QUATTRO MINUTI: Black Angels – Phosphene Dream (Blue Horizon)

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OK, i Black Angels sono psichedelici, i Black Angels sono viaggiosi, i Black Angels cianno i capelli lunghi barbe unte le pupille dilatate e pare che fissare la copertina dell’ultimo disco mandi in paranoia il sistema neurovegetativo peggio che 24 ore filate davanti a una Dreamachine. C’è pure un pezzo intitolato True Believers, come la nostra rubrica; questo per dire che non è che gli si vuole male o altro. Il problema è uno solo: ai tempi della Man’s Ruin, gruppi come i Black Angels venivano sistematicamente ignorati perché troppo fiacchi, e dire che la Man’s Ruin metteva sotto contratto praticamente chiunque avesse una chitarra al collo e un pessimo rapporto con il sapone. Ora, non è che visto che la Man’s Ruin è morta da ormai dieci anni il concetto di base cambia

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QUATTRO MINUTI: BORIS and IAN ASTBURY – BXI (Southern Lord)

 
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Rockettaccio infimo che anche la più scalcagnata delle cover band da bar deserto si vergognerebbe, con chitarre fuzzose e la batteria che fa pata-pùm pa-tùm pa-tùm tipo rituale magico per poveri cristi; nel mezzo Ian Astbury in palese stato confusionale (doveva pagare la bolletta del gas?) che nel dubbio gioca la carta dello sciamano da tinello sperando di sfangarla il prima possibile – nella pratica: un bagno di sangue, tra rantoli e ululati da coyote afono che al confronto la reunion dei Doors è una freschezza. Un disco che non vale nemmeno il tempo del download, e manco mezzo dei byte che occupa nel cestino; se vuole essere uno scherzo di qualche tipo non solo non fa ridere né diverte, ma neppure riesce a suscitare fastidio o ribrezzo per quanto è grottesco: è soltanto un brutto disco di brutte canzoni rock. C’è anche una cover di Rain, però senza Astbury; è infatti sussurrata in punta di voce dalla chitarrista. Solito artwork poligonale/nebuloso di Stephen O’Malley. I Boris oltre la frutta.

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