Nel 2007 i Rage Against the Machine tornano insieme per un set al Coachella, seguito da un piccolo tour europeo. Il gruppo si era sciolto all’indomani del tour a supporto dell’ultimo disco The Battle of Los Angeles (probabilmente, in prospettiva, il loro miglior album). La band covava una spaccatura al suo interno da almeno un lustro: da una parte Zack de la Rocha, un chicano riottoso e brutto come la fame, antagonista ad ogni costo e preso male all’idea di rimanere bloccato per il resto della vita a realizzare dischi rap-metal con lo stampino. Dall’altra parte Tom Morello e gli altri due musicisti, militanti di sinistra consapevoli e ben disposti a svendersi al miglior offerente per poter versare il ricavato alle cause che sostengono. La divisione li porterà, per certi versi, a inseguire il proprio sogno. Dopo la pubblicazione del dispensabilissimo cover album Renegades i tre musicisti finiranno per diventare l’ultima grande retroguardia del rock americano a nome Audioslave, un gruppo creato in vitro da Rick Rubin con Chris Cornell alla voce (per un po’ di tempo s’era persino parlato di un reboot dei RATM con B-Real alla voce) che vende un fantastilione di copie del primo album e viene adottato da Michael Mann per Collateral e Miami Vice (così da creare un concetto di americanità così figo che a conti fatti riesco a riascoltare senza problemi tutti e tre i loro dischi); Zack de La Rocha rimane impantanato per quasi dieci anni nella realizzazione di un disco solista. I lavori erano iniziati già ai tempi dei RATM: continuavano a saltare fuori collaborazioni con ?uest Love dei Roots, Dj Shadow e altra gente parimenti figa, il disco era dato come imminente già ai tempi di Renegades e quasi tutti scommettevano sul capolavoro nonostante il cantante non avesse nessuna credibilità da spendere all’interno del giro hip hop. Ancora oggi il disco non ha dato segno di vita -suppongo sia stato archiviato in via definitiva. A cavallo del 2000 si parlò di un nuovo gruppo formato da Zack de la Rocha e nientemeno che Trent Reznor, ma anche questo progetto non ha mai visto la luce (considerati i progetti di Trent Reznor che la luce l’hanno vista, dal 2000 in poi, è solo un bene). A conti fatti nell’ultimo decennio il rapper ha pubblicato un paio di tracce sparse come guest-star in dischi altrui o come mossa di protesta verso qualche causa. Si rifà vivo quasi dal nulla con un gruppo di nome One Day as a Lion, composto da lui e dal batterista dei Mars Volta, buttando fuori un EP nel 2008 che testimonia -grossomodo- di un impianto per niente diverso da quello dei RATM, con tastiere sature al posto dei chitarroni wah-wah e batterie estremamente più fantasiose di quelle di Brad Wilk (musicalmente è una cosa piuttosto figa, la parte meno convincente è quella vocale). A questo punto i RATM sono già tornati insieme. Il tour è andato benissimo nonostante nessuno abbia la minima intenzione di chiudersi in uno studio e lavorare a qualche pezzo nuovo: solo pezzi del tour suonati come la band li ha sempre suonati (benissimo, sia chiaro, ma con ogni secondo di esecuzione già programmato); l’unica differenza è che Zack de la Rocha ha smesso i dreadlocks e sfoggia una testa di riccioloni afro (da cui probabilmente l’idea di unirsi al batterista dei Mars Volta). La sensazione generale, per nulla smentita dai membri della band, è quella di trovarsi di fronte ad una associazione a scopo di lucro fondata sul concetto di mettere in contatto il meno possibile il rapper e i tre musicisti -tipo i Pantera ai tempi di The Great Southern Trendkill, grossomodo. Negli stessi anni Tom Morello ha provato una carriera solista a nome Nightwatchman con la quale cerca di rinverdire (non richiesto) la tradizione della canzone di protesta -il risultato è disastroso, una specie di versione sobria di certi Pogues saturata di slogan riottosi da seconda liceo. Gli Audioslave invece si sono sciolti all’inizio del 2007 per “divergenze creative e personali”, lasciando libero spazio alla carriera solista di Chris Cornell (impegnato a trovare un significato più radicale al verbo sbagliare) e alla reunion dei Soundgarden. Alla fine del 2007, con qualche strascico live nell’anno successivo, i RATM sono morti e sepolti. C’è un singolo momento di BOTTA quando i RATM si presentano a suonare a sorpresa durante il convegno nazionale repubblicano a Minneapolis: la band cerca di arrivare sul palco, viene fermata dalla polizia e si mette a cantare un paio di pezzi a cappella con un megafono in mezzo alla folla; per il resto è tutto più o meno come la reunion dei Pistols. Succede tuttavia che a fine 2009 viene promossa la campagna anti X-Factor: per impedire al miracolato di turno di arrivare in testa ad iTunes per natale viene proposto agli aderenti di comprare in massa Killing in the Name. La campagna ha successo, e i RATM arrivano in testa alle classifiche inglesi con un pezzo vecchio di 17 anni. Promettono in contropartita un concerto londinese gratuito, mantengono nell’estate del 2010 e ne approfittano per attaccarci qualche festival europeo. Negli ultimi mesi, mentre in Gran Bretagna la campagna anti X-Factor ha preso come bandiera 4’33”, arrivano le prime dichiarazioni sul fatto che la band ha (grossomodo) smussato le divergenze e sta lavorando a pezzi nuovi. Non credo servirà una sfera di cristallo per immaginare quanto sarà identico agli altri tre dischi. I quali, riascoltati, sentono tutti i loro anni: Resiste The Battle of Los Angeles perché ha meno standard e più variazioni sul tema, ma forse c’era una ragione per cui quando nei locali partiva Bullet in the Head arrivavano i buzzurri urlando coi gomiti alti e il cazzo dritto, e cioè che il primo dei RATM è sostanzialmente un disco per buzzurri a cui piace correre in pista urlando coi gomiti alti e il cazzo dritto. Massimo rispetto, ma dopo VENT’ANNI anche basta.
(questo vuol essere il primo di una serie di TANTO SE RIBECCAMO dedicato ai gruppi crossover. Stanno tornando con più verve degli zombi e ci stanno facendo fare i conti con noi stessi dieci o quindici anni più giovani. Son dolori.)