A ripensare ora alla carriera dei Mars Volta mi immagino istintivamente un unico lungo pezzo di improvvisazioni rock’n’roll ipertecniche. Che poi è più o meno come la questione è iniziata, sull’onda lunga degli scazzi tra i membri degli ATDI in seguito all’esplosione di Relationship of Command: Cedric Bixler e Omar Rodriguez hanno già un side project di nome De Facto assieme a gente del giro, la cui line-up aumenta e si stabilizza in un nuovo gruppo di nome The Mars Volta. L’idea è simile a quella di certa psichedelia anni settanta: le jam session iniziano a durare svariati minuti, le droghe continuano a circolare indisturbate e nel giro di qualche tempo il gruppo è in giro a promuovere il primo EP intitolato Tremulant e uscito per GSL (di cui Rodriguez è diventato comproprietario l’anno precedente). Una cosa manco brutta anche sicuramente noiosa rispetto al tanto vituperato –dal gruppo- Relationship of Command, ma ancora piuttosto paragonabile agli ATDI nei suoni. La critica e il pubblico, in ogni caso, si dividono: il 50% dei fan mollano i Mars Volta armi e bagagli dopo aver sentito la prima nota, l’altro 50% inizia a sospettare che l’evoluzione da At The Drive-In a The Mars Volta sia la cosa più bella e importante successa alla musica rock nei primi anni duemila. Per parte mia sono riuscito a vedere il gruppo due volte dal vivo: un concerto abbastanza sciagurato al vecchio Estragon, di spalla un clamoroso avant-rapper di nome Subtitle di cui non sentirò quasi più parlare, anche lui su GSL, e un gruppo postpunk di ragazze chiamato Radio Vago (bellissimo live, non altrettanto il disco), prima di ascoltare Tremulant, e qualche tempo dopo ad un Independent Days, incastrati tra la reunion dei Radio Birdman e l’ultimo concerto italiano dei Cramps. Il gruppo in questo periodo ha già scoperto le carte: nel primo disco De-Loused in the Comatorium le svisate trasversali di Tremulant sono diventate il piatto forte, il suono degli ATDI si riduce a due schitarrate qua e là e tutto l’impianto procede all’insegna di quel genere di noia devastante tipica dei dischi che è molto più divertente suonare che ascoltare. La stessa cosa sembra succedere dal vivo, appunto, i concerti ridotti a seriosissime jam session di musicisti in botta e davanti un cantante (altrettanto in botta) che lancia il microfono in aria e fa capriole come se sotto stessero suonando Pattern Against User.
Frances The Mute è il punto d’arrivo dell’esperienza Mars Volta. Fino a Frances The Mute si tratta di accettare o meno la nuova direzione degli ex-ATDI; Frances The Mute è la versione per adulti di De-Loused, la forma compiuta del gruppo e il punto di non ritorno di uno stile musicale. Per certi versi è davvero una delle opere più importanti degli anni duemila: le composizioni iniziano a venire stirate anche oltre la mezz’ora (la sfiancante Cassandra Gemini, forse il pezzo più palloso della storia del pop) irridendo a spron battuto ogni opinione ragionevole sul gruppo. La sensazione più violenta quando ascolti Frances the Mute è la tua inadeguatezza come ascoltatore, o l’impossibilità di capire a che pro il gruppo si sforzi così tanto per raggiungere un risultato così modesto. I Mars Volta da Frances The Mute in poi sono davvero una delle sfide più violenta alle logiche di base del rock (in)dipendente, portata avanti da musicisti rock indipendenti a uso di consumatori rock indipendenti. Frances The Mute assegna vita natural durante ai Mars Volta (e in particolare a Rodriguez) un ruolo simile a quello del tizio antipatico che ti tocca invitare perché hai invitato tutti gli altri, pur sapendo che cercherà di tener banco con discorsi maleducati volti a dimostrare che lui è MEGLIO di tutti voialtri per questa, questa e quest’altra ragione. Un annetto dopo è la volta di Amputechture, che segna più o meno il passo della carriera dei Mars Volta: un continuo avvilupparsi su un’idea di suono che vorrebbe essere libera da tutto e diventa in questo patetica e noiosa in culo, mentre i fan continuano in numero sempre maggiore a perdere di vista le ragioni per cui comprare/ascoltare un loro disco. Rodriguez è sempre più evidentemente l’uomo al comando, Cedric Bixler ha perso la voce squillante degli esordi in favore di una via di mezzo tra vocalizzi classici e Paperino (giuro). La carriera solista di Rodriguez procede con una vera e propria diarrea discografica, dischi che non riesco a distinguere e che continuano ad uscire imperterriti nell’ordine di decine. La sua attività solista si evolve in un gruppo chiamato Bosnian Rainbows, a cui il chitarrista decide di dedicarsi a tempo pieno causando il “momentaneo accantonamento” del progetto Mars Volta e infine (è notizia di ieri) lo split con Bixler, che pone di fatto fine al progetto. Il tutto più o meno un anno esatto dopo l’annuncio di una reunion degli ATDI che non ha (fortunatamente) portato a nuove uscite discografiche. Viene da pensare a quali saranno le prossime mossime di Bixler, probabilmente un reboot di qualche progetto con gli ex-Sparta facilmente derubricabile alla voce post-punk in barba agli ultimi 12 anni di carriera. Sulle prossime mosse di Rodriguez invece non abbiamo dubbi: venti dischi da qui al 2015, uno più brutto ed insensato dell’altro, tranquillamente considerabili come l’unico flusso di quella ininterrotta jam session che è la vita dell’artista, la folle corsa di un solitario che solo si fosse fermato dieci minuti a riflettere su cosa stava facendo, probabilmente sarebbe diventato un eroe minore della musica dei nostri anni. Anche per questo, massima stima.
