il listone del martedì: OTTO COVER NON DISPREZZABILI DEI JOY DIVISION

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Tra i prossimi listoni ci sarà qualche episodio sulle cover. Siamo partiti qualche tempo fa descrivendo le cover più brutte della storia come deterrente per realizzarle, e nel caso concreto parlavamo del fatto che (a parte Woven Hand e gli Swans) uno dei modi più sicuri di sbagliare è di coverizzare appunto un pezzo dei JD a caso tratto dalla nutrita discografia di inediti del gruppo -la quale per molti si riduce alla sola Love Will Tear Us Apart, ma in un caso o nell’altro stiamo parlando comunque di uno sport del cazzo. A parziale (totale) smentita di quel discorso, siamo a mettere in fila otto esempi di cover dei Joy Division ed affini i quali ci fanno stare bene nonostante lo sport in sè continui a essere ignobile. Per lamentele e cose così abbiamo una sezione commenti apposita, è obbligatorio l’indirizzo email ma potete metterne uno falso.

GIRLS AGAINST BOYS – SHE’S LOST CONTROL

“Nei concettuali anni ’90, i concetti più anni ’90 della storia umana erano non tanto i Girls Against Boys (gruppo dal design del tutto inconcepibile oggi, che all’epoca incredibilmente sembrava nuovo e fico e proibito e misterioso come, immagino, i ragazzi oggi percepiscano gentaglia come Health o Japandroids, che conosco di sfuggita e che abbino solo perché li vidi insieme sulla locandina di un concerto a cui non andai), quanto gli album di tributo. Negli anni ’90, chiunque ebbe un album di tributo, persino i Nomadi, i canti partigiani e i Joy Division. A Means to an End, che in realtà comprai perché conteneva un pezzo degli Smashing Pumpkins sotto falso nome (una risibile cover di Isolation), includeva almeno due grosse verità: l’unico buon pezzo della carriera di Moby (New Dawn Fades), e questa She’s Lost Control, entrambe heavy e anninovantissime, e ben superiori agli originali, cosa che torno oggi a dire senza vergogna nonostante io abbia passato gli ultimi diciassette anni a fingere di preferire una pacchiana voce baritonale su di uno scarno rullante a delle grasse, grosse chitarre distorte ed effettate. Negli anni ’90 si pagava tributo a chiunque, eppure non esisterà mai un posto meno asservito dove vivere.” (Ashared Apil-Ekur, che la mette in questa lista)

SWANS – LOVE WILL TEAR US APART

Di tutti quelli che ci han provato, la maggior parte ci ha provato con il pezzo più difficile da coverizzare, vale a dire Love Will Tear Us Apart, la canzone dei Joy Division che piace di più ai non-fan dei Joy Division –e quindi per contrappasso quella che piace di meno ai fan, i quali si tengono volentierissimo lo Ian Curtis pacificato delle varie Atrocity Exhibition e continuano ad ascoltare black metal con l’altra mano ed inalare il fetore delle carogne di animali per essere sicuri di farsi il viaggio al centouno per cento. Gli Swans, per la sola ragione di essere gli Swans E in segno di spregio, ne hanno fatte non una ma DUE versioni migliori dell’originale, una cantata da un annoiatissimo Michael Gira e l’altra da un’altrettanto annoiata Jarboe. Nessuna delle due la ascolto da anni, ma mi fido della memoria perché altrimenti arrivare a farne una decina è una pena.

SIXTEEN HORSEPOWER – HEART AND SOUL

Esistono diversi modi di sputtanare il tuo gruppo, uno dei quali è pubblicare una cover moscia e tremenda di Day of the Lords nel tuo disco dal vivo (un altro bel fail del disco dal vivo dei 16 Horsepower era che c’era allegato un biglietto con la VERA tracklist del disco perché quella stampata dietro era sbagliata, credo l’unico caso in cui questa cosa era successa). Soprattutto se da anni stai girando per i palchi di tutto il mondo con una paurosissima et spiritatissima cover di Heart and Soul nella quale a metà pezza sia tu che il tuo pubblico vi ritrovate a parlare coi fantasmini e a perdere la fidanzata (quello solo il tuo pubblico, in tuo favore). Ancora oggi che ha cambiato nome in Woven Hand (senza prendersi il disturbo, tra le altre cose, di cambiare membri del gruppo) porta in giro la cover di Heart&Soul per mandare fuori gli astanti e farsi fare i commenti dalle tipe, cosa che –per dire- con Ian Curtis non sarebbe successo o sarebbe successo solo in un contesto anni settanta/ottanta; le tipe hip lo avrebbero schifato in quanto sciatto e privo di una consapevole estetica anni settanta/ottanta.

CODEINE – ATMOSPHERE

Questa viene sempre dal tributo di metà anni novanta, appena dopo Transmission rifatta dai Low per mettere in chiaro qual è la differenza che passa tra i Codeine e qualsiasi altro gruppo slowcore. Tra l’altro in occasione del disco tributo si viene a scoprire che Atmosphere è una canzone dei Codeine scippata in malo modo dai Barney Sumner e compagni, velocizzata senza nessun diritto di farlo e buttata fuori a coprire l’evidente lacuna nel repertorio JD di un pezzo alla Codeine velocizzato. Forse sto esagerando perché stamattina mi è finita nell’autoradio mentre venivo al lavoro con una nebbia del cristo, rendendomi il più bolso e meteopatico ascoltatore di postrock sulla faccia della terra.

