Ho ascoltato un disco peso figo e quindi lo scrivo su Bastonate, ma il vero titolo di questo pezzo voleva essere “ERE Bal” per prendere la scia d’odio verso Efe Bal

L’aratro passa sulla schiena più avanti nel disco

Tolgo i sigilli dalla crack house con i murales alla merda che è l’inbox riservata ai comunicati stampa e l’infografica che ne deriva potrebbe essere quella di un dodi-tredici-quattor-quindicenne coi denti al brillocco e la rima facile tra cabernet e cobret. Hanno vinto loro, ha vinto la figa su instagram, ha vinto Veltroni che ha regnato incontrastato su tutte le scene artistiche old-school di questo paese. Sono tre anni che non scrivo di musica, non leggo un comunicato stampa, piscio seduto sul cesso della mia Babele impermeabile che puzza di autocensura onanistica, perdita di interesse e mi risveglio solo con un messaggio Whatsapp di Farabegoli del tipo “ti giro il disco nuovo degli Storm{O} che magari torni a scrivere”, il tutto letto con le voci di Calenda prima e Barisoni poi.
Qualche anno fa c’ero rimasto sotto con SOSPESI NEL VUOTO BRUCEREMO IN UN ATTIMO E IL CERCHIO SARÀ CHIUSO, memore oltretutto di un live nel basement-scannatoio dell’XM24 del tipo “entro e vedo se esco”: con ERE dopo 4 giri di play è più o meno lo stesso tuffo di testa contro un badile di taglio.
Zero pippe sulla salvaguardia della specie dell’hardcore nostranone, ma solo tanta credibilità spalmata con il consueto tiro da mannaia sulle dita e titoli dei pezzi a parola singola, sentenze su sentenze fatte a pezzi e seppellite come 4 anni fa, per essere riesumate un ascolto dietro l’altro ed una frattaglia alla volta, per rimettere insieme, di nuovo, quel concetto per cui per avere qualcosa da urlare su un pezzo screamo/hardcorequalchecosa non basta solo parlare in prima persona plurale.
Io il disco l’ho ascoltato in anteprima perchè sono un potere forte del sionismo, in realtà esce il 2 Febbraio in vinile arancione attraverso l’aggiotaggio di Legno, Moment Of Collapse e Shove, ci ha messo le mani anche un tizio di New York.

SOSPESI NEL VUOTO BRUCEREMO IN UN ATTIMO E IL CERCHIO SARÀ CHIUSO

stormo

In un numero della rivista “I Misteri”, edita dalla Cioè a metà degli anni ’90, c’era un pezzo scritto tutto intorno alla foto di una poltrona di quelle a fiori che avrà visto almeno un paio di mondiali di calcio e un sacco di Videomusic mista a Western e Umberto Smaila. Sulla poltrona c’era del lerciume nero, fuliggine collosa, viscera fusa e il pezzo parlava di un tizio che ci si era sciolto sopra per autocombustione. I Misteri era bello perchè ti buttava lì le cose senza parlare in scientifichese, se compri una rivista di parapsicologia e cose così che cazzo te ne frega della scienza e delle formule: ti frega solo della storia, avevano capito TUTTO. E la storia te la ricamavano bene. C’era sto vecchio americano arrabbiato col mondo che durante un talk show televisivo ha preso fuoco. Lo stress e l’esasperazione nervosa avevano accelerato le particelle del suo corpo ad un punto che avevano preso fuoco spontaneamente. Una scintilla causata dal giramento di coglioni, dipinta come la risorsa ultima del genere umano per garantire l’evoluzione definitiva -come autodifesa dal mondo esterno- in una mucosa nera sciolta: filava come ragionamento.
E allora, quanta gioia nel recuperare l’argomento e il bel ricordo dell’autocombustione, del bruciare privatamente senza far danno a nessuno, pacatamente scomparire senza finire imprigionati in un’urna.
E che cazzo di gioia far partire il disco di uno di quei gruppi che sono in giro da un bel po’ e hanno fatto a pezzi tanti di quelle ossa in giro per i centri sociali (chi se li ricorda nel ventre rovente dell’Ultimo AntiMtv Day) scoprendo che è un quasi concept album legato all’annichilimento da fiamma, più o meno figurato. Gli STORM{O} fanno il disco nuovo nello studio di Riccardo Pasini, una costola dei The Secret ed Ephel Duath, lasciando giù un titolo come SOSPESI NEL VUOTO BRUCEREMO IN UN ATTIMO E IL CERCHIO SARA’ CHIUSO che sa già di carica a testa bassa.
Quindici tracce di hardcore da mannaia sulle dita, veloce ma spesso, parecchio spesso, che quando parte l’intro sai già che finirai a faccia ingiù nella merda. E se la tua faccia non va alla merda allora sarà la merda che arriverà alla tua faccia, come diceva quel proverbio là. E succede che ci si ritrova disintegrati quando parte D’Istanti, il pezzo che ti tira giù con il peso di mille vanghe sulla schiena, quattrocentoventi secondo la questura.
Quello che è successo l’anno scorso con i Marnero, vale a dire la riaffermazione assoluta dopo un disco clamoroso, a sto giro DEVE succedere agli Storm{o} perchè di gente che ancora sa fare dischi pesi con questo tiro e quelle cose dette in quel modo lì ne abbiamo bisogno.
Quindi io vi dico che SOSPESI NEL VUOTO BRUCEREMO IN UN ATTIMO E IL CERCHIO SARA’ CHIUSO è un po’ come l’autocombustione, è un gesto di regressione materiale necessario, dovuto e doloroso ed il sollievo stà nel passare da animale eretto a fango pesto: lo potete tirare giù gratis da qua, ma dato che si tratta di una cosa spessa e messa in piedi con la collaborazione di svariati capi di tutto (Shove, Dischi Bervisti, Fallo Dischi, La Fine, Here and Now! Records, Left Hand, Epileptic Media e Desordré Ordonné) direi che se non spendete dieci euro per il vinile vi potrebbero crescere dei cazzi al posto dei pollici. Se invece ne spendete quindici per la versione serigrafata a mano (limitatissima, 40 copie) artigianata da Storm Records nessun bullo vi toccherà mai più mentre andate a scuola.