P.S. (di Ashared Apil Ekur): Aggiungo – non richiesto, non voluto e approfittando proditoriamente della paternità di kekko che lo tiene lontano da internet nei momenti cruciali della settimana – un P.S. a questo pezzo geniale. Un P.S. del tutto personale (e in questo irrilevante): ho un botto di ricordi relativi ai Mars Volta, quasi tutti brutti, cioè, tutti belli ma quasi tutti incrinati dal rumore di fondo di una latente psicosi che sarebbe emersa anni dopo con violenza, portandomi a diventare BOZZOLO di me stesso da cui poi rinascere a FARFALLA DI SUONO (=la visione disturbante e riccardona è ovviamente un omaggio a Cassandra Gemini, che – ci giurerei – in realtà sul disco è scritto sgrammaticato, tipo Geminni o Gemmini, come il cartello PANNINI che vedevo tutte le mattine nel periodo inglese che come tutti gli italiani ho avuto, e che mi faceva rosicare abbestia perché sentivo dentro che mi avrebbe posseduto per tutta la vita – e così è stato. Voglio un PANNINO, cazzo). I Mars Volta mi hanno dato, oltre a sfiancanti assolo, perlomeno diversi intensi momenti di terrore o comunque disagio: un violento concerto a Weeze, in Germania (tra l’altro sono anni che ovviamente ripenso a quel posto chiamandolo “uìzer”, come il gruppo: ma come cazzo si legge in tedesco? Vezze? E se sì: perché allora non è in provincia di Latina?), passato temendo per la mia incolumità perché ero alla transenna davanti a centinaia di tedeschi inferociti, che si aizzarono ancora di più quando Cedric in persona si arrampicò sulla transenna esattamente davanti a me, catalizzando su di me tutta la catarsi della rabbia provocata da un cinquantennio di non-accettazione del fatto che JAWHOL, siete gli ASSASSINI di milioni di innocenti!; un altro feroce concerto ad Amburgo, un paio di giorni dopo, in un piccolissimo locale in cui pogavano anche i muri, ANCHE LE DONNE, ed io scappavo ondeggiando fingendo di pogare per mostrare che ero anch’io, in fondo, un omm’; un folle concerto a Milano, dopo il quale io e i tre amici con cui ero (uno era DJ PIKKIO dei RAINBOW ISLAND che all’epoca aveva esattamente il look di Aphex Twin era Richard D. James Album, look che lo ha influenzato molto di più della musica che ha ascoltato, comunque sopraffina perché io ritengo DJ PIKKIO il più grande genio musicale d’Italia, nonché l’unica persona che ne capisca più di me di musica: ti voglio bene Marco) passammo non so perché la notte a casa di persone che non conoscevamo (bè, almeno non io: non ho mai capito chi di noi li conoscesse), ed era una casa DEMMERDA piena de Polvere, de Peli de Gatto, e de Cartoni de Pizza, ma nun c’avete idea de Quanti: tipo c’erano ZOLLE e ZOLLE de Polvere, c’erano cumuli de Peli de Gatto che a loro volta si assembravano a formare altri gatti ingrifoni e aggressivi, c’erano TORI – cioè torri in romano, non gli animali – de Cartoni de Pizza, ma tipo CINQUANTA a botta, capite? Insomma, chiunque voi eravate, visto che gira che ti rigira siamo sempre gli stessi e quindi leggete Bastonate, vi ho DISPREZZATO, capite? Facevate schifo, voi e Milano), e dopo questa notte ovviamente insonne, alle cinque rinunciammo a dormire e ripartimmo per Roma in macchina, una follia devastante, noi stronzi sbarbi inghiottiti dalla nebbia, con un colpo di sonno generale che ci colse tipo a Perugia, lasciando sveglio da solo il povero PIKKIO alla guida, e ci svegliammo tutti riposati con lui bianco e terrorizzato che diceva tutto gentile: Regà no daje nun ve dovete addormentà! Io temevo che me veniva un colpo de sonna e morivamo!; e poi non so perché, non entrammo a Roma nord, ma facemmo il giro completo del raccordo – forse a richiamare un assolo dei Mars Volta – e completamente scoppiati e incazzati l’uno con l’altro arrivammo a Roma ormai ridotti a spettri; a spettri che, poco dopo, avrebbero ripreso la vita quotidiana, fatta cioè soltanto di dischi e di chiacchiere e di gruppi rock tutti effettivamente IMPORTANTI. Quella sera, all’Init, c’era il concerto dei Black Eyes, ma non riuscimmo ad andarci, tanto era il sonno; e così, grazie ai Mars Volta, ci perdemmo per sempre il vero miglior gruppo degli anni zero. Grazie Mars Volta. E’ stato bello avere vent’anni.