2011: dischi non brutti.

(esce se cerchi NOT BAD su google)

 

A giudicare da come è iniziato l’anno, la prima grande tendenza possibile del 2011 è quella del disco non brutto. Il disco non brutto, secondo felice definizione di John Locke (uno dei due), è un disco che ti fa prendere male anche se in fin dei conti non è poi ‘sto crimine musicale. La storia della musica è strapiena di DNB: sono tutte quelle volte che hai dovuto venire a patti con cristo e scrivere un parere neutrale su qualche cazzo di forum, o come diceva il tizio in fila al cinema di Io e Annie “sai ammiro la sua tecnica ma non mi colpisce mai a livello viscerale” (risposta:). Andiamo con una rapida panoramica di quattro DNB usciti in questi giorni.

JAMES BLAKE – S/T (Atlas)
Questo è un disco non brutto a livello personale. Dubstep di secondo grado virato soul con voce paradisiaca e tutto il resto. Al primo ascolto ne rimani ESTASIATO, al secondo ascolto pensi che è figo, al terzo “sì” e di arrivare al quarto/quinto hai paura che ti venga una carie. Però non brutto, no.

WIRE – RED BARKED TREE (Pink Flag)
BRRRR. Contestualmente alla novantina di pubblicazioni dello stesso disco sotto una veste sempre più scrausa nuova il nuovo corso degli Wire, inaugurato da Object47 e proseguito con questo Red Barked Tree. Ormai i dischi degli Wire sono così mediamente buoni che viene voglia di lanciare fuori dalla finestra la cameretta per non tenerla nello stesso posto del CD.

VERDENA – WOW (Universal)
I testi continuano ad evolversi in questa dimensione umana dove usi il condizionale al posto della felpa, un po’ come la newsletter di Rockit -da cui probabilmente la lapidaria dichiarazione di Pastore in persona: “il più importante gruppo rock italiano contemporaneo“, il link lo trovate cliccando sopra. A parte i testi, l’altro problema dei Verdena è che non sono proprio simpaticissimi. Tutto il resto funziona: arrivano al loro quinto disco -e primo doppio- in forma smagliante, specie se paragoniamo la loro forma a quella di quasi tutti gli altri gruppi al loro livello, ammesso che ne esistano. Il disco segna un’evoluzione che a pensarci bene era quasi scontata: Flaming Lips meets Battisti meets vecchi Verdena meets Flaming Lips meets altri riferimenti a caso, perlopiù aggiunti a bella posta per non dare l’idea di avere pensato e realizzato un disco dei Flaming Lips. Un sacco di piano, poca chitarra e quant’altro. Non è brutto, ma sembra fintissimo. Però, appunto, non è brutto.

SOCIAL DISTORTION – HARD TIMES AND NURSERY RHYMES (Epitaph)
Tra le varie cose brutte che ci è toccato fare nella vita, da oggi, c’è accontentarsi di un disco dei Social D. che è solo buono. Voglio morire.