(avvertenza: questo pezzo è lunghetto, e per mascherarlo metteremo qualche grassetto a caso ogni tanto. le parole in grassetto non intendono evidenziare niente. ci sono parole in stampatello, che invece evidenziano qualcosa, anche se non sappiamo cosa. la prima persona plurale va intesa essere in realtà sempre io)
Non è da oggi che ascolto i Baustelle, in realtà li ho coperti con blandissimo interesse per tutto l’arco della loro esistenza. Non sto rivendicando un diritto critico di lungo periodo, voglio dire che se ascoltavi nuovo rock italiano i Baustelle erano sotto i riflettori e Destinati A Grandi Cose già ai tempi di Sussidiario. Da allora a oggi non è cambiato moltissimo nel mio atteggiamento: ascolto i Baustelle per odiare la spocchia supponente di Bianconi e per sperare che i continui riferimenti alla morte di Fantasma inizino a mettere seriamente in giro la voce che i Baustelle portino sfiga, una cosa tra l’altro credo verissima (SCHERZO ovviamente). Fantasma contiene brandelli di testo tipo
Incandescenze ed uragani
Con i piedi e con le mani
Per le strade di Bologna
Un bicchiere di Fernet
In uno sputo di caffè.
A ripeterli fuori dal contesto in cui si trovano fanno piuttosto ridere; dentro al contesto fanno morire di vergogna per il solo fatto di trovarsi lì in quel momento ad ascoltare, generano odio verso chi parla e un bizzarro desiderio di essere idiota a sufficienza da capire di cosa sta parlando il tizio, o che continui a parlare per fomentare lo sfottò un altro pochino. Osservo Dio, lo lascio fare. C’era quella barzelletta del bimbo supponente che gli chiedevano se credesse in Dio e lui rispondeva “diciamo che lo stimo”. Non son bravo a raccontare le barzellette. L’altra metafora è quella della salsiccia che è più buona se la cuoci senza rompere il budello così da farla insaporire nel suo sugo (ve l’ho spiegata quindi non è più una metafora). I Baustelle sono l’onda lunga di uno schizzo di sborra degli anni settanta che ha preso una parabola fortunata ed è arrivato cremoso e intatto fino a noi. Fantasma è il loro miglior disco. Butta nel cestino ogni sensazione di pop elettronico contemporaneo a buon mercato con la quale Bianconi e gli altri flirtavano dal primo disco e inizia a massaggiarsi a tempo pieno il glande con il sogno erotico di una grandeur orchestrale e cinematica che cita i La Crus ma pure Scott Walker e un ovvissimo Morricone e altra roba decente. Che poi era la cosa a cui aspiravano più o meno dal primo giorno, tra le righe, ma senza spingere troppo e trovandosi forse invischiati in un successo più che meritato (meritato nel senso di c’è anche gente che paga per farsi frustare) e costruito sull’affastellare sistematico di riferimenti alla nostra cultura classica (abbastanza bassi da esser compresi da chiunque e abbastanza alti da non esser presi per Jovanotti) su melodie facili e comunque memorabili. I Baustelle, nondimeno, li ascolti ammettendo implicitamente di non essere intelligente ed acculturato quanto chi canta, e dando loro implicitamente l’autorità di poterti dare un consiglio su un argomento qualsiasi –mi chiamo Rachele e mi permetto di consigliarti di uscire da quel cazzo di internet e prendere in mano un libro di Montale. Tra i problemi dei Baustelle, tra l’altro, c’è che non sanno che se Montale fosse stato sufficientemente buono l’avremmo riletto almeno un paio di volte, finito il liceo. Un’altro dei problemi dei Baustelle è che quando dicono che all’ombra dei cipressi (…) trovi Dio/trovi Montale ci s’immagina la rap battle a colpi di diss tra l’uno e l’altro e che solo uno sopravviverà (con l’aggravante che all’ombra dei cipressi si sceglie l’altro). Un altro ancora dei problemi dei Baustelle, ma questo sarebbe un problema dei fan, è che sopra ho scritto un’altro con l’apostrofo e hanno già deciso di derubricare questo dissing alla voce “illetterati di merda”. Ha senso. Il che non toglie il fatto che i Baustelle che parlano riparlano e si parlano addosso sono una realtà che anche il più gretto dei fan, dico loro ma anche della musica in generale (perché Bianconi non è che venga dal nulla, te lo spari se hai dimestichezza con quel genere di powertrip autoriale di sinistra secondo cui la musica è SENZA confini e CON la M maiuscola, il Faber, Piero Ciampi Battiato e Morgan come se piovesse, più occasionali recuperi di Ugo Foscolo, Mauro Repetto e gente simile) riuscirebbe a negare.
