
uscire da un sacchetto di carta"
Non più di due mesi fa avevo parlato del “fallimento” di Repetto come di una delle più belle storie pop di sempre. Non era vero. “Una delle più belle storie pop di sempre” voleva dire solamente che l’incrocio tra i segnali di cui eravamo tutti a parte (l’uscita a buffo dal gruppo all’apice del successo, Zucchero filato nero, il film mai realizzato e le voci che lo davano riciclato a ballare in un costume da Pippo ad Eurodisney) e la riluttanza dell’Uomo a parlare hanno reso il personaggio di Mauro Repetto una specie di sinonimo a tutto tondo del concetto di CADUTA all’interno del pop italiano, in un ambiente nel quale la regola è di inseguire la propria seconda/terza/quindicesima chance senza fare una piega.
Repetto ha dato un’intervista qualche giorno fa per colmare i vuoti: venduta come una specie di esclusiva urbi et orbi, racconta la storia di una persona qualunque: ha staccato la spina, ha provato a fare la sua cosa alle sue condizioni, è andata male. Ha finito l’università, trovato un lavoro qualunque, messo su famiglia e un monologo teatrale da venti spettatori a sera. è in una condizione fisica invidiabile, gli intervistatori dicono che parla tranquillo e rilassato, nient’altro da dire. La “caduta” di Repetto è la storia di uno che ha provato una sola volta a fare una sua cosa e gli è venuta piuttosto male. Ripercorrerne le tracce all’indietro nella speranza di trovarci un insegnamento qualsiasi, o peggio ancora un monito, ci ha lasciato tutti in mutande. Nel frattempo è uscito un cover album degli 883 a cura di vari artisti indie italiani, e allora sì, magari viene da pensare che piuttosto trovarsi un lavoro e scriversi un monologo da venti persone a sera sia una delle più belle storie pop di sempre, ma la morale (se ce n’è una) è solo che il mondo è troppo piccolo e in crisi di risorse per contenere tutti noi e tutti i nostri sogni.