cappella (no, non metto link, e se vorreste ce ne fosse uno, morirete per goetia stanotte stessa); vaffanculo ai Woods of Desolation e alle loro chitarre shoegaze intellettuali; vaffanculo ai Wolves in the Throne Room e alla loro comune hippy del cazzo   – lo sapete, no, che vivono tutti allegri tutti insieme in una casetta nel bosco come fossero quel coglione di Thoreau?; vaffanculo alla classifica dei dischi metal pubblicata su Pitchfork, vaffanculo al design dei dischi dei Liars, vaffanculo a Thurston Moore del cazzo; vaffanculo, in fin dei conti, al fatto che i barbari ben vestiti che si sono appropriati della nostra musica rozza e brutale l’hanno resa in fin dei conti di nuovo vitale, togliendocela per sempre, questo è vero, ma dandogli una credibilità che si era persa, forse, una ventina d’anni fa.

Ora, un’altra domanda è: c’era bisogno di tutto questo? Chi di noi vuole discutere di “black metal trascendente” con bei ragazzi che ascoltano al tempo stesso gli Arcade Fire e Justin Timberlake senza vederci niente di male? E se anche qualcuno di noi ne avesse voglia, quanti avrebbero davvero accesso a una conversazione di questo tipo?

Reietti della terra, ecco un’altra sconfitta per tutti voi. Forse la farina del diavolo va davvero sempre in crusca, perché noi volevamo  mettergli davvero paura, ma le ragazzine l’anno scorso hanno avuto davvero i Mayhem nella line up del Primavera. Ritiriamoci nelle foreste, amici misantropi, torniamo nelle nostre oscurità, dove non splende la falsa luce di tutto quello che non è mai stato concesso a noi, noi nemici, noi avversari, adoratori di Satana, ultimi baluardi di tutto ciò che è puro.

DISCONE: Boniface – Christianity (Mass Suicide Cult)

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Oh comunque alla fine il nuovo Papa ha messo d’accordo tutti tranne gli haters, l’unico leader del mondo è in effetti Francesco (Papa Kekko) che, con le recenti prese di posizione umili e Cristiane nel senso più evangelico del termine ha restituito alla Cristianità il ruolo di Forza Positiva e Guida per l’Umanità Intera, non più istituzione chiusa in se stessa e lontana, ma di nuovo Madre che abbraccia e accoglie i peccatori, soprattutto i peccatori, nella luce della fede.

VAFFANCULO!

Direttamente da un posto migliore, cioè un Inferno lisergico e violaceo (come avrebbe scritto Metal Shock negli anni ’90), il probabile gruppo-scherzo Boniface (perché sì, è uno scherzo, lo si capisce dalle foto in cui quello dietro so’ chiaramente io. Mindfuck. Io comunque scrivo qui questa eventualità, così non potrò essere troppo lollato dai metallari sgamati) viene in un colpo a far piazza pulita di: quanto di buono fatto dalla Chiesa in questi mesi; i Liturgy e la nuova tendenza dell’hipster-black metal; Miley Cyrus e le sue stronzate pedofile; le nostre vite in generale.

Che alla fine, poi, il disco è (non) uscito in gennaio: ma noi non facciamo compromessi, per niente e per nessuno, disprezziamo la quotidianità, l’ordinario e, come Famine dei Peste Noire (a proposito: altro DISCONE di cui parlerò se mai dovessi scendere al compromesso di mitigare la mia elitaria misantropia parlando di qualcosa a qualcuno), tutte le reti sociali di internet. E quindi, a spiegare alle merde che osano chiamare se stesse UOMINI perché Christianity dei Boniface è un discone ci arriviamo soltanto oggi.

I Boniface hanno le intro. La copertina bianca e nera. Un nome che si fa beffe della cristianità, le outro, e soprattutto hanno magnato durante il digiuno di papa Francesco, con il disperato (ma disperato in modo glaciale e trattenuto) scopo di mandare in merda i tentativi della Madonna di evitare la guerra in Siria. Ogni oliva ascolana, una bomba in più sugli innocenti. Morte, distruzione, male. Per ora, hanno evitato la liberazione del prete . No, davvero, che mostro che sono: ho un senso di colpa grande come una casa. Sabato avevo deciso di digiunare, ma poi alle sei e mezzo-sette fingendo di dover bere (bere si poteva) ho voluttuosamente aspirato un cocktail di frutta. Lussureggiante, tipo con le frutte sopra, coi cocchi, co l’OMBRELLINO! Poi uno dice che Satana non esiste e non ti tenta. Così, ho mollato il patetico tentativo di cristianità – ne esistono di non patetici? – e ho digitato di nuovo

BLACK METAL

nella barra di ricerca di Google Chrome.

Boniface, grazie di esistere, Lucifero, grazie di aver indirizzato le mie ricerche, Lucifero, grazie di esistere. Che poi, in questi giorni, tutto per me sta convergendo nel diavolo, Horns! I see horns!, come dice quella canzone dei Watain (che se fossero napoletani direbbero “Cuorn! Veco e ccuorn!”), i gusti nel vestire, nel mangiare, un po’ tutto il mio modo di essere, dunque perché non perdere l’anima del tutto.