DIME CAN, MA NO ITALIAN #1 – Storm{o}

Ghe xè poco da fare quando insieme all’onore supremo de essere discendente de un popolo barbaro che el gà fatto scempio delle carogne meze fighete de qualche pescadore etrusco ti ghè la sventura de esser nato montanaro: per mi che stago in campagna anche i 325 metri sul liveo del mare de Feltre i xè alta montagna. Ansi, dovunque no ghe sia la possibilità de far stare in orizzontal un Landini in folle xè montagna. Comunque el lato positivo xè che soprattutto col rifiuto del mondo civile -ragion per cui la xente che abita in montagna la xè mina tanto normal- nasse la vera cativeria, el morbo dell’infelicità che te fa vegner voia de andare ai concerti con altra xente matta de montagna, col muso pien de fero, a urlar robe a caso e finir pien de pacche a dormire sul marciapiè perchè questo se fa quando te voi sonar el scrimo e l’arcòr e questo l’è esatamente l’effetto ca fa ascoltare un disco dei Storm{o}.

Nati come na mucià de roba boscarola ma tranquila iè finì col diventare infermabili e inverì come quattro can da caccia dopo siè ore de viaio sul retro de un pickup Lada e, co l’Ep omonimo del 2007, xè rivà anca l’affetto insieme al disagio sentìo e condiviso dalla scena tutta. L’ultima roba ad essere vegnua fora xè uno split da sete polici insieme ai Icon Of Hyemes e l’è uno dei dischi mejo del 2009: la prova inconfutabile dell’ultima affermasion xè che ghè un toco storico che se ciama Inconsiderata Putrefazione (che el ghiera anca dentro l’EP del 2007 ma stavolta se sente meio perchè el disco l’è registrà ben e no dentro na malga) e sona più o meno come sonaria i Converge sotto pastiglioni bei grossi o come i primi Primus velocisà al 87,3% e con meno adenoidi. Mension d’onore per l’aver girà dal vivo insieme a la roba più bela della scena desìo-urlo-matità come Ramesses, Morkobot, Lento, A Flower Kollapsed e per essere stà sul palco de che la budela rovente dell’Ultimo AntiMTV Day. I sarà pure fermi col sonare e i avrà ancà registrà poca roba, ma ghesboro mi bisogna ca me li scolta almanco na volta all’ano, tipo sotto Nadale quando el resto del mondo tira fora el solito cofaneto marso de Sufjan Stevens.

NOTA DEL CURATORE: Nel suo continuo impegno sul campo alla ricerca delle radici cristiane del nostro popolo, bastonate.wordpress.com arruola un nuovo autore tra le fila. si fa chiamare tutancamion, lo trovate (spoiler) in giro per altri posti a nome Alex Grotto e l’ho convinto a parlarci nella sua lingua natale di cose che succedono in posti in cui la lingua natale è la sua. La rubrica si chiama DIME CAN MA NO ITALIAN perchè l’avevo visto scritto una volta su un muro in un paesello nel padovano. (kekko)