L’agendina dei concerti Bologna e dintorni – 25-31 luglio 2011

 
DJ Fabri è morto, Amy Winehouse è morta, 93 norvegesi (norvegese più, norvegese meno) sono morti, senza contare il treno in Cina… cordoglio random e crocifissione in sala mensa per il primo che dice “e anch’io non mi sento molto bene“. Stasera arriva il bluesman pazzo col casco con la cornetta dentro e la protesi finta che rotea a 360 gradi: ladies and gentlemen, Bob Log III ai giardini di via Filippo Re (gratis, dalle 21.30), e se conoscete un modo migliore per iniziare la settimana fatemelo sapere. Domani gli irsuti Eveline al Bolognetti (gratis dalle 21.30) per un’overdose di post-rock psichedelico alla vecchia; garantito che per la fine del concerto vi saranno cresciuti un bel paio di mustacchi e una lunga barbona unta anche se di nome fate Anna. Mercoledì si gioca al Tetris umano con pogo all’Atlantide: in una botta sola i magnifici Black Breath (una delle più grandi live band attualmente in circolazione) e gli storici Mesrine (grind crust core dalla parte francese del Canada), di spalla Breaking Apart e Klaatu Verata Nikto (grazie per avere scelto questo nome). Dalle 22, sui cinque euro. (Errata corrige: il matrimonio in Paradiso Newsom-Pearson è questa sera e non sabato scorso come precedentemente segnalato causa Alzheimer galoppante). Giovedì i Dickies sono in città, presto news al riguardo… Comunque al Bolognetti c’è Egle Sommacal in solo (gratis dalle 21.30). Venerdì Digi G’Alessio in live fattanza al bar della  Montagnola (dalle 22), altrimenti la megajam Massimo Volume-Bachi Da Pietra al bagno Hana-Bi a Marina di Ravenna. Sabato l’appuntamento da non mancare è il festival Stoned Along The River, di cui trovate tutti gli estremi sul megaflyer qui sotto…

 

L’agendina dei concerti Bologna e dintorni – 27 giugno-3 luglio 2011

appena ha saputo che avrebbe aperto per i Verdena

 
Temperature ostili salgono. Ci si aggrappa al meteo come se da lì dipendesse della nostra stessa esistenza (e in un certo senso è proprio così), il sole e l’asfalto diventano i nemici più temibili, bere acqua come cammelli e via andare: è arrivata l’estate. Tornerà un altro inverno, per intanto tocca stare all’occhio e stare in piedi (forse); meno male che stasera al Nuovo Lazzaretto arrivano i Karma To Burn a dare un nuovo senso all’afa e all’arsura. Con loro (e con gli ultrastoner The Dallaz, gli jodorowskiani Perro Malo e i megalisergici Mother Propaganda) sembrerà di stare sotto un Joshua Tree anziché dentro un ex frutta e verdura a duecentomila gradi fahrenheit. Dalle 21.30. Domani scontro tra titani: Brunori S.a.s. al Bolognetti e Mariposa ai giardini di via Filippo Re. Io, credo proprio che avrò un impegno improrogabile (tipo guardare un DVD, grattarmi il culo con l’unghia lunga del mignolo lasciata crescere apposta, fissare intensamente le crepe nel soffitto o dormire). Mercoledì ci sono gli UNSANE al Blogos (di spalla Morne, Cervo, Calendula e Void Of Sleep, dalle 21, tredici euro) dunque tutto il resto diventa inutile, e quando dico tutto intendo proprio TUTTO, incluso respirare, la religione, e Moritz von Oswald a Ravenna (di cui non so niente e non voglio sapere niente). Giovedì a parte la consueta visitina semestrale di Adam Green (al Bolognetti) non mi risulta ci sia altro, quindi si può tranquillamente far maturare gli ematomi collezionati la sera prima. Venerdì IL dilemma, roba che in confronto Amleto era un arrogante pornodivo: NABAT e IMPACT alle Caserme Rosse (Qui il flyer capovolto), o Corrosion Of Conformity e Warhammer (+ED, Giuda, Minkions, Narkhan e Injury, dalle 20, quindici euro) al Blogos? E sabato invece pure: Snoop Dogg e megaorgia rap alla vecchia al Parco Nord (vedi flyer sotto) e Balanescu Quartet Plays KraftwerkParma. Comunque vada, domenica tutti a Ferrara per i Dinosaur Jr, e affanculo chi suona prima e soprattutto dopo.