NINE INCH NAILS – DEAD SOULS

Per la colonna sonora del Corvo sono stati compiuti ben due miracoli, la parola miracoli intesa come sinonimo di cover metal di pezzi wave che non mandano tutto in vacca. Nella fattispecie Ghost Rider dei Bauhaus rifatta dalla Rollins Band e Dead Souls, sempre dei Bauhaus, rifatta da Trent Reznor basandosi sull’idea geniale che se tieni un ritmo dritto tanto vale tenerlo appunto dritto, mandargli dietro una chitarra e mettere un effettino sulla voce. Su quest’ultima cosa non gli va benissimo e comunque soccombe sull’originale, ma la scena di Brandon Lee che corre sotto la pioggia e sopra ai tetti con sotto la cover di Dead Souls fatta dai Nine Inch Nails ha un suo sporchissimo perché. Molto meglio del pezzo dei Cure, per dire, forse perché i Cure mi son sempre stati molto sui coioni (tra le cover dei Cure migliori degli originali, per dire, c’è Close To Me rifatta dagli Zero Assoluto con il titolo Per Dimenticare).

OFFLAGA DISCO PAX – VENTI MINUTI

Non è una cover in senso stretto ma è comunque il miglior pezzo di sempre degli Offlaga Disco Pax, quello più bastardo a livello emotivo e quello più nudo e sensato partendo dall’ottica del gruppo (prima o poi ammetterò a me stesso che odio gli emiliani per ovvi motivi ma degli Offlaga Disco Pax non penso poi così male). Quando nella seconda parte arriva la citazione di She’s Lost Control, come disse da qualche parte il redattore m.c., è effettivamente difficile tenere a freno la lacrimella.

THE GET UP KIDS – REGRET

Quando registrarono Republic, nei primi anni novanta, i New Order avevano cambiato pelle una decina di volte e battuto ogni strada battibile negli anni ottanta, devastati di acid test e crollati a picco in una spirale di rock emotivo del quale Regret è lo specchio più grandioso. Oltre a questo, Regret è un po’ la negazione ultima di essere mai stati i Joy Division, il che rende la cosa abbastanza squillante da ammazzarci definitivamente quando la stessa Regret viene ripresa dai Get Up Kids e coverizzata come se fosse una outtake di Something To Write Home About. Stiamo andando un cicinino fuori tema, magari.

SWING KIDS – WARSAW

La cover più sconvolta dei Joy Division mai messa in piedi è in realtà una cover di Warsaw, suonata dagli Warsaw appunto e risuonata dagli Swing Kids in una tiratissima versione alla Swing Kids. Se vogliamo farci delle seghe mentali è pure una versione piuttosto importante dal punto di vista storico, nel senso che è da qui –tra le altre cose- che parte tutto un movimento accacì pesantemente influenzato dal postpunk che sfocerà in un decennio di musica a cassa dritta risuonata senza vergogna uguale identica agli originali (fui piuttosto scioccato quando mi dissero che il padrone di Level Plane era il batterista degli Interpol, oggi non lo sarei più). È tutto un magna magna.

Tanto se ribeccamo: SWING KIDS

Gli Swing Kids esistono e agiscono in un sistema di pensiero che non è ancora pronto a comprenderne interamente le mosse, cosa piuttosto funzionale per un gruppo accacì. Mettono in piedi un’estetica ex-novo che prende in parte dai conterranei Unbroken (da cui proveniva il chitarrista Eric Allen) e in parte da tutto il movimento art-punk di San Diego -Gravity et similia. La parabola della loro esistenza (dal ’96 al ’98 circa) è documentata da una manciata di uscite raccolta in un singolo CD da Three One G, l’etichetta del cantante Justin Pearson. È musica tosta, talmente piena di riferimenti che sembra non averne affatto: una specie di hardcore jazzato molto primitivo e urlato quanto possibile. Non hanno fatto così tanto casino in vita, ma la loro esistenza ha determinato l’ascesa di tutta una fetta di postpunk che ha iniziato a suonare storto ed emotivo, oltre a vestire pantaloni skinny e magliette strizzate che ancor oggi stanno addosso a certi hipster. La stagione italiana che (intorno al 2000) prese le mosse da loro e dai loro parenti più prossimi fu una delle più belle e importanti del nostro punk, oltre che probabilmente l’ultima di cui mi sia importato davvero qualcosa. L’influenza di quella manciata di pezzi è semplicemente incalcolabile.

[vimeo http://vimeo.com/5009203]

A dire il vero gli Swing Kids si erano già riuniti circa due anni fa, un paio di benefit per raccogliere soldi da donare alla famiglia di Allen (morto suicida nel ’98).  Nel frattempo Justin Pearson è diventato una semi-rockstar:  Locust, Holy Molar e l’immancabile spin-off elettrocafone All Leather. fa le comparsate sul palco coi Bloody Beetroots (conclusione più che logica) e continua a girare il mondo con dei Locust artisticamente in caduta libera almeno da New Erections (anche se il side-project Retox a me non dispiace: puro karaoke, ma in forma. Sul sito c’è il disco in download libero). 31G non produce nuova musica da non so più quando. Dal sito dell’etichetta, diventato nel frattempo poco più che il blog del padrone, arriva tuttavia la notizia che nel celebrare i 15 anni di attività della loro agenzia di booking, i rimanenti Swing Kids se ne andranno in giro per l’europa a nome Blue Note (che era una loro canzone, oltre che tutto il resto delle cose che si chiamano Blue Note), performing the Swing Kids songs e probabilmente all’incasso di due lire più che meritate. Nel frattempo qualcuno mi mandi una mail con i titoli di cinque gruppi o dischi di questo genere usciti negli ultimi tre anni che valga DAVVERO la pena di ascoltare al di fuori di parentele o militanze, perché mi sa che me li son persi alla grande. disappunto(o)gmail.com.