Personalmente non riesco a contestualizzare l’idea di qualcuno scriva una canzone il cui testo a un certo punto dice non chattare ma piuttosto stringi forte chi ti ama ed essere considerato un autore di punta della Musica Italiana di Ogni Tempo, uno di quelli che scrivono la roba a cui si guarda per andare avanti o un erede degli autori di prima forza sopracitati, tutti esistiti per convenzione in un periodo tra gli anni sessanta e i settanta in cui tutti erano fighi barbuti con gli occhiali e delle belle canzoni in repertorio, a parte forse Rino Gaetano e altra gente morta. Non riesco a contestualizzare nemmeno l’idea di qualcuno che non abbia problemi a pubblicare una canzone (quella di cui sopra) il cui testo dice “lascia perdere i salotti coi talenti e le baldracche vieni all’ombra dei cipressi” e due settimane dopo figurare come autore di un pezzo portato a Sanremo dalla vincitrice di X-Factor (disconosciuta tra l’altro in un’intervista a una rivista che forse era Grazia e che ho leggicchiato l’altro giorno mentre aspettavo una piadina col crudo e la rucola; a leggerla distrattamente sembra che Bianconi abbia venduto un pezzo a non so chi, forse lo stesso FestivalDiSanremo, e questo non so chi ha rivenduto il pezzo a chi cazzo gli pareva: va benissimo, soprattutto se uno si fa i bagni con i discorsi sull’integrità come me). Non riesco a contestualizzare nemmeno, e questo è il mio più grande problema con i Baustelle, un pubblico di migliaia di persone che da una mezza dozzina di dischi si esalta ad ascoltare un artista che canta parole il cui senso è sia la morte dell’immaginazione che la sua sostanziale superiorità come uomo di cultuira a TE, il cui approccio alla musica pop è una cosa tipo giro nei bassifondi meets un giorno capirete i riferimenti. Voglio dire, se pensano di essere così superiori al lavoro che fanno, perché non cambiano lavoro?
Alla fine della fiera forse è tutto voluto. Fantasma continua a girare nel lettore, sospeso tra hatefuck e desiderio di capire dove Bianconi voglia arrivare (o fino a che punto si permette, parliamo più o meno della stessa cosa nel loro caso). È un disco grandioso, funziona a due e a tre dimensioni e forse persino nella quarta (casuale ed iperposticcia e quasi del tutto riservata a una serie di siparietti orchestrali volti a dare l’impressione di stare ascoltando la colonna sonora di un film); non sembra nemmeno per un minuto il parto della mente di un gruppo che sta cercando di farcela, anzi per la metà del tempo sembra che il gruppo voglia liberarsi dei suoi fan e non si renda conto di come cazzo possano essercene. Per certi versi è un viaggio esaltante, non quanto quello di un Padania (il grande disco italiano del 2012, quello che rilascia tutte le tensioni e si avvia fiero verso il suicidio ideologico del gruppo) ma comunque un’opera di prima potenza. È anche esaltante immaginare come farà il gruppo a portarlo dal vivo e come potranno permettersi centinaia di astanti di cantare in coro cose tipo dammi figli e verità e sesso orale e santità senza sentirsi Vittorio Sgarbi, ma io sono io e mi piace che i miei gruppi preferiti dicano cose raccapriccianti e mi sento comunque molto meglio ad ascoltare –boh- gli Slayer, i Cripple Bastards, certi gruppi hardcore newyorkesi che cantano di venire fermati dai poliziotti ogni sera, certi gruppi hardcore di sotto Roma che inneggiano al Duce o chi per lui, gente che parla di Satana eccetera. Sono pochissime le persone che scrivono testi capaci di infastidirmi e farmi venire voglia di dissociare. Uno è Vasco Rossi, ma forse Bianconi batte persino Vasco. E l’unica cosa che provo è odio, ODIO, cieco e scriteriato odio verso quest’uomo e questa donna e l’altro membro che non saprei identificare e la loro orchestra di quattordicimila elementi probabilmente persino PAGATI che infilano momenti oggettivamente spettacolari di grandiosa musica italiana tipo Nessuno, sospesa tra Morricone e De Andrè (no offense intended), e li affogano in un brodo lirico tra Foscolo, Poe e chiunque altro sia possibile citare in un concept album sui sepolcri (diocristo a un certo punto tirano fuori pure la ginestra). LI ODIO. E odio anche il loro pubblico di stronzi arrivisti e incapaci che chiedono di più alla musica e non hanno abbastanza palle di guardare a roba autenticamente suicida tipo Canaan o Bachi da Pietra o Fausto Rossi o i già citati (entrambe le volte a caso) Cripple Bastards. MI STATE TUTTI SUI COGLIONI, l’Italia peggiore siete voi e il fatto che io continui a farmi del male riascoltando il disco una quantità FOLLE di volte, per nutrire ulteriormente il mio ODIO verso Bianconi e verso voi rottinculo e bagnarlo di argomenti, non prova assolutamente nulla.