 

Yo, man, it's da ghetto.

MATTONI issue #18: THE ATOMIC BITCHWAX

Beccati questa Fritz Lang.

Eccolo dunque il colpetto da stronzo, la Prova Di Forza, la dimostrazione di prevaricazione gratuita e assolutamente non richiesta. Io ti spiezzo, il mio uccello è più grosso del tuo, e chi sarà mai questo Jimi Hendrix, io ho fatto 975.000 dollari l’anno scorso tu quanto hai fatto?, guarda come vado a canestro, il mio SUV è più ingombrante di una portaerei e inquina quanto Fukushima all’ora di punta, ho le palle grosse come cocomeri e mi sono appena scopato tuo padre. The Local Fuzz è la trasposizione in musica del teppista più antipatico e pieno di sé che alle elementari ti rubava la merenda umiliandoti fino alle lacrime durante la ricreazione; se fosse un film sarebbe Novecento (grandeur epocale e durata estenuante e bestemmie di bambini e cazzi barzotti di De Niro e Depardieu compresi), se fosse un libro sarebbe l’Ulisse, però lungo il doppio e senza punteggiatura. Somiglia piuttosto a un film porno o a una partita di calcio infinita, gesto atletico allo stato puro, con la differenza che qui è divertente: quarantadue minuti di stoner blues rock psichedelico e tastierato alla vecchia, un monumento al fuzzbox che Mark Arm al confronto è un dilettante piagnucoloso, motivato e animato da una carica di testosterone come manco un plotone di camionisti in un bordello dopo un viaggio non-stop di sei mesi. Gli Atomic Bitchwax, fino ad oggi poco più di un simpatico gruppetto di onesta manovalanza stoner delle retrovie, noti più che altro per essere partiti come side-project del biondo Ed Mundell (chitarra stordente nei Monster Magnet migliori), hanno scritto con The Local Fuzz il loro Presence, il loro Time Does Not Heal, però tutto condensato (si fa per dire) in un unico pezzo. Soprattutto, ci risparmiano l’immenso strazio di dover subire qualche bolso clone del cazzo di Robert Plant che latra BABY BABY BABY BABY BABY nei momenti più atroci (il disco è interamente strumentale), e anche soltanto per questo RISPETTO a prescindere. Certo ci sono alcuni momenti (per la precisione ai minuti 18, 23, 29, 35 e 38) in cui la continuità cede e si passa brutalmente da una sequenza di riff a un’altra senza apparente costrutto, ma questo succede comunque senza mai pregiudicare lo scopo principale del pezzo, che è mettere simpaticamente i piedi in testa a chiunque sia convinto di saper suonare in modo più viscerale, stronzo e drogato dei tre cazzoni sballoni qui presenti. The Local Fuzz è sicuramente il MATTONE più divertente intercettato finora.

STREAMO: Queens Of The Stone Age – S/T (Domino reissue)

non chiedetevi che faccia ha. sul serio.

