C’era questo tizio ipocondriaco con un contratto co.co.pro nell’ambito dei ditali da cucito che esce di casa una sera per andare ad un concerto degli Arab On Radar. Vestizione da rimorchio con anfibio lucido antiscivolo su vomito, pantalone in velluto impermeabile al vomito, camicia a quadri modello autotrasportatore di Twin Peaks (vomitorepellente), flacone di rohypnol nel taschino. Prende la sua auto perchè ha paura dei mezzi pubblici: c’è quasi sempre del vomito sui sedili, troppa gente che tossisce e poi insisteva su sta cosa che gli autobus sono talmente sporchi da avere al loro interno più fluidi corporei di un vero essere umano, anche se sono fatti di lamiera piegata male. Arriva al club e c’è la fila. Dopo venti minuti riesce ad entrare, ordina l’imitazione di un whisky al bancone e se lo fa versare in un bicchiere portato da casa, che Dio solo sa quanto non lavino i bicchieri in quel posto. Era lì da un’ora e tredici minuti e nessuno gli aveva ancora rivolto la parola: più faceva caso a questa cosa e più gli montava la paranoia che magari la gente non gli si avvicinasse a causa del rumore di pillole di rohypnol che girano a vuoto in un flacone proveniente dal suo taschino. Pensava, a ragione, che nessuno chiederebbe nemmeno l’ora ad una specie di salvadanaio rivestito di velluto e pieno di droga da stupro seduto al bancone di un club. La magia accade quando inizia a suonare il gruppo spalla degli Arab On Radar ed una morettina con più occhi che denti sani gli parla tutta la sera della scena shitwave di Providence degli ultimi quindici anni, in un discorso talmente passatista e fine a sè stesso che il nostro tizio riesce a concludere la serata con un threesome sui sedili posteriori della sua macchina: c’erano lui, la morettina con più denti marci che capelli e il virus dell’HIV. La mattina lui si sveglia, e di lei rimangono solo il retrovirus e la scritta sul lunotto “Benvenuto nel mondo dell’AIDS”.