Sanremo Natzione – Road to Il Festival della Canzone Italiana 2013

Isso

Bisiongiada a suffriri po imbelliri

L’Italia è il paese che amo. No, davvero: quando vedo quelle facce di bimbi sardi posteggiatori nella Roma degli anni cinquanta o sessanta (ho visto un documentario su questo, sabato o domenica: massimo e rispetto e carineria totale per questo ragazzino emigrato dalla Sardegna, libera e fiera, a Roma, volgare e corrotta. Romani popolo di stronzi, molli e senza palle. Sardi uomini veri, sardi guerrieri, sardi eroi. Se l’America facesse la guerra alla Sardegna, rimarrebbe impantanata peggio che in Afghanistan. Lo sbarco dei Marines ad Arbatax. La breccia di Tortolì, l’apparente vittoria. E poi gli ISSOHADORES che al grido di ABARRA CUNFETTAU piombano sugli yankee sgomenti al passo di Talana; l’agguato, la fuga disordinata verso la trappola di Urzulei; gli spiriti delle montagne che assistono silenti e segreti al massacro – sa morte non jughet ojos – e la Sardigna Natzione, ancora e per sempre inviolata, che si richiude su se stessa), quando vedo i bimbi sardi, insomma, o la buona e brava gente della nazione che la domenica ad Ostia – così, senza verbo -, e si vede nei documentari la Via Appia com’era, il pane con la frittata, quanto abbiamo riso quanto abbiamo pianto con Macario, Tenacious Umberto D., e i mulini del Po, quando vedo o penso a tutto questo, insomma, mi pacifico nell’idea di un paese non necessariamente brutto e assurdo e vergogna d’Europa, coi suoi cineasti disoccupati e le tensioni sociali, e i Baustelle che si potrebbero vendere all’estero e la ruga della Fornero assetata del sangue dei vecchietti. Questo paese non esiste più – ucciso dal ’68, da Tangentopoli, dai telefoni cellulari ; questo paese tuttavia avrebbe ancora un piccolo spazio, quello del palco dell’Ariston, se non che lo Stato Ladro Bastardo e Porco, nemico di noi giovani, vuole toglierci anche questo.

Il programma del Festival di Sanremo 2013 è quanto di peggio si possa immaginare, è un vero attentato a tutto ciò che siamo, e questo a partire dall’incarico di conduzione affidato a Fabio Fazio. Fazio, roito umano, disprezzabile falso-buono che al grido di SORTE CURREDE E NON CUADDU, no, che dico, scusate, al grido di LA MUSICA DI NICCHIA entra a gamba tesa sui nostri ricordi e mette di fatto una fascetta con una frase di Roberto Saviano sulla copertina del nostro concorso musicale. Il programma è naturalmente risibile, del tutto spogliato della CANZONA e della ROMANZA, e prevede una infilata di soggetti vecchi nel 1996 (Daniele Silvestri, gli Almamegretta, Max Gazzè) o, se va bene, nel 2002 (Marta Sui Tubi), e ancora quei riccardoni rottinculo cacata infame merda morte male di Elio e le Storie Tese, scorregge jazz (Raphael Gualazzi, cioè uno di quelli di cui si dice ELEGANTE) , una esponente della female mongoloid-wave italiana (Malika Ayane) e quel bambacione di Cristicchi, i cui capelli phonati gli sono sufficienti per essere considerato intellettuale (sono l’unico a ricordare che tipo Wire, anni fa,  in un giorno in cui evidentemente avevano finito la birra e dovettero ubriacarsi di piscio, dette tipo SETTE al primo album di Cristicchi? Io non so se questa cosa me la sono solo sognata – temo di no -, ma che non leggo più Wire è un fatto). Completano il quadro strani tizi che non conosco – quindi vengono dai reality, e tra di loro bisognerà cercare il vincitore (se non sarà Elio) -, e unici passabili tale Maria Nazionale, il cui aspetto da vaiassa promette un pezzo come si deve, e i Modà con il loro cafard-rock di cuore.

A rendere tutto ancora peggiore, il fatto che – apprendo da Wikipedia – ogni concorrente eseguirà anche un BRANO scelto tra i GRANDI BRANI del passato, e gli abbinamenti sono tutto un brivido lungo la schiena, tipo abbiamo Daniele Silvestri che rifà Dalla perché si pone a erede di Dalla (appena morto e gay, giù applausi, qualcuno si alza, si alzano tutti); gli Almamegretta che rifanno Celentano, perché a sorpresa e comunque eredi di Celentano (appena morto e gay, giù applausi, qualcuno si alza, si alzano tutti); Chiara Galiazzo (DA FUCQ?!) che rifà Mia Martini (morta e mai dimenticata, grande Mia, vai Mia, che strazio, giù applausi, qualcuno si alza, si alzano tutti); Elio e le Storie tese che rifanno Un bacio piccolissimo (che eleganza, che riscoperta, ecco il piccolo mondo del cabaret, ecco le influenze della Musica Migliore, giù applausi, qualcuno si alza, si alzano tutti);  Maria Nazionale che rifà Perdere l’amore (omaggio a Napoli e alla sua solarità, Napoli è Napoli, terra della canzone,  giù applausi, qualcuno si alza, si alzano tutti); e così via, giù giù fino all’ecatombe di Marco Mengoni che rifà Tenco, la canzone del festival a cui si sparò, che è insieme brivido e lacrima, un ritrovarsi e un commiato, addio piccolo principe, grazie, ciao Tenco, arrivederci Tenco, ciao Luigi ciao.

Sotto i peggiori auspici, tra poco inizia il Festival della Canzone Italiana. Noi ci saremo. E che il Dio del melodramma abbia pietà dell’anima nera di Fazio.

Ma, sebbene verso la fine della battaglia gli uomini sentissero tutto l’orrore della loro azione, – con gioia avrebbero voluto smettere, – la forza dei malloreddus, incomprensibile e misteriosa, continuava ancora a condurli, e gli artiglieri, madidi di sudore, macchiati di polvere da sparo e di sangue, rimasti vivi nella proporzione di uno a tre, pure incespicando e ansimando per la stanchezza, portavano le munizioni, caricavano, puntavano, davano fuoco alle pecore; e i proiettili sempre nello stesso modo, rapidamente e spietatamente, volavano dalle due parti e straziavano mamuthones e issohadores, e continuava a svolgersi quell’opera terribile che si compie non per volontà degli uomini, ma per volontà di Colui che regge le sorti degli uomini e dei mondi. Chi avesse guardato le retrovie disordinate dell’esercito sardo, avrebbe detto che, se gli americani avessero fatto ancora un piccolo sforzo, l’esercito sardo sarebbe scomparso; e colui che avesse guardato le linee retrostanti degli americani, avrebbe detto che se i sardi avessero fatto ancora un piccolo sforzo, gli americani sarebbero stati perduti. Ma né gli americani né i sardi fecero questo sforzo, e la vampa della battaglia si spense lentamente