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Vedete, l’altro giorno questo ragazzo gentile dall’aria di un mezzadro ha superato una linea di confine che, forse, non doveva essere superata  – e non mi riferisco a quando mi sono informato del prezzo di una bicicletta arrivando quasi a introdurmi in un ben noto negozio hipster di biciclette hipster. No, alludo a quando sono andato a fare colazione da quei burini di Rosti indossando una maglietta dei Bathory, e l’ho fatto tranquillamente perché tanto tutti ritenevano che fossi solo un altro alternativo spiritoso. Il più grande inganno che il diavolo abbia mai fatto all’uomo è fargli credere di non assumere mai l’aria di un tranquillone: ma siamo in molti, qui dentro, e stiamo già affilando le forchette per il prossimo digiuno.

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Stick your knife in me: SWANS @ Circolo degli Artisti, 22 marzo 2013

Il vecchio coi capelli sudici
Il vecchio coi capelli sudici

Non mi aizzavo così a un concerto dai tempi in cui vidi qualcosa di ugualmente pesante e sudicio e lungo, direi forse i Royal Trux, qualcosa come quindici anni fa. Uno di quei concerti che, in pratica, dura una cosa come due ore e mezza e te la fa prendere bene perché quando alla fine sei lì che muori, e non ne puoi più di vedere il vecchio che saltella, alla fine uno dei saltelli – ci sono stati ventisei saltelli e su ogni saltello tutta la band faceva SBRANG nel momento in cui lui toccava terra, e per ognuno dei ventisei ti sei detto FORZA, questo sarà l’ultimo e non lo era mai e così hai mollato e hai perso il conto e la tua mente è andata altrove (io per esempio pensavo alla città di Pereta dove sono capitato per sbaglio tempo fa), e poi all’improvviso uno dei saltelli si trasforma davvero nell’ULTIMO SALTELLO e tu torni in te tutto di un botto – tipo quando sei in motorino e ti fai i cazzi tuoi e a un certo punto uno non si ferma allo stop e sta per travolgerti, uccidendoti, e d’un tratto sei di nuovo quello che eri sempre stato, ragazzo, un falco nel cielo, un lupo in caccia con tutti i cinque sensi (tatto sudore puzza vista dito) svegli e pronti a farti scattare, dicevo? Ah sì, c’è questo saltello finale e tu all’improvviso RISORGI come un CRISTO TRIONFANTE IN GLORIA, la stanchezza ti passa di botto, sei lì che applaudi e dici a uno lì dietro, oh, è stato GRANDE e nel tuo GRANDE c’è già una promessa di letto, di RIPOSO, la maison de mon reve, amici miei, e sei talmente felice di avercela fatta che addirittura sciali questa adrenalina gratuita in cui non credevi più e ti trattieni in cortile a salutare tutti prima di andare (tutti? Tutti chi? “Tutti” cioè “nessuno”, due tre bruciati che hai incontrato lì per sbaglio quando sei arrivato SOLO alle ventuno e trenta, SOLO come SOLO nascesti e vivesti, fratello, eri SOLO, ti ricordi, a chiamare PAPà e lui non c’era). Insomma, questo è stato il concerto degli Swans, l’altra sera a Roma, un concerto glorioso per i motivi che ho detto, e spero di avervi trasmesso almeno in parte le sensazioni di amore e vittoria che ho provato, per una volta, davanti a un palco. Che alla fine, a che servono le recensioni dei concerti? A un cazzo di niente: io, quando ero piccolo (cioè avevo sui 28 anni), rosicavo a bestia per i concerti a cui non ero stato e c’era la recensione beffarda e quindi non la leggevo, al massimo buttavo lì un’occhiata scanner per vedere se riuscivo a cogliere che era stata una cacata, e naturalmente la prima e unica riga che beccavo era è STATA UNA FICATA MADONNA JEEZ NON SARò MAI Più LO STESSO;  succedeva questo, oppure c’era il caso che al concerto c’ero stato e non mi fregava poi molto di leggere le banalità di un altro, o c’era infine il caso del concerto di cui non mi fregava nulla e perciò mi fregava ancor meno di leggere la recensione.                 Quindi, non pretendo che a qualcuno freghi di leggere questa peraltro tardiva recensione di uno show che alla fine per lui/lei ha significato poco (questa frase non finiva così nel progetto mentale che faccio di ogni frase sette millidecimi prima di scriverla: però a volte mi va in merda il cervello e non riesco a concludere le frasi come avevo progettato, semplicemente perché mi dimentico in tempo reale ciò che voglio dire. In casi come questo, uso delle conclusioni di frase del tutto generiche e banali. Di norma la gente mi fa i complimenti proprio per queste frasi: MI CI SONO RISPECCHIATO UN SACCO IN QUELLO CHE HAI SCRITTO QUANDO HAI SCRITTO CHE GLI SWANS NON HANNO SIGNIFICATO UN CAZZO PER NESSUNO). Comunque, il concerto era iniziato male, c’era il tizio degli Xiu Xiu tutto solo che si lagnava, ma la cosa più devastante era che indossava un completo del tutto uncool, cioè era vestito come un impiegato povero o come un deputato grillino, quella eleganza STAZZONATA, capite. “Stazzonato” non so che vuol dire ma l’ho  letto in un libro di Ellroy dove “Stazzonato” era una parola su cinque (le altre quattro erano: “si scrollò le spalle”. No, davvero lo trovate fico, Ellroy?). Insomma, era cominciata male ma è finita bene. Sì, avete indovinato, questa era un’altra di quelle frasi che dicevo. Ma in linea di massima, sono abbastanza soddisfatto di me stesso, e se siete arrivati a leggere fin qui, GRAZIE: questo è davvero l’ultimo saltello.