I Kyuss si sciolgono nel ’95, pochi mesi dopo la release del loro terzo disco (e terzo capolavoro) And The Circus Leaves Town. John Garcia si concentra subito su una sorta di reboot dell’esperienza a nome Slo-Burn, con il quale riuscirà a pubblicare un solo (bellissimo) EP di quattro pezzi. Josh Homme va a fare per un po’ di tempo il secondo chitarrista dal vivo per gli Screaming Trees periodo Dust. Poi i Trees si fermano per dar modo a Lanegan di lavorare a Scraps at Midnight (e a tutto quello che ci va dietro), e non si riformeranno mai più. Joshua torna nel deserto e si mette a lavorare a due progetti: il primo è una specie di collettivo aperto che si ritrova al Rancho de la Luna e registra lunghe sessions di improvvisazione, tutto molto psichedelico e borderline, a cui viene dato il titolo di Desert Sessions. L’altro è una rock band propriamente detta, chiamata Gamma Ray, che comprende inizialmente il batterista Alfredo Hernandez (il sostituto di Brant Bjork nei Kyuss da And The Circus Leaves Town) e seconde scelte tipo Van Conner, Mark Pickerel e Ben Shepherd. Gli altri Gamma Ray chiedono non-gentilmente a Josh Homme di cambiare nome. Il rosso chitarrista opta per Queens of the Stone Age e continua a registrar pezzi in solitaria con Hernandez occupandosi di chitarra, basso e parti vocali. Il disco (senza titolo) esce per Loosegroove (l’etichetta di Stone Gossard) in CD e per Man’s Ruin (Frank Kozik) in vinile. Doveva uscire per Roadrunner, ma c’è un intoppo nei contratti e l’etichetta si limita a distribuire il disco in Europa –da cui il bollino nel dietro del CD che potreste aver comprato ai tempi.

Il disco è PODEROSO, col caps lock e il grassetto. Orfano di un vocalist ingombrante come John Garcia, Josh Homme concepisce una specie di sottogenere musicale ex-novo fatto di canzoni superpop saturate da riffoni distorti anni settanta che rendono le parti vocali quasi inutili, una cosa tipo Sabbath meets Beatles meets Ramones meets sense of humour. La band arruola Nick Olivieri (Mondo Generator, Dwarves e Kyuss) al basso appena finito di registrare, così che il barba pelato finisce nel retro copertina e inizia a suonare dal vivo con la band contribuendo fortemente a creare il culto che li porterà di lì a breve a un contratto Interscope, a un secondo disco (solo di poco inferiore artisticamente e fortunatissimo sul mercato) e a una carriera da mammasantissima del rock (sia stoner che in generale) che finirà per fagocitare Josh Homme in una miriade di luoghi comuni e dischi del cazzo. La prima fase dell’esperienza Queens Of The Stone Age è forse il momento più esaltante dell’uomo, e in occasione della reissue su Domino (aggiunte tre tracce che stavano originariamente nello split con i Beaver e nel più-o-meno split con i Kyuss) il lavoro è in streaming integrale. Nel caso in cui non l’abbiate mai sentito attaccate casse potenti, alzate il volume a palla e liberatevi di ogni rottura di palle.

Was that your celebrated summer? MIODI – seconda edizione

Il 9 giugno a Milano c’è il secondo appuntamento con il MiOdi, cioè lo spin-off peso del MiAmi. Per l’occasione i ragazzi di SoloMacello, sempiterni amici e sodali di noialtri, decidono di fare le cose in grande e si aprono a gruppi esteri. Non voglio fare il noioso, quindi copio-incollo la scaletta dal comunicato stampa.

Main Stage: Ufomammut e Amen Ra
Messicano: Fine Before You Came, 16, Jacopo Zu + Giulio “Ragno” Favero, Lento, Viscera/// e Gandhi’s Gunn
OutFrog Stage: 3/4 Had Been Eliminated, Psychofagist con Luca Zu, Ovo+Nadja performing The Life & Death Of A Wasp, Putiferio, Vulturum, Tsubo, Orange Man Theory
InFrog Stage: Fuzz Orchestra, Dyskinesia, Mongolian Barbecue (con Massimo Zu), Be Maledetto Now!, gRÄFENBERg
Da qualche parte, a un certo punto: Zeus!

In altre parole, zitto zitto, il miglior festival italiano dei nostri tempi. Se non avete visto i 16 in una delle date italiane di qualche mese fa (io sì, gnè gnè gnè), semplicemente non avete scuse. Se li avete visti vorrete tornare a vederli. Se non ve ne frega un cazzo dei 16 proprio non so, resta il fatto che ci sono tutti gli altri.

Info e tutto il resto stanno qui.